Misurare la composizione chimica dell’atmosfera di un esopianeta non è una novità per gli astronomi. La prima volta fu nel 2001 e da allora gli studiosi hanno conseguito una conoscenza sempre maggiore di come sono fatti gli altri mondi. Le atmosfere analizzate finora sono soltanto quelle di pianeti delle dimensioni maggiori di Giove. Tuttavia c’è una classe di esopianeti per i quali la composizione atmosferica è rimasta un tabù: questi pianeti hanno massa e dimensioni comprese tra quelle della Terra e di Nettuno e vengono pertanto classificati come super-terre o sub-nettuniani. Questo tipo di pianeti costituisce circa l’80 per cento degli esopianeti della Via Lattea, e il fatto di non conoscere la loro composizione chimica poneva grossi limiti per gli studi di queste super-terre.
Oggi, finalmente, il quadro è cambiato: una ricerca pubblicata la scorsa settimana su Nature Astronomy ha svelato per la prima volta la composizione chimica di questa classe di pianeti. Un team di 18 ricercatori coordinato da Björn Benneke, dell’Université de Montréal, Canada, ha studiato nel dettaglio il pianeta Gliese 3470b. L’esopianeta, conosciuto anche come Gj 3470b e scoperto nel 2012, si trova a una distanza di circa 100 anni luce dal Sistema solare, ha una massa 12.6 masse terrestri e compie un’orbita attorno a una nana rossa in poco più di tre giorni.
L’équipe ha analizzato l’assorbimento della luce della stella quando il pianeta ci passa davanti (transito) e la perdita di luce riflessa quando esso passa dietro (eclissi). In totale sono stati osservati 12 transiti e 20 eclissi, dall’anno 2012 al 2017, utilizzando i due telescopi spaziali Hubble e Spitzer.
I risultati ottenuti dalle osservazioni spettroscopiche sono del tutto inaspettati. Infatti, contrariamente a quanto ci si attendeva, l’atmosfera del pianeta non presenta tracce di elementi pesanti quali carbonio e ossigeno, ma risulta essere composta soltanto da idrogeno ed elio. Questa caratteristica impone importanti vincoli sui processi di formazione del pianeta. Rispetto ai pianeti gioviani caldi che si ritiene si formino a grande distanza dalla stella e le si avvicinino nel corso del tempo, questo pianeta sembra essere nato lì dov’è ora, ad appena 0.03 unità astronomiche di distanza dalla sua nana rossa. Si ritiene quindi che Gj 3470b fosse nato inizialmente come un pianeta roccioso e successivamente si sia nutrito di idrogeno proveniente dal disco di gas che circondava la neonata stella.
«Stiamo osservando un oggetto che fu capace di arricchirsi di idrogeno dal disco protoplanetario, ma non si è allontanato per diventare un gioviano caldo», commenta Benneke. Una possibile spiegazione è che il disco di gas si sia dissipato prima che Gj 3470b potesse accumularne ancora. «Il pianeta si è bloccato allo stato di sub-nettuniano», conclude il ricercatore.
Ma le stranezze di Gj 3470b non finiscono qui. È stata infatti osservata anche una quasi totale assenza di metano nella sua atmosfera. La mancanza di questo gas suggerisce che ci troviamo davanti a un nuovo tipo di pianeta che non ha eguali nelle immediate vicinanze del Sole.
Le possibili spiegazioni di questa composizione anomala sono diverse. Una delle ipotesi è che vi siano dei meccanismi di surriscaldamento interni al pianeta che di fatto impediscono all’atmosfera di essere dominata da carbonio e ossigeno. L’origine del calore può anche essere spiegata mediante un’orbita estremamente eccentrica provocata da un altro pianeta non ancora individuato, alla stessa stregua della luna gioviana Io.
Un’altra spiegazione riguarda le possibili reazioni chimiche catalitiche che distruggono il metano negli strati più profondi dell’atmosfera dove la fotolisi tra ammoniaca e acido solfidrico provoca il rilascio di idrogeno. Infatti, anche l’ammoniaca in Gj 3470b risulta essere meno abbondante di quanto previsto dai modelli chimici.
Gli interrogativi aperti da questo studio sono molteplici e riguardano i meccanismi che regolano la formazione di questa tipologia di pianeti così come i processi chimici che avvengono nelle loro atmosfere. Le domande degli astronomi potranno avere una risposta più esaustiva con l’avvento di Jwst, il James Webb Space Telescope. Grazie alla sua estrema sensibilità, Jwst sarà in grado di indagare con una maggiore precisione i transiti e le eclissi di Gj 3470b, soprattutto nelle regioni dove l’atmosfera del pianeta diventa trasparente.
Per saperne di più:
- Leggi su Nature Astronomy l’articolo “A sub-Neptune exoplanet with a low-metallicity methane-depleted atmosphere and Mie-scattering clouds” di Björn Benneke et al.