Tanto affascinante quanto misteriosa, la materia oscura rappresenta uno dei grandi enigmi dell’astrofisica e della cosmologia. Si suppone che costituisca circa il 90 per cento della massa dell’universo, ma la sua esistenza è stata dimostrata solo in modo indiretto e recentemente messa in discussione. Una nuova ricerca Sissa elimina i recenti dubbi sulla presenza della materia oscura all’interno delle galassie, smentendo le relazioni empiriche a sostegno di teorie alternative. Lo studio, pubblicato su The Astrophysical Journal, fornisce inoltre nuovi spunti per la comprensione della natura della materia oscura e della sua relazione con quella ordinaria.
Dall’espansione dell’universo al movimento delle stelle nelle galassie, sono numerosi i fenomeni che la presenza della sola materia ordinaria, ossia composta da atomi, non è in grado di spiegare. La forza attrattiva da essa generata non è infatti sufficiente. Da qui l’ipotesi dell’esistenza della materia oscura, cioè irrilevabile, e l’idea che le galassie siano immerse in un alone sferico da essa composto.
«Tre anni fa, alcuni colleghi della Case Western Reserve University hanno messo in forte discussione la nostra comprensione dell’universo e l’approfondito lavoro di molti ricercatori e ricercatrici, mettendo in dubbio l’esistenza della materia oscura nelle galassie», spiega Chiara Di Paolo, dottoranda in astrofisica alla Sissa. «Analizzando le curve di rotazione di 153 galassie rotanti, principalmente le “classiche” spirali, hanno ottenuto una relazione empirica tra l’accelerazione gravitazionale totale delle stelle (osservata) e la componente che osserveremmo in presenza della sola materia ordinaria nella classica teoria newtoniana. Tale relazione empirica, che sembrava valida in tutte le galassie da loro analizzate e a qualunque raggio galattico, ha indotto a spiegare l’accelerazione gravitazionale senza chiamare necessariamente in causa la materia oscura, ma coinvolgendo per esempio teorie di gravità modificata come Mond (Modified Newtonian Dynamics)».
Di Paolo e collaboratori hanno voluto verificare questa relazione, analizzando le curve di rotazione di galassie diverse dalle “classiche” spirali: 72 galassie a bassa luminosità superficiale e 34 galassie nane a dischi. Hanno prodotto risultati più estesi, trovando una relazione che, oltre all’accelerazione gravitazionale totale e alla sua componente ordinaria, coinvolge anche il raggio galattico e la morfologia delle galassie.
«Abbiamo studiato la relazione tra l’accelerazione totale e la sua componente ordinaria in 106 galassie, ottenendo risultati diversi da quanto precedentemente osservato», spiega Paolo Salucci, professore di astrofisica alla Sissa e tra gli autori della ricerca. «Questo non solo dimostra l’inesattezza della relazione empirica precedentemente descritta ma elimina i dubbi sull’esistenza della materia oscura nelle galassie. Inoltre, la nuova relazione trovata potrebbe fornire informazioni cruciali alla comprensione della natura di questa componente indefinita».
Per saperne di più:
- Leggi su The Astrophysical Journal l’articolo “The Radial Acceleration Relation (RAR): the crucial cases of Dwarf Discs and of Low Surface Brightness galaxies“, di Chiara Di Paolo, Paolo Salucci e Jean Philippe Fontaine