STUDIATA LA FUGACITÀ DELL’OSSIGENO NELLE ROCCE

Esopianeti, alieni ma non troppo

La composizione di alcuni esopianeti ha una geochimica simile a quella terrestre. È questo il risultato, pubblicato in un lavoro su Science, al quale un team di ricercatrici e ricercatori dell'Università della California è giunto cercando nei dati spettrali raccolti da diversi telescopi ciò che di questi mondi alieni resta nelle atmosfere delle stelle attorno alle quali orbitavano

     22/10/2019

Illustrazione artistica che mostra un sistema Solare costituito da una stella nana bianca e, in alto a destra, un esopianeta. Crediti: Mark Garlick

Qual è la chimica dei pianeti extrasolari rocciosi? È diversa da quella di pianeti come il nostro? E, soprattutto, come è possibile studiarla? A giudicare dai risultati riportati nello studio pubblicato di recente su Science, condotto da un gruppo di ricercatrici e ricercatori dell’Università della California a Los Angeles (Ucla), questa chimica non sembrerebbe dissimile da quella del nostro mondo. Le rocce di questi mondi alieni – quantomeno quelle di alcuni – orbitanti attorno a stelle lontane, condividerebbero infatti con il nostro pianeta e con Marte livelli simili di fugacità di ossigeno (fO2). In pratica, una misura dell’ossidazione delle rocce. Uno stato chimico che riflette le condizioni durante le prime fasi di formazione dei pianeti e ne influenza proprietà geochimiche e geofisiche come la dimensione del nucleo metallico, la geochimica del mantello e della crosta, nonché la composizione dell’atmosfera.

Per giungere a questa conclusione, il team di ricercatori –  e qui c’è la risposta alla seconda domanda sollevata in apertura – ha esaminato la geochimica di esopianeti lontani analizzando ciò che di essi rimane impresso nell’atmosfera di stelle nane bianche dopo che sono stati “risucchiati” dalla forte attrazione gravitazionale esercitata da queste ultime. I dati di partenza sono stati gli spettriottenuti da diversi telescopi, principalmente dall’osservatorio Weck Keck alle Hawaii , di sei stelle nane bianche: Sdss J1043+0855, Wd 1536+520, Gd 40, Sdss J0738+1835Wd 1226+110 e Wd 1145+017, la più vicina delle quali si trova a circa 200 anni luce dalla Terra, mentre la più lontana è situata a 665 anni luce di distanza.

Le atmosfere di queste nane bianche – il nucleo denso ed esausto di una stella che ha terminato il suo combustibile –  dovrebbero essere composte quasi interamente da elementi leggeri quali idrogeno ed elio. Tuttavia,  le osservazioni spetteroscopiche dell’atmosfera delle sei stelle hanno mostrato la presenza di atmosfere “inquinate” da elementi pesanti quali magnesio, ferro e ossigeno. Elementi introdotti da esopianeti rocciosi e asteroidi che vi si sono schiantati sopra, appunto.

Il team Ucla che ha realizzato il nuovo studio. Da sx, Benjamin Zuckerman, Beth Klein, Alexandra Doyle, Hilke Schlichting, Edward Young. Crediti: Christelle Snow/Ucla

«Osservando queste nane bianche e gli elementi presenti nella loro atmosfera, stiamo osservando gli elementi che si trovano nel corpo che orbitava attorno alla nana bianca» spiega Alexandra Doyle, la giovane laureata dell’Ucla che ha guidato lo studio. «Osservare una nana bianca è come fare un’autopsia del contenuto di ciò che ha inghiottito del suo sistema stellare».

In particolare, la ricerca ha evidenziato che i corpi rocciosi, ex esopianeti e asteroidi un tempo orbitanti attorno a queste stelle oramai morte, avevano un’alta fugacità dell’ossigeno. Nello specifico, presentavano un livello elevato di ossidazione del ferro simile a quello della Terra, di Marte e degli asteroidi del nostro Sistema solare. Livelli di ossidazione di un pianeta roccioso che hanno un effetto significativo sulla sua atmosfera, sul suo nucleo e sul tipo di rocce presenti in superficie.

«Stiamo scoprendo che le rocce sono rocce ovunque, con geofisica e geochimica molto simili», aggiunge la ricercatrice. La “morale” di tutto questo si legge nelle parole di Hilke Schlichting dell’Ucla, coautrice dello studio: «Se le rocce extraterrestri hanno una quantità di ossidazione simile a quella della Terra, allora è possibile concludere che il pianeta abbia tettoniche a placche e un potenziale per generare campi magnetici simili alla Terra, che sono ampiamente ritenuti ingredienti chiave per la vita. Questo studio è un passo in avanti nel riuscire a fare queste inferenze per i corpi al di fuori del nostro sistema solare e indica che è molto probabile che ci siano davvero analoghi della Terra».

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