Insieme a idrogeno, ossigeno, carbonio ed azoto, il fosforo è un elemento fondamentale per i processi legati alla vita. I suoi composti svolgono un ruolo chiave nella struttura a doppia elica del Dna, nelle membrane cellulari, e nella molecola adenosin-trifosfato (Atp), grazie alla quale avviene il trasporto di energia nelle cellule.
Il fosforo è creato da reazioni nucleari all’interno di stelle di grande massa e rilasciato nello spazio durante la loro esplosione come supernove. Ma la chimica interstellare del fosforo, ovvero i processi che mutano la sua forma, da quella più elementare nel mezzo interstellare diffuso, per arrivare a molecole sempre più complesse quando si trova nelle parti più dense delle nubi molecolari, è rimasta quasi sconosciuta fino a pochi anni fa. Il motivo principale è dovuto alla rarità del fosforo nel cosmo, al cui abbondanza è circa 2-3 ordini di grandezza, cioè 100-1000 volte inferiore, rispetto a carbonio, ossigeno e azoto.
Questa scarsità rende debole l’emissione di radiazione delle specie chimiche contenenti il fosforo, che è quindi difficile da rivelare. Fino al 2015, l’unica molecola rivelata in regioni in cui si formano nuove stelle e pianeti era il nitruro di fosforo, e in solo una manciata di sorgenti. Le prime rivelazioni che tentano di spiegare la formazione nello spazio di molecole, anche semplici, contenenti fosforo, sono rimaste per anni senza confronto osservativo proprio a causa della sua scarsità.
Dal 2016, il gruppo che si occupa di formazione stellare all’Inaf di Firenze ha intrapreso un programma rivolto a migliorare la comprensione della chimica del fosforo in regioni in cui si formano nuove stelle, seguendo vari approcci ed aprendo la strada a un numero crescente di studi su questo elemento pre-biotico finora dimenticato. Il team ha fatto uso di alcuni tra i migliori strumenti disponibili che lavorano a frequenze appropriate per osservare l’emissione del nitruro di fosforo, cioè in banda radio-millimetrica, quali il telescopio di 30 metri di diametro dell’Institut de Radioastronomie Millimétrique (Iram), situato sulla Sierra Nevada (Spagna), e l’Atacama Pathfinder EXperiment (Apex) di 12 metri di diametro, operativo sulle Ande cilene e gestito da un consorzio di istituti di ricerca di alto livello internazionale (Max-Planck Institute for Radioastronomy, European Southern Observatory, Onsala Space Observatory).
Gli oggetti celesti scelti per la campagna osservativa sono 33 regioni della Galassia in cui si formano stelle di grande massa, ovvero grandi più di circa 10 volte il Sole, perché contengono una grande quantità di materia molecolare e hanno la maggiore probabilità di rivelare la presenza di molecole “rare”, come quelle contenenti fosforo.
«Siamo riusciti a identificare emissione da nitruro di fosforo in ben 24 oggetti, il campione più grande studiato finora in molecole contenenti fosforo», dice Francesco Fontani dell’Inaf di Firenze, alla guida del team che ha realizzato l’indagine.
Alle basse temperature e densità delle regioni in cui nascono le nuove stelle, le molecole possono emettere solo righe spettrali di bassa energia, dovute al loro debole movimento di rotazione attorno al centro di massa, emissioni che ricadono nello spettro delle onde radio e delle microonde. Dalle caratteristiche di queste righe di emissione, il team ha ricavato alcuni parametri fisici fondamentali del nitruro di fosforo, quali temperatura, velocità, e abbondanza.
Uno dei risultati più importanti dello studio è che l’abbondanza di nitruro di fosforo in queste regioni risulta ben correlata a quella dell’ossido di silicio, una molecola che si forma nel gas investito da onde d’urto, che viene considerata come un ottimo tracciante della presenza di shock che si propagano nello spazio interstellare. In quelle regioni il silicio si trova soprattutto in forma solida dentro i grani di polvere: quando i grani vengono investiti da uno shock, il silicio atomico viene rilasciato e si combina con l’ossigeno formando ossido di silicio. La correlazione tra nitruro di fosforo e ossido di silicio indicherebbe che i grani di polvere colpiti da onde d’urto siano una sorgente importante di nitruro di fosforo.
«Con questo lavoro abbiamo dimostrato che il nitruro di fosforo ha bisogno di uno shock per formarsi», aggiunge Victor Manuel Rivilla, anche lui in forza all’Inaf di Firenze con un contratto Marie Skłodowska-Curie, nell’ambito del programma AstroFIt2. «È una prova robusta perché basata su un campione per la prima volta statisticamente significativo e su una correlazione tra nitruro di fosforo e ossido di silicio valida su almeno tre ordini di grandezza in abbondanza» aggiunge il ricercatore, che ha partecipato allo studio recentemente accettato dalla rivista Monthly Notices of the Royal Astronomical Society.
«Questa correlazione suggerisce che questo prezioso elemento biogenico ha bisogno di un evento ‘scioccante’ per iniziare la sua storia chimica, così importante per la nascita della vita come noi la conosciamo», conclude Maria Teresa Beltrán, sempre dell’Inaf di Firenze e nel team che realizzato lo studio.
Per saperne di più:
- Leggi l’articolo accettato dalla rivista Monthly Notices of the Royal Astronomical Society: “Origin of the PN molecule in star-forming regions: the enlarged sample”, di F. Fontani , V.M. Rivilla, F. F. S. van der Tak, C. Mininni, M. T. Beltrán, P. Caselli