IN CAMPIONI RACCOLTI DALLA PRIMA MISSIONE HAYABUSA

Trovata acqua sull’asteroide Itokawa

Due cosmochimici della Arizona State University, analizzando i campioni provenienti dall’asteroide Itokawa, hanno trovato molta più acqua di quella che si aspettavano. E hanno stimato che più della metà di quella presente negli oceani potrebbe essere arrivata a seguito di impatti con corpi analoghi. I risultati dello studio sono pubblicati su Science Advances

     02/05/2019

I due campioni di Itokawa studiati da Jin e Bose sono microscopici: per confronto, un capello umano va da 100 a 500 micron di diametro. In questi piccoli campioni, lo strumento NanoSIMS di Asu è riuscito a rilevare acqua. Crediti: Z. Jin e M. Bose/Asu/Jaxa

Due cosmochimici della Arizona State University (Asu) hanno effettuato i primi rilevamenti di acqua in campioni provenienti dalla superficie di un asteroide, l’asteroide Itokawa, raccolti dalla sonda spaziale giapponese Hayabusa (la “numero uno”, non quella attualmente in orbita attorno all’asteroide Ryugu). I risultati del team suggeriscono che impatti primordiali di asteroidi avvenuti sulla Terra – simili a quello studiato – potrebbero aver rilasciato sul nostro pianeta più della metà dell’acqua presente negli oceani. «Abbiamo riscontrato che i campioni esaminati risultano essere molto più ricchi di acqua rispetto alla media degli oggetti presenti nel Sistema solare interno», spiega Ziliang Jin, della Asu’s School of Earth and Space Exploration, primo autore dell’articolo pubblicato ieri, primo maggio, sulla rivista Science Advances. «È stato un privilegio per noi che l’agenzia spaziale giapponese Jaxa si sia resa disponibile a condividere cinque particelle di Itokawa con ricercatori americani», aggiunge Maitrayee Bose, coautrice dell’articolo.

In due delle cinque particelle analizzate, il team ha identificato il minerale pirossene. Nei campioni terrestri, i pirosseni possono presentare acqua nella loro struttura cristallina. Bose e Jin sospettavano che anche le particelle di Itokawa potessero avere tracce di acqua, ma volevano sapere esattamente quanta ce ne fosse. Itokawa ha sicuramente avuto una storia difficile tra impatti multipli, shock e successive frammentazioni. Tutti questi eventi dovrebbero aver portato ad un aumento della temperatura dei minerali che lo costituiscono, con conseguente perdita dell’eventuale acqua presente.
Per studiare i campioni, ciascuno dei quali ha uno spessore pari a circa la metà di un capello, il team ha utilizzato lo Nanoscale Secondary Ion Mass Spectrometer (NanoSims) di Asu, uno spettrometro in grado di misurare grani così piccoli con un grande sensibilità. Le misure hanno rivelato che i campioni erano inaspettatamente ricchi di acqua. Pertanto persino asteroidi “asciutti” come Itokawa possono in realtà ospitare più acqua di quanta gli scienziati abbiano sempre ipotizzato.

L’asteroide Itokawa è ciò che resta di un corpo progenitore più grande. Analizzando i campioni forniti dalla Jaxa, gli scienziati dell’Arizona State University hanno scoperto che nonostante la sua tumultuosa storia, Itokawa presenta ancora tracce di acqua nei suoi minerali. I campioni studiati da Jin e Bose provengono dal Muses Sea, quella zona pianeggiante e apparentemente liscia nel mezzo di Itokawa. Crediti: Jaxa

Ma vediamo com’è fatto questo asteroide. La forma di Itokawa ricorda quella di un’arachide: lungo circa mezzo chilometro e largo tra i 200 e i 300 metri. Ha due lobi principali, ciascuno ricoperto di massi di diverse densità, e tra i lobi c’è una sezione più stretta. Orbita intorno al Sole in 18 mesi, a una distanza media pari a 1.3 volte la distanza Terra-Sole. Parte del percorso di Itokawa lo porta dentro l’orbita terrestre e al massimo arriva poco oltre l’orbita di Marte.

Sulla base dello spettro di Itokawa ottenuto da telescopi terrestri, i planetologi lo collocano nella classe S, un gruppo di asteroidi principalmente composti da silicati (da cui prendono il nome). Questo lo collega ai meteoriti sassosi, che si pensa siano frammenti di asteroidi di tipo S frantumati durante le collisioni. «Gli asteroidi di tipo S sono tra gli oggetti più comuni nella fascia degli asteroidi», dice Bose. «Inizialmente si sono formati a una distanza dal Sole che va da circa un terzo fino a tre volte la distanza dalla Terra». Sebbene siano piccoli, questi asteroidi hanno conservato l’acqua e altri materiali volatili con cui si sono formati.

Jin e Bose sottolineano che l’Itokawa che vediamo oggi è in realtà ciò che resta di un corpo largo almeno 19 chilometri che ad un certo punto è stato riscaldato tra i 500 e gli 800 gradi centigradi. Il corpo genitore deve aver subito numerosi forti shock da impatto, con un unico evento sconvolgente che è stato in grado di spezzarlo. In seguito, due dei frammenti si sono fusi e hanno formato l’odierna Itokawa, che ha raggiunto le sue attuali dimensioni e forma circa 8 milioni di anni fa.

«Le particelle che abbiamo analizzato provengono da una parte di Itokawa chiamata Muses Sea», spiega Bose. «È un’area sull’asteroide liscia e coperta di polvere. Sebbene i campioni siano stati raccolti in superficie, non sappiamo dove questi grani si trovassero nell’oggetto dal quale l’asteroide si è originato. Ma la nostra ipotesi è che fossero sepolti più di 100 metri al suo interno».

Nonostante l’evento catastrofico che ha portato alla distruzione del corpo genitore e l’esposizione dei grani del campione alle radiazioni e agli impatti da parte di micro meteoriti sulla sua superficie, i minerali mostrano ancora tracce di acqua che non è stata rilasciata nello spazio.

«I minerali hanno costituenti isotopici dell’idrogeno che sono indistinguibili da quelli terrestri. Questo significa che gli asteroidi di tipo S e i corpi genitori delle ordinarie condriti probabilmente rappresentano fonti di acqua e di molti altri elementi per i pianeti terrestri. Possiamo dirlo grazie alle misure isotopiche in situ sui campioni provenienti dalla regolite degli asteroidi, e questo rende questi asteroidi obiettivi prioritari per l’esplorazione spaziale».

Ziliang Jin (a sinistra) e Maitrayee Bose, mentre stavano preparando i campioni di Itokawa per l’analisi presso l’Asu. Crediti: Z. Jin and M. Bose/Asu

Bose sta mettendo in piedi un laboratorio presso l’Arizona State University, che con il NanoSims, sarà la prima struttura presente in un’università pubblica in grado di analizzare grani di polvere provenienti da altri corpi del Sistema solare.

Nei prossimi anni ci aspettiamo altri campioni: Hayabusa 2, attualmente sull’asteroide Ryugu, raccoglierà campioni riportandoli sulla Terra nel dicembre 2020 e Osiris-Rex, programmata per raccogliere campioni da Bennu nell’estate 2020, lì porterà sulla Terra nel settembre 2023.

Per i planetologi e i cosmochimici che stanno cercando di definire come si sia formato il Sistema solare, gli asteroidi sono una grande risorsa: come elementi costitutivi avanzati del sistema planetario, variano notevolmente tra loro, preservando i materiali di cui sono fatti dagli albori del Sistema solare.

«Le missioni che ci portano i campioni sono necessarie se vogliamo compiere uno studio davvero approfondito degli oggetti del Sistema solare», dice Bose. «La missione Hayabusa su Itokawa ha ampliato la nostra conoscenza dei contenuti volatili dei corpi che hanno contribuito a formare la Terra. Non mi sorprenderebbe se un simile meccanismo di produzione dell’acqua fosse comune anche a esopianeti rocciosi in orbita attorno ad altre stelle».

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