Avrebbe dovuto toccare il suolo lunare il 7 settembre scorso, il lander Vikram della missione Chandrayaan-2. Ma a circa due chilometri dalla meta – un piatto altopiano nei dintorni del Polo sud – i contatti con il centro di controllo della Isro, la Indian Space Research Organization, si interruppero improvvisamente, ponendo per il momento fine all’ambizione dell’India di diventare il quarto paese in grado di recapitare con successo una sonda sulla Luna – dopo le missioni di Unione Sovietica, Stati Uniti e Cina.
Superato il primo momento di sconcerto, esperti e volontari si misero all’opera per cercare di individuare i resti della sonda, impresa utile anche a stabilire le esatte cause del fallimento della missione. Già il giorno successivo fece il giro del mondo la notizia che la stessa Isro, con l’orbiter di Chandrayaan-2, aveva localizzato il lander ed era intenzionata a tentare di ristabilire i contatti, ma nessuna immagine fece seguito all’annuncio.
Risalgono invece al 17 settembre le prime immagini della zona del touchdown acquisite dal Lunar Reconnaissance Orbiter (Lro) della Nasa, rese pubbliche il 26 settembre e messe a disposizione di chiunque volesse cimentarsi nel ritrovamento. Ed è stato proprio un appassionato del settore, l’ingegnere informatico indiano Shanmuga Subramanian, a individuare in queste immagini quelli che potevano essere indizi dello schianto e a convincere il team di Lro a ritornare sul “luogo del delitto”.
Durante le acquisizioni successive, avvenute il 14 e 15 ottobre e l’11 novembre, le condizioni di luce erano molto più favorevoli – in particolare per le immagini di novembre, che hanno una risoluzione di 0.7 metri per pixel e un angolo di incidenza della luce di 72 gradi. E dal confronto fra queste immagini (vedi gif animata qui sopra) e quelle risalenti a prima dello schianto si è avuta la certezza che Shanmuga Subramanian ci ha visto giusto.