Per più di ottant’anni gli astronomi si sono scervellati nel tentativo di risolvere un vero e proprio mistero astrofisico: le stelle variabili presenti negli ammassi globulari della nostra galassia sembravano variare con periodi distribuiti attorno a due valori, senza nessuna apparente ragione fisica. Oggi, con uno studio pubblicato su The Astrophysical Journal, un team guidato da Michele Fabrizio, ricercatore postdoc all’Inaf di Roma e a Ssdc-Asi, ha dimostrato che questa dicotomia non esiste. Questo risultato è stato possibile grazie all’estrema precisione dei dati raccolti dal satellite Gaia.
La distribuzione su due valori di periodo delle RR Lyrae galattiche fu scoperta alla fine degli anni ‘30 del secolo scorso dall’astronomo Pieter Oosterhoff, e prese dunque il nome di “dicotomia di Oosterhoff”. Il primo gruppo (OoI) aveva un periodo di oscillazione medio di 0.56 giorni mentre il secondo (OoII) di 0.66 giorni. Nei decenni successivi questo comportamento apparentemente inspiegabile delle stelle continuò a essere ostinatamente confermato dalle osservazioni. Come sempre accade in questi casi, la comunità scientifica si è data un gran da fare per tentare di svelare il mistero, ma per quanto i telescopi spaziali e da Terra ampliassero i loro archivi, sembrava che non si riuscisse a venirne a capo.
Le RR Lyrae sono stelle di piccola massa, con età superiori a 10 miliardi di anni, che prendono il nome dalla stella prototipo e più brillante della classe. La correlazione tra periodo e luminosità nelle bande del vicino infrarosso rende queste stelle ottimi indicatori di distanza, o “candele standard”, come le chiamano gli astronomi. Lo studio delle RR Lyrae tiene impegnati gli scienziati da oltre un secolo, e dunque il fatto che non si riuscisse a comprenderne appieno il comportamento cominciava a diventare piuttosto curioso. Tra le ragioni di questo stallo c’è soprattutto la dimensione del campione a disposizione degli astronomi: il numero di ammassi globulari con un numero statisticamente rilevante di RR Lyrae si attestava attorno al 20 per cento del totale.
«In questo lavoro è stato possibile assemblare un ampio campione RR Lyrae di campo che include più di 150mila stelle, e per quasi 3mila è stato possibile effettuare una misura spettroscopica della metallicità», dice Michele Fabrizio, primo autore dello studio. «Questo è il più vasto campione spettroscopico mai pubblicato per le RR Lyrae e sicuramente uno dei suoi punti di forza è l’omogeneità delle stime di metallicità, delle quali solo una modesta frazione era disponibile in letteratura. Un risultato del genere è stato raggiunto grazie a un accurato controllo delle sistematiche esistenti tra i diversi set di dati e i diagnostici utilizzati per misurare la metallicità».
«Con questo prezioso campione siamo riusciti a dimostrare che esiste una linearità tra il periodo di pulsazione delle variabili RR Lyrae e la loro metallicità e che vi è una continuità nella distribuzione dei periodi», prosegue Fabrizio. «Ciò ha fortemente suggerito che il problema conosciuto come “dicotomia di Oosterhoff” sia da imputare al fatto che una buona frazione degli ammassi globulari di metallicità intermedia non contiene RR Lyrae. E quindi, grazie all’impatto statistico del gran numero di misure effettuate, siamo riusciti a gettare luce su un problema che ha tenuto impegnati gli astronomi per oltre ottant’anni».
Lo studio delle stelle variabili e dei fenomeni transienti ha goduto negli ultimi anni un rinnovato interesse grazie a diverse campagne di osservazione nelle bande ottiche, che hanno incrementato di diversi ordini di grandezza il numero di sorgenti attualmente note. Uno dei limiti di queste campagne è quello di coprire solo specifiche porzioni di cielo, per cui risulta sempre difficile riuscire a capire quali delle nuove identificazioni sia realmente una nuova variabile o qualcuna già precedentemente nota.
«I dati forniti dal satellite astrometrico Gaia nella sua recente release hanno consentito per la prima volta di riportare tutti i cataloghi noti allo stesso sistema di riferimento», dice Giuseppe Bono, professore all’Università di Tor Vergata a Roma. «Oltre al sistema di riferimento, Gaia ha anche fornito una cospicua lista di nuove variabili, in particolare, di RR Lyrae dell’alone della nostra galassia. Utilizzando queste caratteristiche siamo riusciti a mettere insieme un campione di oltre 150mila RR Lyrae di campo, e per circa il 20 percento del campione siamo anche riusciti a fornire una misura della metallicità utilizzando spettri a bassa risoluzione e dati di letteratura. Il campione spettroscopico che abbiamo analizzato è circa un ordine di grandezza maggiore rispetto a quelli disponibili in letteratura e copre l’intero intervallo di metallicità atteso: da valori corrispondenti a stelle molto povere di metalli a quelli di tipo solare».
«Avendo a disposizione questo campione», continua Bono, «abbiamo affrontato un problema classico di astrofisica: la cosiddetta dicotomia di Oosterhoff, vale a dire una presunta distribuzione su due valori del periodo delle RR Lyrae. Abbiamo trovato che natura non facit saltus, ovvero che il periodo delle stelle varia linearmente con la metallicità. Un ottimo viatico per stimare la metallicità media delle popolazioni antiche delle galassie dell’Universo locale utilizzando le RR Lyrae. Negli ultimi 50 anni la comunità italiana ha fornito contributi significativi in questo settore e ora abbiamo la sensazione di aver appeso il quadro al chiodo giusto».
Per saperne di più:
- Leggi il preprint dell’articolo in uscita su The Astrophysical Journal “On the use of field RR Lyrae as Galactic probes: I. The Oosterhoff dichotomy based on fundamental variables”, di M. Fabrizio, G. Bono, V.F. Braga, D. Magurno, S. Marinoni, P.M. Marrese, I. Ferraro, G. Fiorentino, G. Giuffrida, G. Iannicola, M. Monelli, G. Altavilla, B. Chaboyer, M. Dall’Ora, C.K. Gilligan, A. Layden, M. Marengo, M. Nonino, G.W. Preston, B. Sesar, C. Sneden, E. Valenti, F. Thévenin e E. Zoccali