Sono attive da quasi 42 anni e ci si auspica possano continuare a lavorare per molti anni a venire: sono le sonde Voyager 1 e 2, ormai fuori dall’eliosfera del Sistema solare e con l’energia costantemente e sapientemente centellinata per prolungarne la vita.
Forse nessuno si aspettava nel 1977, anno di lancio delle due sonde Voyager, che questi oggetti avrebbero viaggiato così a lungo continuando a fornire caparbiamente i dati raccolti dai vari strumenti a bordo. Attualmente la Voyager 1 è l’oggetto costruito dall’uomo più distante in assoluto dalla Terra: si trova a ben oltre 21 miliardi di chilometri da noi. Lo segue a ruota la Voyager 2, che ha di poco superato i 18 miliardi di chilometri di distanza.
C’è un segreto alla loro longevità: la costante gestione dell’energia residua da parte del Jet Propulsion Laboratory (Jpl), il laboratorio californiano che progetta e gestisce le missioni spaziali Nasa.
Le due sonde sono alimentate ognuna da tre generatori termoelettrici radioisotopi (Rtg), che producono calore attraverso il decadimento naturale dei radioisotopi di plutonio-238 e convertono il calore in energia elettrica. Col passare del tempo, però, sia l’energia termica del plutonio sia l’efficienza interna dei generatori diminuiscono. I generatori producono adesso circa il 40 per cento in meno rispetto a quanto riuscivano a fare al momento del lancio.
Anche le loro “batterie” si scaricano, dunque, limitando il numero di sistemi che possono funzionare. Ed è proprio questa la difficile scelta che gli ingegneri del Jpl hanno dovuto fare: quali strumenti o sistemi spegnere per consentire alle sonde di continuare a viaggiare e inviarci i dati delle loro osservazioni.
Il nuovo piano di gestione dell’energia punta alla diminuzione dell’alimentazione elettrica necessaria su entrambi i veicoli spaziali, ad esempio attraverso la disattivazione dei sistemi di riscaldamento addizionali per gli strumenti.
A decine di miliardi di chilometri dal Sole e dal suo calore, le sonde Voyager si trovano nello spazio interstellare, dove le temperature arrivano a diverse decine di gradi sotto lo zero. Tutti gli strumenti e i sistemi delle due sonde hanno degli apparati che li tengono ad un’opportuna temperatura di operabilità, per evitare che essi si blocchino per il freddo eccessivo. Ovviamente questi sistemi di riscaldamento usano l’energia dei generatori a bordo.
Sulla Voyager 2 è stato spento il sistema di riscaldamento del rivelatore di raggi cosmici (Cosmic Ray Subsystem). Questo strumento si è rivelato cruciale per stabilire che la Voyager 2 lo scorso novembre aveva ormai lasciato l’eliosfera, quella bolla gigantesca che contiene il campo magnetico e il vento solare e che è idealmente il confine del Sistema solare.
Per adesso il rivelatore di raggi cosmici sta ancora raccogliendo dati, nonostante nonostante la sua temperatura sia scesa a 59 gradi sotto zero. Questo strumento era stato testato in laboratorio per lavorare fino a -45 gradi.
Non è la prima volta che si è scelto di lasciare senza stufa uno degli strumenti. Nel 2012 infatti la stessa sorte era toccata allo spettrometro ultravioletto di Voyager 1, che ha comunque continuato a fare il suo lavoro per anni a seguire.
«È incredibile che gli strumenti delle Voyager si siano dimostrati così resistenti», dice la responsabile del progetto Voyager, Suzanne Dodd, del Jpl. «Siamo orgogliosi di come hanno resistito alla prova del tempo. La longevità delle sonde ci pone di fronte a scenari che non avremmo mai pensato di incontrare. Continueremo a esplorare ogni opzione a nostra disposizione per permettere alle sonde Voyager di fare la migliore scienza possibile».
Un ulteriore problema a cui gli ingegneri devono rispondere è il progressivo deterioramento del sistema di puntamento delle sonde. Il problema si è manifestato già nel 2017 con la Voyager 1, che cominciava a fare fatica a orientare l’antenna per comunicare con la Terra. In quell’occasione, all’uso dei propulsori standard venne affiancata con successo l’accensione dei propulsori di manovre di correzione della traiettoria, che non venivano usati da 37 anni. La stessa procedura sarà effettuata anche con la Voyager 2, che ha usato l’ultima volta i propulsori ausiliari nel 1989 per il suo passaggio ravvicinato verso Nettuno.
«Entrambe le sonde Voyager stanno esplorando regioni mai visitate prima, quindi ogni giorno è un giorno di scoperta», osserva Ed Stone, scienziato del progetto Voyager, del Caltech. «La Voyager continuerà a sorprenderci con nuove intuizioni sullo spazio profondo».
Ancora anni di operatività e tanta scienza da produrre, dunque, per le due sonde Voyager. Per arrivare là, dove nessuna sonda è mai giunta prima.
Per saperne di più:
- Leggi la notizia sul sito della Nasa
- Controlla lo stato della missione Voyager sul sito dedicato