Quando si parla di buchi neri supermassicci, i record si sprecano. A volte più del solito. È il caso dei quasar studiati da un team guidato da Gabriele Bruni dell’Inaf Iaps di Roma. Già i quasar hanno nel loro cuore buchi neri monstre – i più luminosi che ci siano. Ma quelli descritti da Bruni e colleghi – nell’ambito del progetto Wissh – in un articolo appena pubblicato su Astronomy & Astrophysics sono, a loro volta, i più luminosi fra tutti i quasar: circa 100mila miliardi di volte più del Sole. «Possono essere considerati i T-Rex dei quasar», dice di loro uno dei coautori dello studio, Enrico Piconcelli, dell’Osservatorio astronomico dell’Inaf di Roma, «i loro buchi neri hanno una massa di miliardi di volte quella solare e sono ancora voracissimi, continuando a inghiottire materia a un ritmo elevatissimo».
Ma non è stata tanto la voracità di questi “T-Rex cosmici” ad attirare l’attenzione degli astrofisici quanto la velocità pazzesca del vento emesso dal disco di materia in accrescimento attorno al buco nero supermassiccio. Raffiche di materia chiamate Bal winds – dall’inglese per “venti con righe di assorbimento larghe” (broad absorption line) – in grado di raggiungere velocità relativistiche, fino a decine di migliaia di km al secondo.
Ebbene, ciò che Bruni e colleghi sono riusciti a dimostrare, grazie agli spettri ottici forniti dalla Sloan Digital Sky Survey, è che la presenza di venti Bal è significativamente maggiore proprio nei quasar più luminosi. Non solo: le velocità caratteristiche dei venti originati da quasar ultra-luminosi raggiungono valori molto maggiori rispetto a quelli rivelati nei quasar “standard”. Nel corso dello studio sono stati osservati casi di venti Bal ultra-veloci, in grado di toccare punte superiori ai 30mila km/s (circa un decimo della velocità della luce): venti record che rappresentano esempi tra i più estremi e i più rari di questo fenomeno.
«Nell’ultimo decennio», dice Bruni a Media Inaf, «la caccia ai venti di materia prodotti nei nuclei delle galassie è proseguita senza sosta, e coinvolge osservazioni effettuate alle più disparate frequenze dello spettro elettromagnetico, per esplorare sia il materiale freddo che quello caldo intorno al buco nero. L’obiettivo è arrivare a un censimento completo della materia coinvolta in questi venti. Ciò è fondamentale per capire come essi si propaghino dal centro alla periferia delle galassie, stimare la loro energia e comprendere quindi il loro ruolo nell’evoluzione delle galassie. Questi punti rimangono tuttora aperti e sono sicuramente tra gli argomenti attualmente più dibattuti nel campo dell’astrofisica extragalattica. Dal nostro studio risulta che l’energia associata ai venti Bal prodotti dai quasar ultra-luminosi potrebbe essere sufficiente a influenzare la formazione delle stelle nelle loro galassie».
L’influenza alla quale Bruni fa riferimento è il cosiddetto “effetto feedback”: l’azione del quasar sull’evoluzione e le proprietà della galassia ospite. Un effetto la cui comprensione è fra gli obiettivi scientifici principali degli strumenti che opereranno nel prossimo decennio, come il James Webb Space Telescope della Nasa e il telescopio per raggi X Athena dell’Esa. «Particolarmente eccitante sarà la prospettiva di poter utilizzare Athena», aggiunge a questo proposito un altro dei coautori dello studio, Luca Zappacosta dell’Osservatorio astronomico dell’Inaf di Roma, «per studiare la relazione tra i venti Bal e i cosiddetti Ufo (ultra-fast outflows), che rappresentato i casi più estremi in termini di velocità – fino a metà di quella della luce – e temperatura del gas nella famiglia dei venti prodotti dai quasar».
Per saperne di più:
- Leggi su Astronomy & Astrophysics l’articolo “The WISSH quasars project VI. Fraction and properties of BAL quasars in the hyper-luminosity regime”, di G. Bruni, E. Piconcelli, T. Misawa, L. Zappacosta, F. G. Saturni, G. Vietri, C. Vignali, A. Bongiorno, F. Duras, C. Feruglio, F. Tombesi e F. Fiore