Lo scenario è quello che vedete nella rappresentazione artistica qui a fianco: un sistema binario, a 4600 anni luce dalla Terra, formato da una stella di neutroni e da una nana bianca in orbita l’una attorno all’altra con un periodo di rivoluzione di 4.78 giorni. Un sistema che si è guadagnato oggi le pagine di Nature Astronomy perché la stella di neutroni – nome in codice J0740+6620 – è risultata la più massiccia a oggi conosciuta: ben 2.14 masse solari.
Ora, poiché le stelle di neutroni con massa superiore alle due masse solari sono molto rare, la scoperta è senza dubbio notevole. Ma ciò che più colpisce è il modo in cui questa massa record è stata calcolata: usando una sorta di “bilancia relativistica” – la misura del cosiddetto ritardo di Shapiro.
Per comprendere come funziona, occorre anzitutto una premessa: la stella di neutroni di questo sistema è anche una pulsar. Per la precisione, una pulsar al millisecondo: ruota su sé stessa al ritmo di circa 346 volte al secondo, spazzando la galassia con un fascio di onde elettromagnetiche che inonda i radiotelescopi ogni 2.89 millisecondi. O meglio: lo sprazzo radio viene emesso regolarmente – le pulsar sono metronomi pressoché infallibili – ogni 2.89 millisecondi, ma in realtà ai radiotelescopi giunge a volte puntuale e a volte con un ritardo che può arrivare a qualche microsecondo. C’è di più: questo ritardo si ripete periodicamente in modo regolare – raggiungendo un apice, per poi tornare a sparire – ogni 4.78 giorni. Già, proprio come il periodo di rivoluzione del sistema binario. Cosa può mai introdurre questo ritardo?
La spiegazione la fornì già nel 1964 l’astrofisico americano Irwin Ira Shapiro: si tratta di un effetto della relatività generale, e in particolare della distorsione impressa sullo spaziotempo dalla presenza di grandi masse. La massa, in questo caso, è quella della nana bianca: quando si trova fra noi osservatori e la pulsar, la stella agisce da lente gravitazionale, deviando il fascio d’onde radio dal loro normale percorso rettilineo ed allungandone così il tragitto. Allungamento che si riflette in un lieve aumento dell’intervallo fra gli impulsi radio – il “ritardo”, appunto – rispetto a quando, invece, la pulsar si trova davanti alla nana bianca.
Come previsto da Shapiro, maggiore è l’allungamento del tragitto imposto dalla dilatazione spaziotemporale, maggiore sarà il ritardo nel segnale. Ma poiché l’allungamento del tragitto dipende dalla massa dell’oggetto che si interpone fra la sorgente del segnale e l’osservatore, ne consegue che la misura del ritardo temporale fra un impulso e l’altro della pulsar può essere utilizzata per stimare la massa della nana bianca. Come una sorta di bilancia, appunto. Una volta ottenuta la massa della nana bianca, conoscendo il periodo orbitale del sistema è poi relativamente semplice risalire anche alla massa della compagna – la stella di neutroni, appunto.
È ciò che ha fatto – combinando oltre 12 anni di dati del progetto NanoGrav (North American Nanohertz Observatory for Gravitational Waves) con recenti osservazioni del Green Bank Telescope – un team di scienziati guidato da Hannah Thankful Cromartie, studentessa di dottorato alla University of Virginia (Usa). Ed è così che si è giunti alla stima record che citavamo in apertura: una stella di neutroni da 2.14 masse solari, con un errore di non più di un quinto di massa solare. Un risultato di grande rilievo per almeno tre motivi: per il metodo utilizzato, come dicevamo; per l’eccezionalità della massa in gioco; e infine per le conseguenze che un valore così elevato può avere per comprendere sempre meglio la natura delle stelle di neutroni.
«Grazie allo studio di alta precisione delle pulsar si sta scoprendo una piccola ma crescente popolazione di stelle di neutroni – di cui J0740+6620 è il più recente e probabilmente più estremo esempio – con masse di più di due volte quella del nostro Sole. Ciò suggerisce che la materia al loro interno debba essere più rigida di quanto alcune teorie prevedano», spiega infatti a Media Inaf Marta Burgay dell’Inaf di Cagliari, alla quale abbiamo chiesto un commento in quanto esperta di pulsar a livello internazionale, «il che potrebbe avere ripercussioni su tutta la loro evoluzione, dalla nascita – si formano come “pesi massimi” o lo diventano? – fino alla morte, che avviene quando due stelle di neutroni si scontrano e si fondono, emettendo luce e onde gravitazionali».
Per saperne di più:
- Leggi su Nature Astronomy l’articolo “Relativistic Shapiro delay measurements of an extremely massive millisecond pulsar”, di H. T. Cromartie, E. Fonseca, S. M. Ransom, P. B. Demorest, Z. Arzoumanian, H. Blumer, P. R. Brook, M. E. DeCesar, T. Dolch, J. A. Ellis, R. D. Ferdman, E. C. Ferrara, N. Garver-Daniels, P. A. Gentile, M. L. Jones, M. T. Lam, D. R. Lorimer, R. S. Lynch, M. A. McLaughlin, C. Ng, D. J. Nice, T. T. Pennucci, R. Spiewak, I. H. Stairs, K. Stovall, J. K. Swiggum e W. W. Zhu