Marte è un mondo alieno assai diverso da quello in cui viviamo, eppure molte delle sue caratteristiche sembrano familiari. Familiari come l’antico sistema fluviale prosciugato che vedete in questa nuova immagine ottenuta dal veicolo spaziale Mars Express dell’Agenzia spaziale europea, in orbita attorno al Pianeta rosso dal 25 dicembre del 2003.
Si tratta di una rete di canali fluviali fossili che si estende sulla superficie di Marte per oltre 700 chilometri. Un’estensione che fa di Nirgal Vallis – così si chiama questo arcaico insieme di alvei – una delle più lunghe reti di letti fluviali presenti sul pianeta. Forgiato da un mix di acqua corrente e impatti di corpi rocciosi con la superficie marziana, è un sistema di canali che si trova a sud dell’equatore e la cui età – stimata esplorando le caratteristiche dei crateri circostanti, visibili nell’immagine come chiazze tondeggianti – sarebbe compresa tra i 3,4 e i 4 miliardi di anni.
La parte di Nirgal Vallis osservata dall’orbiter dell’Esa – il sistema biforcuto a forma di albero che si vede al centro dell’immagine di apertura – è quella che si trova verso l’estremità ovest dell’insieme di canali. È un tipo di rete fluviale caratterizzata da tante ramificazioni le cui terminazioni, piuttosto che finire in maniera netta e brusca, hanno una forma semicircolare che ricorda quella di un antico anfiteatro greco. Il fondo è liscio, regolare, e le ripide pareti, se tagliate in sezione trasversale, hanno una inconfondibile forma a ‘U’. Profondi 200 metri e larghi 2 chilometri, questi alvei sono stati interamente ricoperti di sabbia dall’azione del vento marziano che soffiava nella stessa direzione dei canali. L’altra estremità, quella a est, è meno ramificata e si apre nell’ampia Uzboi Vallis – probabilmente lago grande e antico che si è prosciugato molto tempo fa.
Letti fluviali, come dicevamo, familiari: canali simili un tempo pieni d’acqua se ne trovano nel deserto di Atacama, in Cile, in Colorado e nelle isole Hawaii. Nirgal Vallis – insieme a Nanedi Valles ed Echus Chasma, altre due strutture geologiche presenti su Marte – sono esempi marziani di queste affascinanti caratteristiche terrestri onnipresenti all’equatore marziano. Ciò indica che queste aree avevano un tempo un clima molto più mite e simile a quello della Terra. Un clima che, a differenza del mondo ostile che gli orbiter e i rover ci mostrano oggi tramite le loro osservazioni, doveva essere assai più caldo e umido, come ci mostrano i segni di diverse caratteristiche del Pianeta rosso.
Gli scienziati sono concordi nel dire che un tale sistema si sia formato in modo analogo alle reti fluviali morfologicamente simili presenti sulla Terra. Poiché non sembrano esserci affluenti secondari che lo hanno alimentato, è probabile che l’acqua sia stata fornita da un mix di precipitazioni e dal flusso d’acqua superficiale proveniente dal terreno circostante. Anche se gli scienziati non escludono una terza possibile via, quella che in inglese si chiama groundwater sapping: un fenomeno che si verifica quando l’acqua, bloccata nel suo percorso verticale dalla superficie alla falda acquifera da uno strato impermeabile, filtra lateralmente fino a riversarsi nel canale.
L’orbiter Mars Express ha compiuto queste osservazioni con la High Resolution Stereo Camera, uno strumento ad alta risoluzione che sta mappando l’intera superficie di Marte. Il suo obiettivo è quello di caratterizzare il Pianeta rosso nella sua interezza. Una missione che l’orbiter non porta avanti da solo: è già supportato dal Trace Gas Orbiter di ExoMars – il satellite dell’Esa e dell’Agenzia spaziale Russa Roscosmos in orbita attorno a Marte dal 2016 – e lo sarà a breve, presumibilmente dal marzo 2021, dal rover Rosalind Franklin e dal lander Kazačok della missione ExoMars. Un’intera flotta per svelare i misteri di Marte.