Quando gli scienziati videro per la prima volta questa struttura sulle immagini scattate dalla sonda spaziale Dawn, non credettero al loro occhi: dalla superficie disseminata di crateri profondi sul pianeta nano Cerere, si ergeva una montagna uniforme, liscia e scoscesa: Ahuna Mons. Una base da 20 km di diametro per quasi 5000 metri di altezza per la montagna più alta dell’unico asteroide del sistema solare interno considerato un pianeta nano. Una delle strutture più imponenti del nostro Sistema solare, paragonabile per dimensioni al Monte Bianco, la vetta più alta delle nostre Alpi.
Una struttura, quella di Ahuna Mons, la cui formazione, avvenuta in un recente passato geologico, è rimasta un mistero fino a poco tempo fa. Un mistero che adesso uno studio che ha coinvolto un team internazionale di scienziati, facenti capo al centro aerospaziale tedesco (Dlr), sembra aver risolto grazie alle misure gravimetriche ottenute dalla sonda Dawn e alle indagini sulla geometria del pianeta nano. Il risultato? Una bolla composta da una miscela di acqua salata, fango e roccia – creatasi all’interno del pianeta nano, a livello del mantello – avrebbe spinto verso l’alto la crosta ricca di ghiaccio causandone a un certo punto la rottura, permettendo così la fuoriuscita sulla fredda superficie cereriana, con la conseguente solidificazione e formazione dell’enorme vulcano di fango.
L’interno di Cerere non è, infatti, omogeneo. Piuttosto, per usare il termine utilizzato dal geologi, è ‘differenziato’. Vale a dire che, dopo la formazione del corpo celeste, la materia che lo costituiva si sarebbe separata e avrebbe sedimentato in maniera diversa: quella con una percentuale maggiore di elementi pesanti, come il magnesio e il ferro, sarebbe precipitata al centro del corpo celeste; quella più leggera, invece, come le rocce con un elevato contenuto di silicati d’alluminio e acqua, sarebbe risalita verso la superficie.
In questo scenario, le bolle responsabili della formazione di Ahuna Mons si sarebbero create a causa del calore che viene ancora oggi generato – a distanza di 4 miliardi e mezzo di anni dalla sua formazione – dal decadimento di elementi radioattivi. Bolle che, come anticipato sopra, in conseguenza del loro peso specifico inferiore rispetto alla materia circostante, si sarebbero alzate e avrebbero spinto contro la crosta dal basso. La avrebbero deformata e, una volta penetrata, sarebbero fuoriuscite in superficie, solidificando a formare la maestosa struttura. Una sorta di ‘iceberg’ prodotto dall’eruzione della mistura poi congelata in superficie, a temperature di – 100 °C, in virtù di una attività chiamata criovulcanesimo – un termine che si riferisce a quei fenomeni vulcanici che avvengono su corpi ghiacciati del nostro sistema solare – che però non è quella classica, dominata dall’eruzione di soluzioni acquose, ma una inusuale attività perché caratterizzata dalla eruzione di acqua salata, fango e roccia, appunto.
« In questa regione, l’interno di Cerere non è solido e rigido, ma in movimento e almeno parzialmente fluido» spiega Wladimir Neumann delInstitute of Planetary Research Dlr di Berlino e coautore dell’articolo. In quanto all’origine, per spiegarla, «abbiamo dovuto usare un nuovo modello geofisico che è stato appositamente adattato a Cerere, e quindi ottenere le informazioni ‘nascoste’ dietro i dati dalla sonda spaziale» ha aggiunto Antonio Genova dell’Università La Sapienza di Roma, anch’egli coautore dell’articolo.
Ma come ci sono sono arrivati, in particolare?
Interpretando i dati gravimetrici ottenuti dalla sonda Down durante i suoi 3 anni in orbita attorno al pianeta nano, la seconda destinazione della missione iniziata nel 2007. Interpretazione a seguito della quale i ricercatori hanno trovato un’anomalia gravitazionale proprio in corrispondenza dell’area dove si trova il monte: una maggiore attrazione gravitazionale percepita dalla sonda quando si trovava ad orbitare in corrispondenza. Una variazione che accelerava la velocità del veicolo spaziale, abbassandone leggermente l’orbita.
«Abbiamo esaminato più accuratamente questa anomalia, e un ulteriore modellizzazione ha rivelato che doveva essere un rigonfiamento nel mantello di Cerere» dice a questo proposito il ricercatore dell’Esa e primo autore dell’articolo Ottaviano Ruesch. «La conclusione è stata ovvia: la miscela di sostanze fluide e rocce è arrivata in superficie e si è accumulata in Ahuna Mons»
Ma non è tutto qui. Grazie alle foto scattate dalle telecamere a bordo della sonda, i ricercatori che lavorano nel campo della geodesia planetaria hanno anche potuto mappare Cerere da diverse altitudini creando modelli digitali del terreno in corrispondenza dell’accumulo.
Accumuli per attività criovulcaniche che si ritiene siano diffuse nel nostro sistema solare, ma che rappresentano il primo caso per un corpo della fascia principale degli asteroidi, quale è Cerere. Un processo che ora gli scienziati credono possa avvenire anche su altri grandi asteroidi e pianeti nani simili in lunghi periodi di tempo – miliardi di anni – dando probabilmente origine a strutture equivalenti.
Per saperne di più:
- Leggi su Nature Geoscience l’articolo “Slurry extrusion on Ceres from a convective mud-bearing mantle“, di Ottaviano Ruesch, Antonio Genova, Wladimir Neumann, Lynnae C. Quick, Julie C. Castillo-Rogez, Carol A. Raymond, Christopher T. Russell e Maria T. Zuber