STELLE CARICHE DI ZINCO

Supernove asimmetriche agli albori dell’universo

I ricercatori del Mit hanno provato che alcune fra le prime stelle nell’universo sono esplose come una supernova asimmetrica, abbastanza potente da disperdere elementi pesanti come lo zinco in galassie ancora prive di stelle

     09/05/2019

Una simulazione che mostra come sarebbe potuta apparire la prima supernova: invece di sferiche come molti scienziati hanno ipotizzato, queste brillanti esplosioni potrebbero essere state caratterizzate da getti asimmetrici che hanno sparso elementi pesanti come lo zinco (punti verdi) nell’universo primordiale. Questa simulazione mostra la forma della supernova, 50 secondi dopo l’esplosione iniziale. Crediti: Melanie Gonick

Da dove vengono gli elementi che oggi troviamo sulla Terra? Carbonio, ferro, zinco e molti altri? È stato ormai provato che le drammatiche esplosioni stellari sono delle vere e proprie fucine, soprattutto per gli elementi pesanti. Finora si è pensato, però, che le prime stelle apparse dopo il Big Bang fossero delle enormi palle di fuoco esplose in brevissimo tempo in supernove altrettanto sferiche. Alcuni ricercatori ipotizzano ora esplosioni più disordinate, diciamo asimmetriche, che hanno prodotto getti abbastanza violenti da espellere elementi pesanti nelle galassie circostanti.

Nello specifico, i ricercatori guidati dal Mit hanno riportato, in un articolo su The Astrophysical Journal, l’abbondante presenza di zinco nell’antichissima HE 1327-2326, che fa parte della seconda generazione di stelle nate dopo il Big Bang. Come è entrata in possesso di tutto questo zinco? L’ipotesi plausibile è che un’esplosione asimmetrica di una delle primissime stelle possa aver arricchito la nube di gas nella prima fase della sua vita.

È la prima volta che si osserva «una supernova così tanto asimmetrica nell’universo primordiale», dice Rana Ezzeddine, prima autrice dello studio per il Mit. «Questo cambia la nostra comprensione di come le prime stelle siano esplose».

«Quando una stella esplode», continua la collega Anna Frebel, del Kavli Institute for Astrophysics and Space Research del Mit, «una parte di essa viene risucchiata in un buco nero. Solo quando hai un getto che può strappare materiale, puoi osservare quello stesso materiale più tardi in una stella di nuova generazione, e crediamo che sia esattamente quello che potrebbe essere successo qui».

Rana Ezzeddine e Anna Frebel del Mit. Crediti: Melanie Gonick

La scoperta di HE 1327-2326 da parte di Frebel risale al 2005, quando la stella era la più povera in metalli mai osservata: vuol dire che aveva concentrazioni estremamente basse di elementi più pesanti dell’idrogeno e dell’elio. Questo dato conferma la teoria secondo la quale l’oggetto fa parte della seconda generazione di stelle, formate in un momento in cui la maggior parte del contenuto di elementi pesanti dell’universo non era ancora stato forgiato.

Le osservazioni riportate nello studio sono state effettuate nel 2016, quando la stella orbitava vicino alla Terra (per ‘vicino’ s’intende 5000 anni luce da noi!). Il buon vecchio Hubble Space Telescope della Nasa ha fatto il suo dovere ancora una volta, registrando per due settimane la luce della stella nel corso di diverse orbite. È stato, però, lo strumento Cosmic Origins Spectrograph a catturare la presenza di elementi pesanti nella stella.

I ricercatori cercavano, tra gli altri, silicio, ferro e fosforo, ma lo zinco è apparso predominante. Dalle migliaia di simulazioni effettuate sulle suprnove è risultato che un’esplosione “classica” non avrebbe mai potuto generare una stella di seconda generazione così ricca di questo elemento. L’unica simulazione vincente è stata quella che ha previsto un modello asimmetrico a getti. Parliamo di una supernova altamente esplosiva, abbastanza potente da sparare elementi pesanti nelle vicine galassie che non avevano ancora formato stelle.

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