UN LIBRO UTILE, GRAFFIANTE E AGGIORNATO

Sandra Savaglio e l’astrofisica di oggi

Unico titolo di astronomia nella cinquina del Premio Galileo 2019, “Tutto l'universo per chi ha poco spazio tempo” di Sandra Savaglio ci guida nell’astrofisica più attuale, e fornisce ai lettori gli strumenti per interpretare correttamente, e criticamente, le notizie che si incontrano sui media

     03/05/2019

Sandra Savaglio, “Tutto l’universo per chi ha poco spazio tempo”, Mondadori, 2108, 300 pp.

Ingannevole è il titolo più di ogni cosa. E quello del libro di cui vi parliamo oggi non fa eccezione. Tutto l’universo per chi ha poco spazio tempo – un libro dell’astrofisica Sandra Savaglio, scienziata di fama internazionale, oggi all’Università della Calabria – per essere apprezzato come merita, di tempo, ne richiede più che un poco. Ma se l’universo vi incuriosisce, sarà tempo ben investito. Soprattutto se volete tenervi al passo con i risultati più recenti raggiunti da chi l’universo lo indaga.

Entrato nella cinquina – unico titolo di astronomia – del Premio letterario Galileo edizione 2019 (forse il più importante, in Italia, fra i premi dedicati ai libri di divulgazione scientifica), Tutto l’universo per chi ha poco spazio tempo, rispetto ad altre opere dal taglio “l’universo in breve”, si distingue anzitutto per essere molto aggiornato. Di più: i risultati che presenta sono quelli delle pagine di attualità, e i problemi che affronta sono gli stessi con i quali gli astrofisici si stanno misurando oggi.

Questo ne fa uno strumento prezioso per districarsi tra le news, comprese quelle che trovate qui su Media Inaf. “Ora vi faccio qualche esempio, e poi vi svelerò il segreto su come interpretare correttamente le notizie e dormire sonni tranquilli”, promette l’autrice nel capitolo sui rischi d’impatto con asteroidi. Promessa mantenuta: le due pagine che seguono, con qualche dato e molto ragionamento, rendono una volta per tutte il lettore – purché abbia la pazienza di seguire tutti i passaggi – immune ai titoli allarmistici che immancabilmente accompagnano ogni incontro “ravvicinato” fra il nostro pianeta e un asteroide.

Ma “interpretare correttamente le notizie” è un’abilità – difficile, gratificante e oggi cruciale – che non si limita al non farsi prendere inutilmente dal panico. Richiede anche una buona dose di scetticismo. Ecco così che, nel capitolo sui pianeti extrasolari, Savaglio offre al lettore un’altra perla, di quelle che raramente si incontrano nei libri divulgativi scritti da astrofisici. “Una curiosità sul marketing delle scoperte scientifiche”, la chiama. Già, perché anche nella scienza il marketing si prende la sua parte. E permette di spiegare, per esempio, come sia stato possibile che la scoperta dei sette pianeti attorno alla stella Trappist-1 – opera principalmente di scienziati europei – sia stata presentata al mondo come un risultato della Nasa.

Gli stessi protagonisti del libro sono gli scienziati – e spesso le scienziate, spesso italiane – di oggi. Con nome e cognome. C’è Marta Burgay, l’astronoma dell’Istituto nazionale di astrofisica che ha scoperto la prima “pulsar doppia”. C’è Marco Drago, il fisico del Max Planck che per primo al mondo ha visto lo storico segnale dell’onda gravitazionale rilevata da Ligo nel 2015. C’è Marica Branchesi del Gran Sasso Science Institute, forse l’astrofisica più premiata degli ultimi anni – è finita su Nature, su Time, su tutte le maggiori riviste scientifiche e non – per il suo ruolo nella rilevazione del primo “segnale multimessaggero”: quello – gravitazionale ed elettromagnetico – prodotto dalla fusione di due stelle di neutroni nell’agosto del 2017. E ovviamente c’è la scoperta, tutta italiana, del lago d’acqua nel sottosuolo marziano.

“Ho avuto cura di evitare il più possibile i riferimenti storici che in genere la letteratura divulgativa tratta ampiamente, e molto meglio di quanto possa fare io. La mia intenzione è di andare dritto al punto”, si legge nell’introduzione. E dritta al punto Savaglio sa come andarci. Soprattutto nella seconda metà del libro, dove la scrittura si fa più tesa e graffiante. Il mio paragrafo preferito – ciascuno di noi ne ha uno – è quello sull’emissione di idrogeno nelle microonde, all’interno del capitolo sulla materia oscura. Lo “spazio tempo” che altri autori impiegano a ricostruire le vicende novecentesche della materia oscura viene qui invece dedicato, in modo esemplare, al meccanismo quantistico alla base del segnale a 21 centimetri dell’idrogeno neutro – un’emissione cruciale per arrivare a una conferma indiretta dell’esistenza della materia oscura.

Dritta al punto, asciutta, rigorosa. Se invece di essere un’astrofisica fosse un medico, potrebbe essere Dr House. Fin dalla copertina. Senza pazienza per gli inutili orpelli, perché in fin dei conti tutti noi abbiamo poco spazio tempo. Obiettivo centrato.