Astronome e astronomi dell’Accademia delle scienze russa e dell’Università di Bonn hanno identificato un insolito oggetto celeste, molto probabilmente il prodotto della fusione di due stelle nane bianche, astri che avevano smesso di brillare molto tempo prima. Secondo i risultati presentati in un nuovo studio pubblicato su Nature, infatti, dopo aver orbitato l’una attorno all’altra per miliardi di anni, a un certo punto le nane bianche si sono fuse assieme, riaccendendosi e, in un certo senso, resuscitando dalla morte. In un prossimo futuro, la loro carriera stellare potrebbe definitivamente concludersi, questa volta con un enorme botto in supernova.
La fusione di stelle nane bianche è un evento molto raro, che gli autori del nuovo studio hanno scoperto grazie al satellite Wide-field Infrared Survey Explorer (Wise), nelle cui osservazioni hanno rintracciato una nebulosa gassosa con una stella luminosa al centro. Sorprendentemente, tuttavia, la nebulosa emetteva quasi esclusivamente radiazione infrarossa e nessuna luce visibile, lasciando supporre una sua origine non consueta.
Mediante indagine spettroscopica, i ricercatori hanno potuto dimostrare che l’enigmatico oggetto celeste non conteneva né idrogeno né elio, una caratteristica tipica del nucleo delle nane bianche.
Le stelle di massa simile al nostro Sole generano energia attraverso la fusione nucleare dell’idrogeno e, quando l’idrogeno viene consumato, continuano a bruciare l’elio. Tuttavia, queste stelle non possono fondere elementi anche più pesanti, in quanto la loro massa è insufficiente a produrre le alte temperature necessarie. Una volta esaurito tutto l’elio, smettono di bruciare e si raffreddano trasformandosi in cosiddette nane bianche.
A questo punto, di solito, la loro vita è finita. Ma non per J005311, il nuovo oggetto scoperto nella costellazione di Cassiopea, a 10mila anni luce dalla Terra, nato appunto dall’unione di due nane bianche. La massa totale risultante da quell’inconsueta fusione è risultata sufficiente a fondere elementi più pesanti dell’idrogeno o dell’elio, e la fornace stellare ha ripreso a funzionare.
«Un tale evento è estremamente raro», commenta Götz Gräfener dell’Università di Bonn, tra gli autori della scoperta. «Probabilmente non ci sono nemmeno una mezza dozzina di questi oggetti nella Via Lattea, e noi ne abbiamo scoperto uno».
Un colpo di fortuna veramente notevole, tanto da sembrare improbabile. Ciò nonostante, i ricercatori portano molti elementi a sostegno della loro interpretazione. In primo luogo, la stella al centro della nebulosa splende 40mila volte più luminosa del Sole, molto oltre le capacità di una singola nana bianca.
Inoltre, gli spettri indicano che J005311 ha un vento stellare estremamente forte. Si tratta di un flusso di materiale che emana normalmente dalla superficie stellare, spinto dalla radiazione generata durante il processo di combustione. Solo che il vento di J005311, soffiando a 16mila chilometri al secondo, è decisamente troppo veloce da essere giustificabile solo con questo processo. Al contrario, ci si aspetta che le nane bianche unite abbiano un campo magnetico rotante molto forte, che agisce come una turbina accelerando ulteriormente il vento stellare.
Purtroppo, la rinascita di J005311 non durerà a lungo. Nel giro di poche poche migliaia di anni, la stella avrà trasformato tutti gli elementi in ferro e si spegnerà di nuovo. A quel punto, dal momento che la sua massa supera la soglia critica di 1.4 volte la massa del Sole, la stella collasserà sotto l’influenza della sua stessa gravità, lasciando come residuo una super-compatta stella di neutroni, che in pochi chilometri di diametro riassume una massa superiore a quella dell’intero Sistema solare.
Il breve regno di J005311 non finirà, però, senza un saluto finale: il suo crollo sarà accompagnato da un’enorme fuoco d’artificio cosmico, esplodendo in supernova.
Per saperne di più:
- Leggi su Nature l’articolo “A massive white-dwarf merger product before final collapse”, di Vasilii V. Gvaramadze, Götz Gräfener, Norbert Langer, Olga V. Maryeva, Alexei Y. Kniazev, Alexander S. Moskvitin e Olga I. Spiridonova