Lo scorso 23 settembre, mentre scrutava da 272 km d’altitudine il Pianeta rosso con la sua telecamera ad alta risoluzione Hirise, il Mars Reconnaissance Orbiter della Nasa ha preso due piccioni con una fava: è riuscito a immortalare sia il rover Curiosity sia il lander InSight. Di quest’ultimo si vedono chiaramente i due pannelli solari circolari. Quello che non si vede è quanto il lander fosse indaffarato nei preparativi per salvare la sua “talpa”, bloccata senza possibilità di procedere con le perforazioni del suolo marziano.
La talpa in questione – un cilindro appuntito lungo 40 centimetri – è la sonda di temperatura auto-affondante che costituisce l’elemento principale dell’esperimento Hp3. Il suo compito è quello di scavare il suolo marziano – ecco spiegato il soprannome ‘talpa’ – fino a una profondità massima di cinque metri e misurarne la temperatura interna. È una parte fondamentale della missione InSight, dunque. Gli scavi, iniziati il 28 febbraio scorso, hanno permesso in poco tempo raggiungere i primi 30 centimetri di profondità. Da allora, però, il perforatore marziano non è più riuscito ad avanzare. Una situazione d’impasse che ha costretto i tecnici a impartire allo strumento l’ordine di smettere di martellare, in attesa di risolvere il problema.
Secondo gli ingegneri del centro aerospaziale tedesco Dlr e del Jpl della Nasa, che gestiscono rispettivamente lo strumento e la missione, l’origine del problema sta nelle caratteristiche del suolo marziano all’interno della buca. Il terreno in cui sta operando lo strumento è molto duro – diverso da quello presente in altri siti. La Nasa lo descrive come duricrust: una sorta di amalgama cementizia. Man mano che viene scavato, invece di riversarsi nella buca contribuendo a riempire lo spazio vuoto tra pareti e strumento, resta attaccato alle pareti stesse. Viene così meno quell’attrito fra strumento e parete che permetterebbe alla talpa di avanzare: senza di esso, il rinculo della sua azione martellante la fa semplicemente rimbalzare sul posto. È proprio quello che è successo.
Il primo tentativo di arginare il problema è stato quello di spingere il terreno attorno al buco, per cercare di compattarlo contro la talpa, utilizzando una sorta di pala meccanica posta all’estremità del braccio di Insight. L’operazione è chiaramente visibile in questa gif nel tweet sul profilo ufficiale della missione.
I’ve pressed down next to the “mole” several times, and it’s hard to make this unusual soil collapse into the pit. Soon, I’ll be out of contact for a couple of weeks during solar conjunction, but my team on Earth will keep working it. Keep sending good vibes! ✨ pic.twitter.com/dbUcnXzYzm
— NASA InSight (@NASAInSight) August 16, 2019
Ciò avrebbe dovuto ripristinare l’attrito necessario. Ma il tentativo non ha funzionato. Gli ingegneri hanno quindi deciso di provare un’altra strada. Utilizzando il braccio robotico del veicolo spaziale hanno prima rimosso con successo la struttura di supporto dello strumento (Ssa, support structure assembly), posizionandola di lato. A questo punto, con la talpa adesso in vista, hanno utilizzato la stessa pala robotica presente all’estremità del braccio di Insight per spingere la talpa lateralmente comprimendola contro la parete del foro. Una strategia chiamata “pinning”, visibile nella sequenza animata qui di seguito. Dopo qualche giorno col fiato sospeso è arrivata la notizia: la “talpa” si sta di nuovo muovendo.
Dall’8 ottobre 2019, si legge nella nota rilasciata dal Jpl, la talpa ha martellato 220 volte in tre diverse occasioni. Le immagini inviate dalle telecamere del veicolo spaziale hanno mostrato che progredisce gradualmente nel terreno: circa 2 cm nell’ultima settimana. Tuttavia, ci vorrà più tempo – e più martellamenti – affinché i tecnici possano vedere fino a che punto può arrivare.
«Il progresso della talpa sembra indicare che non ci sono rocce che bloccano il percorso», dice Tilman Spohn del Dlr, principal investigator dello strumento. «È un’ottima notizia! Facciamo il tifo per la nostra talpa affinché continui a scavare».
Intanto al Jpl, utilizzando dei modelli in scala di InSight e della sonda martellante, gli ingegneri continuano a pensare a quali altre strategie utilizzare nel caso smettesse nuovamente di perforare. Una ipotesi, sulla quale stanno già lavorando, prevede di raschiare terreno vicino al sito e porlo sopra la talpa, aggiungendo massa per resistere al rinculo. L’ultima spiaggia, dicono gli ingegneri, sarebbe quella di esercitare una pressione con la paletta direttamente sulla parte superiore della talpa.
«La talpa ha ancora molta strada da fare. Siamo tutti entusiasti di vederla scavare di nuovo», dice Troy Hudson, ingegnere e scienziato del Jpl che ne ha guidato lo sforzo di recupero dell’attività. «Quando abbiamo riscontrato questo problema per la prima volta è stato terribile. Ma ho pensato: “Forse c’è una possibilità; continuiamo a insistere”. E adesso mi sento in preda all’euforia».