TROVATO USANDO LA SPETTROSCOPIA DI TRASMISSIONE

Potassio in un’esoatmosfera a 64 anni luce

L’elemento chimico è stato rivelato per la prima volta in quantità significativa attorno a un gioviano caldo. Alla scoperta, compiuta grazie allo spettrografo alta risoluzione Pepsi del Large Binocular Telescope, ha preso parte anche Valerio Nascimbeni dell’Inaf di Padova. Lo abbiamo intervistato

     05/09/2019

Valerio Nascimbeni, ricercatore all’Osservatorio astronomico dell’Inaf di Padova e coautore dell’articolo pubblicato su Mnras sulla scoperta del potassio nell’atmosfera di Hd 189733b

C’è nell’avocado. C’è nelle banane. E pare che ce ne sia anche nell’atmosfera di Hd 189733b, un esopianeta a oltre sessanta anni luce da noi. Parliamo del potassio, un elemento comune qui sulla Terra ma non su altri mondi al di fuori del Sistema solare. O meglio: è la prima volta che viene rilevato in quantità significativa applicando la spettroscopia ad alta risoluzione.

Alla scoperta, guidata da Engin Keles (studente di dottorato al Leibniz Institute for Astrophysics di Potsdam, in Germania) e riportata su Monthly Notices of the Royal Astronomical Society, ha preso parte anche un ricercatore dell’Inaf di Padova, Valerio Nascimbeni. Lo abbiamo intervistato.

Potassio nell’atmosfera di un esopianeta, dunque. Che tipo di pianeta è?

«Hd 189733b è un classico esempio dei cosiddetti “hot Jupiters”, pianeti con raggio e massa comparabili a quello del nostro Giove ma che orbitano attorno alla propria stella con periodi orbitali di pochi giorni. Ciò si traduce in un irraggiamento estremo da parte della stella e di conseguenza una temperatura superficiale incredibilmente alta: nel caso di Hd 189733 (poco più grande e massiccio di Giove di circa il 10 per cento) – che orbita ogni 2.2 giorni attorno a una stella leggermente più piccola e debole del Sole, a 64 anni luce da noi – parliamo di circa 1200 gradi Kelvin. Si tratta di oggetti estremi che non hanno un analogo all’interno del nostro Sistema solare (si troverebbero molto all’interno dell’orbita di Mercurio) e che sono per molti versi misteriosi, visto che ancora non sono chiari i processi formazione ed evoluzione che portano certi sistemi planetari a raggiungere una configurazione simile».

Rispetto agli altri hot Jupiters, questo ha qualcosa di particolare?

«Hd 189733b è un oggetto molto favorevole per gli studi sulle atmosfere planetarie, sia perché la sua stella è una delle più brillanti a ospitare un hot Jupiter (caratteristica che rende possibile l’acquisizione di dati spettroscopici di altissima risoluzione e precisione) sia perché è stato uno dei primi pianeti transitanti scoperti, e quindi a oggi uno di quelli i cui parametri sono meglio caratterizzati».

Rappresentazione artistica di un hot Jupiter e della sua stella madre. Crediti: Aip/Kristin Riebe

La presenza del potassio vi ha sorpreso?

«Il potassio, assieme al sodio, è uno dei traccianti più efficaci per studiare atmosfere planetarie nel caso di pianeti gassosi ed estremamente irradiati, come in questo caso. L’efficienza di queste specie chimiche nell’assorbire la radiazione proveniente dalla stella fa sì che possano essere rivelate anche negli strati superiori dell’atmosfera planetaria, molto al di sopra di eventuali nuvole e in una regione dove sono fondamentali i cosiddetti processi di evaporazione, che fanno sì che una parte dell’atmosfera venga progressivamente perduta nello spazio a causa dell’interazione con la stella. Nel caso del nostro studio abbiamo appunto rivelato la presenza di potassio; non è la prima volta in assoluto, ma è la prima volta che è stato fatto tramite spettroscopia ad altissima risoluzione e con risultati incontrovertibili. È sorprendente perché – a differenza del sodio (che è ormai stato rivelato su decine di esopianeti), e nonostante quanto predicono i nostri modelli – la presenza di potassio è molto più elusiva. Se questo sia dovuto a una differenza primordiale o a un qualche meccanismo selettivo durante la successiva migrazione o evoluzione del pianeta è ancora qualcosa di poco chiaro, che richiederà uno studio su un campione di oggetti più grande prima di raggiungere conclusioni certe».

È un mondo molto lontano, 64 anni luce… come avete fatto a vedere che ci sono tracce di potassio?

«La tecnica utilizzata si chiama spettroscopia di trasmissione e si applica a pianeti transitanti, ovvero pianeti che per motivi prospettici eclissano periodicamente il disco della propria stella. Se raccogliamo una serie di spettri ad alta risoluzione durante il transito planetario con uno strumento estremamente stabile (nel nostro caso, lo spettrografo Pepsi, montato al Large Binocular Telescope, in Arizona), osserveremo una diminuzione del flusso ricevuto a causa dell’effetto oscurante del pianeta. Questo oscuramento però è selettivo, perché l’atmosfera del pianeta filtra la radiazione stellare in modo e quantità diversa a seconda della propria composizione chimica e delle condizioni fisiche delle diverse molecole, ognuna delle quali lascia una “firma” molto univoca nello spettro misurato».

Per osservarlo avete usato il Large Binocular Telescope, ci stava dicendo. Come mai?

«Lbt, che è gestito dall’Inaf assieme ad altre istituzioni statunitensi e tedesche, con i suoi due specchi da 8.4 metri di diametro è uno fra i più grandi telescopi ottici del mondo. Ospita inoltre Pepsi, uno spettrografo che unisce una altissima stabilità strumentale (ottenuta tramite condizioni estremamente controllate di temperatura e pressione all’interno dello strumento) con una risoluzione spettrale tra le più alte disponibili. Uno strumento del genere è tra i più indicati a rivelare i debolissimi segnali dovuti alla presenza di atmosfere planetarie, che anche nei casi più favorevoli raggiungono al massimo una parte su 10000 del segnale della stella. Strumenti del genere sono anche molto “affamati” di fotoni, richiedendo stelle brillanti e telescopi molto grandi per poter operare al meglio. In questo senso, l’accoppiata Pepsi e Lbt è assolutamente vincente, e questo studio mostra anche come valga di pena di sfruttare questa opportunità anche in futuro, su altri oggetti».


Per saperne di più:

  • Leggi su Monthly Notices of the Royal Astronomical Society l’articolo “The potassium absorption on HD189733b and HD209458b“, di Engin Keles, Matthias Mallonn, Carolina von Essen, Thorsten A Carroll, Xanthippi Alexoudi, Lorenzo Pino, Ilya Ilyin, Katja Poppenhäger, Daniel Kitzmann, Valerio Nascimbeni, Jake D Turner e Klaus G Strassmeier