Il Sistema solare si è formato circa 4.5 miliardi di anni fa dal collasso di una nube molecolare. Al centro di questa nube è nata la nostra stella. Successivamente, a partire dai gas e dalle polveri presenti nel disco protoplanetario formatosi attorno al Sole, hanno avuto origine il nostro e gli altri pianeti. Un disco protoplanetario che, secondo uno studio pubblicato ieri su Nature Astronomy, insieme a gas e polveri “indigene” avrebbe incorporato anche polveri “esotiche”: grani di polvere proveniente dagli intorni di altre stelle, poi distribuiti in modo non uniforme in tutto il disco attorno al Sole, contribuendo così alla formazione dei pianeti, compreso il nostro. Grani di polvere di stelle giganti rosse, per essere precisi.
Il team che ha firmato lo studio, guidato da Mattias Ek dell’università di Bristol, è giunto a questa conclusione analizzando la composizione chimica e determinando l’abbondanza degli isotopi – le cosiddette anomalie isotopiche – di elementi pesanti presenti in diversi meteoriti e, più in dettaglio, focalizzando l’attenzione sulla composizione isotopica del palladio in meteoriti che originariamente facevano parte di nuclei di asteroidi distrutti molto tempo fa.
«Le proporzioni variabili di questi isotopi si comportano come un’impronta digitale», spiega Maria Schönbächler dell‘Eth di Zurigo, co-firmataria dell’articolo. «Ogni pianeta e ogni asteroide, quando si sono formati, hanno ottenuto la propria».
Questa composizione isotopica, valutata per sei gruppi di meteoriti ferrose, ha mostrato per alcuni isotopi abbondanze relative diverse da quelle che si osservano sulla Terra. Si tratta di anomalie isotopiche che possono essere spiegate supponendo che sia avvenuta un’iniezione di materia all’epoca della formazione del Sistema solare.
Un risultato, questo, che ha spinto i ricercatori a proporre un modello secondo il quale la polvere di stelle che ha contribuito alla formazione del Sistema solare consiste principalmente di materiale prodotto – come detto – da giganti rosse: stelle a fine vita che hanno esaurito il combustibile nel loro nucleo. Una sorte che, tra quattro o cinque miliardi di anni, toccherà anche al nostro Sole.
«Queste particolari polveri che si trovano nelle meteoriti hanno una composizione completamente diversa da qualunque altro materiale presente nel Sistema solare», dice a Media Inaf una delle autrici dell’articolo, l’astrofisica italiana Maria Lugaro, vincitrice nel 2016 di un Erc Consolidator Grant e oggi al Konkoly Observatory di Budapest, in Ungheria, e al Monash Centre for Astrophysics di Clayton, in Australia. «Tale composizione può essere prodotta solo tramite reazioni nucleari che avvengono a temperature di centinaia di milioni di gradi nelle zone interne delle stelle giganti rosse. Questo materiale molto esotico viene mescolato fino alla superficie stellare, dove si formano le polveri che vengono infine espulse dalla stella tramite venti e che, adesso, ritroviamo intatte nelle meteoriti. In particolare, quello che abbiamo scoperto è che il rapporto tra le abbondanze, per esempio, dell’isotopo del palladio 108 e 106 è diverso sulla Terra rispetto a quanto misurato per le meteoriti ferrose. Questo ci ha condotto a capire che la Terra contiene più polveri stellari che si sono portate dietro un diverso rapporto isotopico».
Ma i ricercatori hanno anche una spiegazione plausibile per un altro enigma, ovvero la maggiore abbondanza sulla Terra – rispetto a Marte, Vesta e altri asteroidi – di polvere stellare proveniente da giganti rosse. «Quando i pianeti si sono formati, le temperature vicino al Sole erano molto alte. Ciò ha causato l’evaporazione dei grani di polvere instabili, ad esempio quelli con la superficie ghiacciata», spiega Maria Schönbächler. «I grani di polvere delle giganti rosse, invece, erano meno soggetti alla distruzione, e si sono concentrati lì. Questo ci permette di spiegare perché la Terra è più arricchita di polvere di giganti rosse rispetto ad altri corpi nel Sistema solare».
Per saperne di più:
- Leggi su Nature Astronomy l’articolo “The origin of s-process isotope heterogeneity in the solar protoplanetary disk”, di Mattias Ek, Alison C. Hunt, Maria Lugaro e Maria Schönbächler