Non solo “voraci” di materia e capaci di ingurgitare qualunque cosa venga a trovarsi nel loro raggio di azione, trascinato inesorabilmente dalla loro eccezionale forza di attrazione gravitazionale, i buchi neri possono essere in grado di innescare la formazione di nuove stelle in altre galassie, anche a distanze enormi. Questo è il risultato di uno studio guidato da Roberto Gilli, ricercatore dell’Istituto nazionale di astrofisica (Inaf), che suggerisce come i
getti di materia espulsi da un buco nero supermassiccio al centro di una lontanissima galassia abbiano creato onde d’urto che propagandosi hanno raggiunto altre galassie e compresso a tal punto il gas in esse contenuto da farlo condensare in nuove stelle.
«Questa è la prima volta che vediamo un singolo buco nero accendere la formazione stellare in più galassie contemporaneamente» dice Gilli, in forza all’Inaf di Bologna, primo autore dell’articolo pubblicato sulla rivista Astronomy & Astrophysics che descrive la scoperta. «È incredibile pensare che il buco nero di una galassia possa avere voce in capitolo su ciò che accade nelle altre galassie a miliardi di miliardi di chilometri di distanza». Questa scoperta, realizzata grazie a un fondamentale gioco di squadra, che ha permesso al team di Gilli di raccogliere e analizzare dati in varie bande dello spettro elettromagnetico, dai raggi X fino alle onde radio, con telescopi da terra e dallo spazio, se confermata mostrerebbe i più remoti effetti mai osservati di un buco nero sulla formazione stellare in altre galassie, registrati fino a distanze di un milione di anni luce.
Il buco nero supermassiccio osservato dal team di Gilli si trova al centro di una galassia a circa 9,9 miliardi di anni luce dalla Terra. Questa galassia ha almeno sette galassie compagne, secondo le osservazioni del Very Large Telescope (Vlt) dell’Osservatorio europeo meridionale (Eso) e di Lbt, il Large Binocular Telescope. Lbt è stato fondamentale per misurare la distanza della radio-galassia FRII e quindi determinare la sua appartenenza al gruppo di galassie scoperto.
Utilizzando il Karl Jansky Very Large Array, gli scienziati avevano precedentemente rilevato l’emissione di onde radio da un getto di particelle ad alta energia che si estende per circa un milione di anni luce. Il getto può essere ricondotto al buco nero supermassiccio, che il telescopio spaziale Chandra della Nasa ha rilevato come una potente fonte di raggi X prodotti dal gas caldo che spiraleggia intorno al buco nero. Gilli e colleghi hanno anche rilevato una nube diffusa di emissione di raggi X che circonda il getto radio. Questa emissione di raggi X è probabilmente dovuta a una gigantesca bolla di gas caldo prodotta dall’interazione delle particelle energetiche del getto radio con la materia circostante.
Quando la bolla calda si è espansa e ha attraversato quattro galassie vicine, potrebbe aver creato un’onda d’urto che ha compresso gas “fresco” nelle galassie, innescando così la formazione di nuove stelle. Tutte e quattro le galassie sono approssimativamente alla stessa distanza dal centro della bolla, circa 400mila anni luce. Gli autori stimano che il tasso di formazione delle stelle è aumentato di fattori compresi tra il 100 per cento e il 400 per cento circa.
«La storia di Re Mida parla del suo magico tocco che poteva tramutare il metallo in oro», dice Marco Mignoli, anche lui in forza all’Inaf di Bologna e coautore dello studio. «Qui ci troviamo di fronte a un buco nero che ha contribuito a trasformare il gas in stelle, e la sua portata è intergalattica».
Gli astronomi hanno visto molti casi in cui un buco nero modifica l’ambiente circostante attraverso quello che viene chiamato “feedback negativo”. Questo si verifica quando il buco nero soffoca la formazione stellare perché inietta sufficiente energia nel gas caldo che permea una galassia o di un ammasso di galassie, evitando così che si raffreddi e si trovi quindi in condizione di collassare e formare stelle. In questo nuovo gruppo di galassie recentemente scoperto, gli astronomi hanno trovato un esempio meno comune di feedback, quello positivo, dove gli effetti del buco nero aumentano il tasso di formazione stellare e sono molto più intensi ed estesi di quanto finora riscontrato in altre regioni dell’universo.
«I buchi neri hanno la consolidata reputazione di essere potenti e letali, ma non è sempre così», commenta il coautore Alessandro Peca, già all’Inaf di Bologna e ora dottorando all’Università di Miami. «Questo è un ottimo esempio di come a volte sfidino tale stereotipo e possano invece dar vita a nuove stelle».
Per saperne di più:
- Leggi su Astronomy & Astrophysics l’articolo “Discovery of a galaxy overdensity around a powerful, heavily obscured FRII radio galaxy at z=1.7: star formation promoted by large-scale AGN feedback?“, di R. Gilli, M. Mignoli, A. Peca, R. Nanni, I. Prandoni, E. Liuzzo, Q. D’Amato, M. Brusa, F. Calura, G.B. Caminha, M. Chiaberge, A. Comastri, O. Cucciati, F. Cusano, P. Grandi, R. Decarli, G. Lanzuisi, F. Mannucci, E. Pinna, P. Tozzi, E. Vanzella, C. Vignali, F. Vito, B. Balmaverde, A. Citro, N. Cappelluti, G. Zamorani e C. Norman