La soluzione alla controversia sul valore della costante di Hubble – 67 come calcola Planck, o 74 come sembrerebbe emergere dalle osservazioni astrofisiche? – potrebbe arrivare dalle onde gravitazionali. In particolare, da eventi di fusione fra stelle di neutroni, come quello celebre noto con la sigla Gw 170817. Questo già lo si sapeva, ne avevamo scritto anche su queste pagine: potendo stimare la distanza dell’evento sia attraverso i dati gravitazionali (con interferometri come Ligo e Virgo) che attraverso i tradizionali dati elettromagnetici (con i telescopi), è infatti possibile ottenere una misura indipendente, del tutto autonoma rispetto al modello cosmologico adottato e alla scala delle distanze cosmiche. Il problema, però, sta in quanti di questi eventi occorre osservare per arrivare a una misura sufficientemente precisa da essere davvero utile: i calcoli dicono tra i 50 e 100 eventi. Non pochi, considerando che fino a oggi ne è stato osservato uno soltanto – Gw 170817, appunto.
Ora però è stato realizzato un nuovo studio, pubblicato oggi su Nature Astronomy, che mostra come – conoscendo l’orientamento del piano orbitale della coppia di stelle di neutroni rispetto a noi osservatori – il numero di eventi necessario potrebbe scendere drasticamente. «Riteniamo che per risolvere il problema potrebbero essere sufficienti altri 15 eventi di questo tipo, osservati sia con le onde gravitazionali che con i radiotelescopi», dice il primo autore dell’articolo, Kenta Hotokezaka, della Princeton University, riferendosi appunto a eventi come Gw 170817.
«Avere una stima precisa di quanto sia inclinato rispetto a noi il piano sul quale orbitano l’una attorno all’altra le due stelle di neutroni – o la stella di neutroni e il buco nero – fa un’enorme differenza», spiega a Media Inaf Paolo D’Avanzo dell’Inaf di Brera, coordinatore della parte operativa del team Inaf Grawita e membro del governing council di Engrave dell’Eso, al quale ci siamo rivolti per un commento, «perché l’inclinazione ha effetto sull’intensità delle onde gravitazionali che registriamo sulla Terra: si “vedono” meglio se il sistema binario in coalescenza è face-on, cioè se siamo perpendicolari al piano orbitale».
«Il vantaggio, nel caso di Gw 170817», continua D’Avanzo, «è che questa misura dell’orientamento esiste. Per effettuarla è stato necessario attendere circa un anno dopo l’evento, ma alla fine ci si è riusciti – grazie a osservazioni radio del getto, emesso a seguito della fusione, condotte con la tecnica Vlbi: la stessa adottata per la famosa fotografia al buco nero. Osservazioni descritte in due lavori importanti – uno guidato da Giancarlo Ghirlanda dell’Inaf e l’altro da Kunal Moolay del Caltech – che hanno permesso di stabilire, rispettivamente, quanto fosse collimato il getto e quanto fosse fuori asse rispetto a noi osservatori. Ora, dato che il getto è perpendicolare al piano sul quale orbitavano le sorgenti del sistema binario, ecco che è stato possibile calcolare l’inclinazione di quest’ultimo».
E di quanto è migliorata, la precisione sulla stima della costante di Hubble conseguita grazie alla conoscenza precisa dell’orientamento del sistema binario di Gw 170817? Non di poco (vedi grafico qui a fianco): si è passati da un valore di 74 km/s per megaparsec con barre d’errore che andavano da 66 a 90 (misura da onde gravitazionali) al valore 70.3 km/s per megaparsec con barre d’errore che vanno da 65.3 a 75.6, ottenuto grazie appunto alla conoscenza dell’inclinazione, riportato oggi su Nature Astronomy. Un intervallo ancora troppo ampio per poter risolvere la tensione fra stime cosmologiche e stime astrofisiche, ma incredibilmente preciso se solo pensiamo alla sfida tecnologica pazzesca rappresentata da una misura di onde gravitazionali.
Dunque occorrono almeno altri 15 eventi “multimessageri”. Con il run O3 in corso, il più sensibile di sempre, quanti è ragionevole attendersene? Basta dare un’occhiata al database pubblico per farsene un’idea. «Dal primo aprile a oggi sono già stati rivelati 15 eventi di coalescenza fra coppie di buchi neri, dunque grosso modo uno a settimana», dice D’Avanzo, «ma fra coppie di stelle di neutroni – come nel caso di Gw 170817 – il numero è molto più basso, due soltanto: uno il 25 aprile, fra due stelle di neutroni, e l’altro il 26 aprile, forse fra una stella di neutroni e un buco nero. Il vero problema, però, è che per nessuno di questi due eventi è stato possibile osservare la controparte elettromagnetica, come invece riuscimmo a fare con Gw 170817. E senza la controparte, per il calcolo della costante di Hubble di cui stiamo parlando, non sono utilizzabili, perché occorrono due misure indipendenti».
Insomma, il metodo è assai promettente, ma serviranno molta tenacia e pazienza per arrivare a raccogliere i dati richiesti.
Per saperne di più:
- Leggi su Nature Astronomy l’articolo “A Hubble constant measurement from superluminal motion of the jet in GW170817”, di Kenta Hotokezaka, Ehud Nakar, Ore Gottlieb, Samaya Nissanke, Kento Masuda, Gregg Hallinan, Kunal P. Mooley e Adam. T. Deller