Il panel per la valutazione delle proposte di osservazione con il satellite della Nasa Chandra, riunitasi a Boston a fine Giugno, ha approvato il large project “Star formation in starburst: a deep Acis-I observation of Westerlund 1”, basato su un’osservazione Chandra/Acis-I della durata di oltre 277 ore. Il progetto, guidato dall’astronomo Mario Giuseppe Guarcello dell’Osservatorio astronomico dell’Inaf di Palermo, ha come obiettivo principale quello di studiare la formazione stellare e le prime fasi di evoluzione stellare e planetaria nello starburst cluster a noi più vicino: Westerlund 1, a circa 13mila anni luce dal Sole.
«Gli starburst clusters rappresentano un ambiente di formazione stellare particolarmente estremo, tipico dell’universo primordiale e probabilmente comune nella Via Lattea quando era una giovane galassia formando stelle a ritmi elevati», spiega a Media Inaf Guarcello, alla guida di un team internazionale di 23 astronomi esperti di questo tipo di ammassi stellari. «Il nostro progetto mira a comprendere se e come la formazione stellare e planetaria e le prime fasi evolutive delle stelle siano differenti in questi ambienti rispetto alle normali regioni di formazione stellare che popolano la Via Lattea adesso. Inoltre, potremo osservare ai raggi X un ricca popolazione di stelle massive, alcune in fasi evolutive transienti, studiare con grande dettaglio la magnetar Cxou J164710.2-455216, e anche andare a caccia di buchi neri di massa intermedia».
Il progetto mira ad analizzare vari aspetti di formazione ed evoluzione stellare in condizioni di starburst. Anzitutto l’evoluzione dei dischi protoplanetari, che potrebbero essere distrutti da un ambiente così estremo ancor prima di poter formare sistemi planetari. Poi, nel caso in cui fosse verificato che la formazione planetaria è possibile in questi ambienti, le osservazioni aiuteranno a comprendere se i pianeti riescono ad accrescere massa fino a diventare giganti e testare se l’ambiente di Westerlund 1 altera le proprietà chimiche dei pianeti in formazione. Serviranno inoltre a verificare se lo spettro di massa delle stelle formate in starburst è simile a quello attuale della Via Lattea, a studiare il meccanismo di formazione degli starburst cluster e a comprendere se essi tendono a disperdersi in alcune decine di milioni di anni, come la maggior parte degli ammassi stellari aperti, o se la forte attrazione gravitazionale esercitata da un così grande numero di stelle li lega per miliardi di anni, come nel caso degli ammassi globulari.
Fra gli obiettivi di Guarcello e colleghi c’è anche quello di verificare se i buchi neri di massa intermedia, sorgenti di molte delle onde gravitazionali osservate da Ligo e Virgo, si formano negli starburst clusters per fenomeni di coalescenza favoriti dall’estrema densità stellare, come ipotizzato da studi teorici. E, infine, puntano ad analizzare i meccanismi di emissione di raggi X dalla vasta popolazione di stelle massive tipiche degli starburst clusters – contenenti alcune delle stelle più massive conosciute e molte stelle massive in varie fasi evolutive, alcune transienti – e a studiare la sorgente transiente Cxou J164710.2-455216, un particolare tipo di stelle a neutroni chiamato magnetar.
Correzione del 24.07.2019: Per una svista redazionale, in una prima versione del sommario era riportato un tempo di “un milione di ore”, mentre è di “un milione di secondi”.