Osservato nelle bande X e UV, il Sole appare disomogeneo e cosparso da archi magnetici brillanti – chiamati archi coronali – nei quali è confinato plasma a milioni di gradi. Gli archi appaiono più numerosi, compatti, caldi e brillanti in regioni chiamate regioni attive: regioni che si sviluppano attorno le macchie solari, dove il campo magnetico è più intenso. Uno dei problemi ancora non risolti della fisica solare è la natura del rilascio di energia che riscalda il plasma negli archi coronali fino a temperature così elevate. Una domanda riguarda se il rilascio sia graduale e continuo, oppure impulsivo.
Un team guidato dall’astronomo Fabio Reale (Università di Palermo e INAF – Osservatorio Astronomico di Palermo), del quale fanno parte anche ricercatori dello Harvard-Smithsonian Center for Astrophysics e dell’Università di Warwick, ha analizzato un sistema di archi coronali che appaiono più caldi degli altri archi presenti nella stessa regione attiva, ma luminosi solo per un periodo di qualche decina di minuti. Inoltre, questi archi appaiono intrecciarsi e intersecarsi nelle immagini, suggerendo che ci possa essere un’interazione tra loro. Immagini di questi archi ottenute dalla sonda della Nasa Iris (Interface Region Imaging Spectrograph) hanno permesso di identificare possibili eventi di riscaldamento impulsivo avvenuti ai piedi di queste arcate magnetiche.
Nello studio, recentemente pubblicato dalla rivista The Astrophysical Journal, è stato misurato l’andamento temporale della luminosità (ossia la curva di luce) in una banda Euv estratta da alcune parti degli archi grazie a osservazioni ottenute con la sonda Sdo (Solar Dynamics Observatory) della Nasa. Nelle curve di luce misurate è evidente che l’aumento e la successiva diminuzione dell’emissione sono modulate da oscillazioni periodiche, molto ampie. Queste oscillazioni di luminosità sono rivelate in più punti degli archi, e sono state studiate dal team che ha firmato lo studio attraverso simulazioni di flussi di plasma incanalati negli archi. Si è visto che questi modelli riescono a riprodurre bene le oscillazioni osservate, a condizione che i flussi vengano riscaldati e stimolati da impulsi di energia particolarmente brevi e intensi. Secondo il modello, il forte impulso innesca un fronte di pressione da ciascuno dei due piedi dell’arcata magnetica. I due fronti risalgono lungo l’arco, scontrandosi e rimbalzando indietro. Si creano dunque delle onde di pressione stazionarie avanti e indietro lungo gli archi che determinano le oscillazioni osservate nelle curve di luce.
«È un fenomeno che ha qualche analogia con quello dell’eco in un canyon», dice Reale, «onde sonore che rimbalzano avanti e indietro. Il modello, però, ci consente di risalire a ciò che dà energia a tutto il sistema, un po’ come quando gli investigatori si basano su prove indirette».
I risultati dello studio confermano che questi archi coronali si riscaldano e illuminano a causa di questi brevi impulsi di energia, che possono ad esempio essere innescati da violente riconnessioni magnetiche tra un arco e l’altro: un passo verso la comprensione dei meccanismi che forniscono il riscaldamento alla corona solare.
Per saperne di più:
- Leggi su The Astrophysical Journal l’articolo “Large-amplitude quasi-periodic pulsations as evidence of impulsive heating in hot transient loop systems detected in the EUV with SDO/AIA”, di Fabio Reale, Paola Testa, Antonino Petralia, Dmitrii Y. Kolotkov