Gli astrofisici del gruppo di astronomia e astrofisica dell’Università di Warwick hanno scoperto che i pianeti piccoli e robusti, ricchi di elementi densi, hanno più chance di evitare di essere distrutti e fagocitati nel momento in cui la loro stella muore. I ricercatori hanno simulato il momento in cui una stella diventa nana bianca e hanno valutato le possibilità per i diversi pianeti orbitanti attorno alla stella di venire distrutti dalle forze mareali che si vengono contestualmente a creare, determinando i fattori più importanti che decidono se la loro distruzione può essere evitata.
La loro “guida di sopravvivenza per esopianeti” potrebbe aiutare gli astronomi a localizzare potenziali pianeti extrasolari attorno a nane bianche. Pianeti che la nuova generazione di telescopi oggi in fase di sviluppo permetterà di cercare. La ricerca è stata pubblicata su Monthly Notices of the Royal Astronomical Society.
La maggior parte delle stelle come il Sole, quando finiscono il combustibile, sono destinate a collassare su se stesse, diventando nane bianche. Alcuni corpi celesti in orbita attorno a queste stelle non verranno necessariamente distrutti dall’espulsione degli strati esterni della stella, ma saranno comunque soggetti alle forze mareali che si sviluppano al momento del collasso, quando la stella diventa super-densa. Le forze gravitazionali esercitate su tutti i pianeti orbitanti sono molto intense e potrebbero potenzialmente trascinarli su nuove orbite, spingendoli più lontano nei loro sistemi planetari.
Modellando gli effetti del cambiamento della gravità della nana bianca sui corpi rocciosi in orbita attorno alla stella, i ricercatori hanno determinato quelli che si possono considerare i fattori più probabili all’origine del movimento di un pianeta nel raggio di distruzione della stella – vale a dire la distanza dalla stella alla quale un oggetto, tenuto insieme solo dalla sua stessa gravità, si disintegra a causa delle forze di marea. Entro il raggio di distruzione si formerà un disco di detriti provenienti dai pianeti distrutti.
Sebbene la sopravvivenza di un pianeta dipenda da molti fattori, i modelli sviluppati rivelano che più è massiccio il pianeta, più è probabile che sarà distrutto dalle interazioni di marea.
Ma la distruzione non è certa sulla base della sola massa: gli esopianeti con una bassa viscosità verranno probabilmente inghiottiti anche se risiedono a una distanza entro cinque volte la distanza tra il centro della nana bianca e il suo raggio di distruzione. La luna di Saturno Encelado, spesso descritta come una “palla di neve sporca”, è un buon esempio di un pianeta omogeneo a bassa viscosità.
Gli esopianeti ad alta viscosità, invece, verranno fagocitati solo se risiedono a distanze entro due volte la distanza tra il centro della nana bianca e il suo raggio di distruzione. Questi pianeti sono costituiti interamente da un nucleo denso di elementi più pesanti, con una composizione simile al pianeta pianeta “heavy metal” scoperto recentemente da un altro gruppo di astronomi della University of Warwick. Quel pianeta ha evitato di essere inghiottito perché di fatto è piccolo come un asteroide.
«Il nostro articolo è uno fra i primi studi dedicati a indagare gli effetti di marea tra nane bianche e pianeti”, osserva Dimitri Veras, del dipartimento di fisica dell’Università di Warwick. «Questo tipo di modellizzazione avrà un’importanza crescente nei prossimi anni, quando è probabile che vengano scoperti molti più corpi rocciosi vicino alle nane bianche. Tuttavia il nostro studio, per quanto sofisticato sotto diversi aspetti, tratta solo pianeti rocciosi omogenei. Un pianeta multistrato, come la Terra, sarebbe molto più complicato da modellare, ma stiamo studiando la possibilità di farlo».
La distanza dalla stella, come la massa del pianeta, ha una forte correlazione con la sopravvivenza o meno del pianeta. Ci sarà sempre una distanza di sicurezza dalla stella, che dipenderà da molti parametri. In generale, un pianeta roccioso omogeneo che risieda a una distanza dalla nana bianca superiore a un terzo della distanza tra Mercurio e il Sole è decisamente probabile che si salvi dall’essere inghiottito dalle forze di marea.
«Il nostro studio spinge gli astronomi a cercare pianeti rocciosi in posizioni prossime – ma leggermente più lontane – al raggio di distruzione della nana bianca», aggiunge Veras. «Finora le osservazioni si sono concentrate su questa regione interna, ma lo studio dimostra che i pianeti rocciosi possono sopravvivere alle interazioni mareali con la nana bianca, allontanandosi leggermente verso l’esterno. Gli astronomi dovrebbero anche cercare le tracce geometriche nei dischi di detriti conosciuti, che potrebbero essere il risultato di perturbazioni gravitazionali di un pianeta che risiede appena al di fuori del raggio di distruzione: in questi casi, i dischi sarebbero stati formati in precedenza dalla distruzione degli asteroidi che periodicamente si sono avvicinati e sono entrati nel raggio di distruzione della nana bianca».
Per saperne di più:
- Leggi su Monthly Notices of the Royal Astronomical Society l’articolo “Orbital relaxation and excitation of planets tidally interacting with white dwarfs” di Dimitri Veras , Michael Efroimsky , Valeri V Makarov , Gwenaël Boué , Vera Wolthoff, Sabine Reffert , Andreas Quirrenbach, Pier-Emmanuel Tremblay e Boris T Gänsicke