È un carico inusuale, quello lanciato alle 8:30 ora italiana di questa mattina dal Kennedy Space Center della Nasa, in Florida. Un carico multiplo e variegato, in tutto due dozzine di satelliti, con lo sguardo rivolto al futuro: insieme a una flotta di sei microsatelliti – la costellazione Cosmic-2 – per il monitoraggio del clima e dei fenomeni meteorologici, a bordo del Falcon Heavy della SpaceX era infatti stivata una serie insolitamente eterogenea di esperimenti e di dimostratori tecnologici targati Nasa pensati per collaudare sul campo, ovvero nello spazio, soluzioni da impiegare nelle missioni a venire.
Uno di questi è la sonda della Green Propellant Infusion Mission. Chi ci segue da un po’ di tempo la conosce già, visto che abbiamo avuto occasione di dedicarle un servizio video su MediaInaf Tv: grande più o meno come un frigorifero di piccola taglia, ha lo scopo di collaudare un propellente “green” – il nitrato di ossidrilammonio – da usare in sostituzione della tossicissima idrazina per il controllo orbitale e d’assetto dei satelliti. Non solo. Rispetto all’idrazina, il nitrato di ossidrilammonio offre prestazioni superiori sia in termini di performance che di durata.
Altro esperimento del quale già vi avevamo parlato è il cubesat LightSail 2, un “veliero spaziale” della Planetary Society progettato per navigare attorno al nostro pianeta utilizzando la spinta della sola pressione di radiazione sulle vele solari di cui il veicolo è dotato. In caso di successo, LightSail 2 diventerà il primo veicolo spaziale a raggiungere l’orbita prestabilita avvalendosi della luce solare.
Un altro dimostratore di sicuro interesse per la navigazione spaziale del futuro è il Deep Space Atomic Clock (Dsac). Rilasciato in orbita terrestre bassa meno di un’ora e mezza dopo il lancio, alle 9:54 ora italiana, Dsac è un orologio atomico miniaturizzato: ha grosso modo le dimensioni di un forno a microonde, ma con prestazioni paragonabili a quelle degli enormi orologi atomici presenti nei laboratori terrestri.
Il suo funzionamento è basato su ioni di mercurio, e nei test condotti a terra ha dimostrato di essere fino a 50 volte più stabile degli orologi atomici presenti a bordo dei satelliti Gps. È così regolare da non perdere (o guadagnare) più di un secondo ogni 10 milioni di anni. Se riuscirà a mantenere questa stabilità anche nello spazio, sarà uno degli orologi più precisi dell’universo: sufficiente per mettere a punto un sistema di navigazione nello spazio profondo – dunque verso destinazioni come la Luna o Marte – analogo ai navigatori che usiamo qui sulla Terra. Vale a dire, con una comunicazione one-way, a senso unico. Come è la comunicazione fra i satelliti della costellazione Gps e i nostri navigatori, quelli che abbiamo in auto o nello smartphone: per calcolare la nostra posizione è loro sufficiente ricevere un segnale, non devono anche rispondere – diversamente quanto invece avviene con i sistemi di navigazione tradizionali per lo spazio profondo.
La differenza è radicale: un’astronave che si trovi dalle parti di Marte, dialogando con la Terra scambiando segnali alla velocità della luce impiegherebbe in media circa mezz’ora – 12.5 minuti per la “domanda” e altri 12.5 per la “risposta” – per riuscire a determinare con precisone la propria posizione. Con un orologio atomico a bordo, invece, questo tempo verrebbe annullato.
Guarda il servizio video su MediaInaf Tv: