Data mining, machine learning e intelligenza artificiale: sono ambiti dell’informatica ormai consolidati come una disciplina sempre più strategica e legata alle tematiche moderne dell’astrofisica, al punto da culminare in un settore scientifico di ricerca multi-disciplinare denominato “astroinformatica”. Questa recente branca della data science, specializzata nell’approccio a problemi astrofisici con metodi basati sui paradigmi dell’apprendimento automatico, è utile specialmente in esperimenti e/o missioni che necessitano di acquisire, analizzare e classificare enormi moli di dati in modo efficiente e veloce.
Per fare il punto e confrontarsi sull’argomento, si sta svolgendo in questi giorni a Pula (Sardegna) il meeting Deep Learning @ Inaf, organizzato dall’Istituto nazionale di astrofisica (Inaf) per la propria comunità. Il meeting, che ha raccolto un ragguardevole numero di partecipanti non solo dall’Inaf ma anche da varie università ed enti di ricerca, ha in programma interventi sia teorici che pratici da parte di riconosciuti esperti di questo settore, sia in forze all’Inaf che dall’estero.
«Il successo legato al numero e qualità di persone presenti a questo primo meeting dimostrano sia il caldo interesse della comunità verso questo argomento sia la potenzialità dei ricercatori e tecnologi Inaf quando vengono stimolati a lavorare come una comunità coesa», dire Riccardo Smareglia, responsabile dell’ufficio Ict e Science Data Management dell’Inaf.
«L’astronomia è ormai entrata nell’era multi-messenger», aggiunge Massimo Brescia, ricercatore all’Inaf di Napoli, «basata su strumenti da terra e dallo spazio in grado di fornire dati di una complessità e quantità senza precedenti. Nell’epoca dei big data, l’archiviazione, processamento e l’analisi dei dati astrofisici rappresentano un chiaro esempio di “scienza guidata dai dati”, ove la quantità di dati raccolti in un singolo giorno sono sufficienti per tenere occupata l’intera comunità di scienziati per il resto della loro vita. Le metodologie e i casi d’uso astrofisici introdotti in questo workshop hanno dunque l’obiettivo di colmare il gap di competenze, ponendo le nuove generazioni di astrofisici in grado di sostenere le esigenze di questa nuova era in astronomia».
Da sempre attento al legame con le nuove tecnologie e con l’industria, e alle relative ricadute tecnologiche, l’Inaf dedica l’intera giornata odierna – giovedì 19 settembre – del meeting per fornire ai partecipanti tutorial pratici relativi a tecnologie di calcolo emergenti, e di cloud computing, che possano essere applicati a problemi di intelligenza artificiale. In particolare, Amazon, Ibm e Mathworks mostreranno alle ricercatrici e ai ricercatori presenti al meeting le loro piattaforme più innovative.
«L’intelligenza artificiale è già da tempo fra noi, nei nostri smartphone, nell’industria, e ovviamente anche nella ricerca», dice Nichi D’Amico, presidente dell’Istituto nazionale di astrofisica, «dove sta contribuendo sempre più alla produzione di risultati scientifici. Per gli scienziati può essere un rischio o un’opportunità: dipende solo da noi se subirla – restando a guardare gli algoritmi d’apprendimento automatico diventare sempre più efficienti fino a superarci, come già stanno facendo – o diventarne protagonisti, governandola e diventando noi stessi i migliori sviluppatori di codici di machine learning per lo studio dell’universo. L’Inaf ha scelto da tempo di seguire con decisione questa seconda strada: questo convegno né è la testimonianza, e i risultati – risultati scientifici, pubblicati su riviste – già stanno arrivando».