POTREBBERO SPIEGARE FENOMENI ASTRONOMICI IRRISOLTI

Ploonets: lune “esiliate” che diventano pianeti

In uno studio in pubblicazione su Monthly Notices of the Royal Astronomical Society un team internazionale di ricercatori ha effettuato delle simulazioni per cercare di capire cosa succederebbe alle eventuali lune di pianeti extrasolari in migrazione verso la propria stella. Il risultato è interessante: potrebbero diventare "ploonets"

     19/07/2019

La migrazione planetaria si verifica quando un pianeta o un satellite naturale modifica i suoi parametri orbitali, in particolare il semiasse maggiore, ovvero la forma geometrica della sua orbita, rispetto a quando si è formato. Migrazione che sarebbe la spiegazione più probabile dell’esistenza dei gioviani caldiesopianeti dalla massa simile a quella di Giove ma che orbitano molto vicino alla propria stella madre – con orbite, quindi, di pochi giorni – rispetto al loro “parente” gassoso. Se attorno a questi gioviani caldi vi fossero delle lune, cosa accadrebbe loro come conseguenza di questa migrazione?

Un’immagine di Giove e della sua luna Io. Crediti: NASA/Johns Hopkins University Applied Physics Laboratory/Southwest Research Institute/Goddard Space Flight Center

Un team internazionale di ricerca, costituito da ricercatori dell’Università di Antioquia, in Colombia, e dell’Università di Macquarie, in Australia, ha tentato di dare una risposta a questa domanda attraverso simulazioni che hanno considerato in particolare il comportamento di esolune – corpi legati a pianeti fuori dal nostro Sistema solare – orbitanti attorno a pianeti giganti gassosi extrasolari  che migrano verso la loro stella madre – similmente a ciò che pare abbia fatto Giove.

Ebbene, quello che i ricercatori hanno trovato è che queste lune extrasolari potrebbero essere espulse e mandate via –  una sorta di esilio astronomico – divenendo quello che gli autori dell’articolo in pubblicazione su Monthly Notices of the Royal Astronomical Society  hanno chiamato ploonets, un neologismo creato riarrangiando le parole moon e planet (pianeta e luna). Ma perché un tale termine? La risposta è nel suo significato: queste lune potrebbero diventare dei quasi-pianeti orbitanti adesso attorno a quelle che prima erano le loro stelle ospiti.

Uno scenario che gli autori hanno ottenuto per quasi la metà delle esolune considerate nello studio e che ipotizzano possa essere dovuto all’incremento di energia che queste sperimenterebbero sotto l’influenza gravitazionale sia del pianeta che della stella ospite verso cui il pianeta si muove. Corpi “ibridi” la cui esistenza potrebbe spiegare diversi fenomeni astronomici irrisolti, primo fra tutti il perché, nonostante siano stati scoperti più di 4mila esopianeti, non ne sia stata ancora osservata alcuna luna, sebbene diverse ricerche indichino che gli esopianeti – almeno quelli noti come gioviani caldi – dovrebbero essere orbitati da tali corpi. La loro assenza, spiegano i ricercatori, sarebbe dovuta proprio a uno scenario in cui il momento angolare tra i due corpi comporti la fuga della luna dalla attrazione gravitazionale del suo pianeta. 

«Queste lune potrebbero diventare pianeti embrionali, o addirittura pianeti a tutti gli effetti, con proprie orbite altamente eccentriche», ha detto infatti coautore dell’articolo Jaime Andrés Alvarado Montes. E, pur ammettendo che questi ploonets sono solo ipotetici, i ricercatori affermano che la loro esistenza offrirebbe una possibile spiegazione a diversi risultati prodotti dall’ormai dismesso telescopio spaziale Kepler della Nasa. Per esempio, quelli relativi alle curve di luce della stella Kic 8462852, meglio conosciuto come stella di Tabby, «i cui strani cambiamenti d’intensità luminosa sono stati osservati per anni ma non sono stati ancora compresi: i ploonets potrebbero essere la risposta», spiega il ricercatore.

Insomma, sebbene la loro esistenza non sia ancora stata provata, queste lune “esiliate” potrebbero essere uno dei pezzi mancanti del grande puzzle planetario. E se da un lato c’è la possibilità che osservarli sia difficile, qualora la loro vita sia breve a causa del rapido deterioramento, dall’altro lato «se i tempi fossero abbastanza lunghi» concludono i ricercatori, «potremmo avere la possibilità di rilevarli nel vicino e medio futuro».

Per saperne di più:

  • Leggi su arXiv l’anteprima dello studio “Ploonets: formation, evolution, and detectability of tidally detached exomoons” di Mario Sucerquia, Jaime A. Alvarado-Montes, Jorge I. Zuluaga, Nicolás Cuello e Cristian Giuppone