La vita sulla Terra è possibile grazie a un equilibrio delicato e fortunato di fattori, un mix insostituibile e pare – almeno finora – unico: tra i tanti motivi a noi favorevoli ci sono un’atmosfera dello spessore giusto, un campo magnetico che ci protegge dai “capricci” del Sole e ossigeno in abbondanza. Ma più importante di tutti è la disponibilità di acqua allo stato liquido. Questo perché la Terra si trova nella zona di abitabilità del Sistema solare, una particolare fascia all’interno di ogni sistema planetario in cui un pianeta potrebbe ospitare forme di vita grazie – appunto – all’esistenza di acqua in fase liquida. Questo accade perché l’oggetto si trova alla distanza giusta dalla sua stella, né troppo vicino e né troppo lontano (pensiamo a Mercurio o a Giove, per esempio). Gli scienziati dell’Università della California-Riverside si sono trovati di fronte a una nuova definizione di zona Goldilocks (altro soprannome della fascia abitabile) a causa di un accumulo inaspettato di gas nelle atmosfere della maggior parte degli esopianeti finora considerati potenzialemente abitabili.
Secondo gli esperti, la vita complessa (parliamo di esseri umani e animali) come la conosciamo sulla Terra è possibile su un gruppo molto ristretto di pianeti extrasolari. Lo studio, pubblicato sulla rivista The Astrophysical Journal, sfrutta elaborazioni computerizzate per modelli climatici e atmosferici su una vasta gamma di esopianeti. I gas presi in considerazione sono anidride carbonica e monossido di carbonio, entrambi presenti anche sulla Terra ma in quantità – per ora – non nocive.
L’anidride carbonica è uno dei tristemente famosi gas serra, ma ha una funzione importante sul nostro pianeta: è indispensabile per mantenere la temperatura superficiale sopra lo zero e quindi l’acqua allo stato liquido. Su pianeti estremamente lontani dalla propria stella, per avere una quantità sufficiente di acqua liquida sarebbe necessario un ammontare di anidride carbonica pari a decine di migliaia di volte quello presente sulla Terra, il che sarebbe chiaramente letale per ogni forma di vita di tipo “terrestre”.
Per quanto riguarda il monossido di carbonio (CO), prodotto durante incendi di foreste e boschi o da altri fenomeni di combustione, questo gas non può accumularsi sulla Terra perché il caldo e luminoso Sole è responsabile di alcune reazioni chimiche nell’atmosfera che lo distruggono rapidamente. Alcune forme primordiali di vita (microbi e poco più) potrebbero sopravvivere su pianeti ricchi di monossido di carbonio, ma lo stesso non si può dire di esseri umani e animali terrestri. La nuova definizione del gruppo di ricerca, basandosi proprio sul gas CO, ha eliminato la fascia abitabile da alcune stelle, come le vicine Proxima Centauri e Trappist-1. Il tipo e l’intensità delle radiazioni ultraviolette che queste stelle più fredde e deboli emettono possono portare a concentrazioni elevate di monossido di carbonio, che si lega all’emoglobina nel sangue (il “traghettatore” di ossigeno) negli animali, causando la morte delle cellule del corpo proprio a causa della mancanza di ossigeno.
Questi nuovi calcoli possono aiutare i ricercatori a calibrare in modo più razionale i futuri studi sugli esopianeti e la ricerca stessa della vita fuori dal Sistema solare.
Per saperne di più:
- Leggi lsu The Astrophysical Journal l’articolo “A Limited Habitable Zone for Complex Life” di Edward W. Schwieterman, Christopher T. Reinhard, Stephanie L. Olson, Chester E. Harman e Timothy W. Lyons
Correzione del 12.06.2019: abbiamo tolto un riferimento all’anidride carbonica definita erroneamente “gas tossico”.