Si chiamano Tgf, dalle iniziali di terrestrial gamma-ray flash: lampi di raggi gamma che, a differenza dei gamma-ray burst, hanno origine non in qualche remota galassia bensì poco al di sopra delle nostre teste. Per la precisione, al di sopra delle nubi temporalesche. Fenomeni dunque difficili da studiare stando al livello del suolo, ma alla portata di strumenti a bordo, per esempio, della Stazione spaziale internazionale, che orbitando a circa 400 km di altitudine offre un punto di vista ideale per osservarli dall’alto. Ed è infatti grazie a uno strumento installato nel 2018 sulla Iss – Asim, l’Atmospher Space Interaction Monitor dell’Esa – che un team di ricercatori guidato da Torsten Neubert della Technical University of Denmark, principal investigator di Asim, è riuscito a comprendere esattamente in quale punto, e attraverso quale sequenza, questi potentissimi fenomeni – i più energetici fra quelli terrestri di origine naturale, con fotoni che raggiungono le decine di milioni di elettronvolt – hanno origine.
I risultati, appena pubblicati in tre diversi articoli sul Journal of Geophysical Research: Atmospheres, sul Journal of Geophysical Research: Space Physics e su Science, sono stati presentati anche al meeting autunnale dell’Agu, l’American Geophysical Union, in corso in questi giorni a San Francisco. Grazie, appunto, ai dati di Asim, il primo esperimento al mondo con strumenti appositamente progettati per immortalare e analizzare contemporaneamente sia il lampo gamma che il fulmine in luce visibile, i ricercatori sono riusciti a rivelare il raggio di elettroni prodotto da un Tgf.
«Si tratta di raggi estremamente collimati», spiega David Sarria della University of Bergen (Norvegia), primo autore di uno dei tre articoli. «Deve essere diretto esattamente verso di te, perché tu possa rivelarlo. Occorre essere nel posto giusto al momento giusto». Nel settembre del 2018, Asim si trovava proprio lì, nel posto giusto, al momento giusto: a bordo della Stazione spaziale, durante una tempesta. Quando un fascio di elettroni sparato inizialmente verso lo spazio venne catturato dal campo magnetico terrestre e deviato esattamente verso la Stazione spaziale, a 650 km di distanza, dove i rivelatori di Asim l’hanno intercettato. Un segnale di appena due millisecondi.
Gli altri risultati riguardano la prima rivelazione di un Tgf insieme a un “elfo” – dall’inglese elve, acronimo di Emission of Light and Very Low Frequency perturbations due to Electromagnetic Pulse Sources – e, soprattutto, la ricostruzione della sequenza d’origine e formazione di un Tgf.
«Comincia tutto con la nascita di un leader: un sottile canale conduttivo che si fa strada rapidamente verso l’alto fra le diverse regioni cariche all’interno di una nube temporalesca», spiega a Media Inaf uno dei coautori dei tre articoli, Martino Marisaldi, professore anch’egli alla University of Bergen e associato all’Inaf Oas di Bologna. La corrente che scorre nel leader per ora è bassa, ma è sufficiente a scaldare l’aria al suo interno. Emettendo luce, può essere osservata dai sensibili fotorivelatori a bordo di Asim. Ma questo è solo l’inizio della storia. Quando il leader si avvicina all’estremità superiore della nube, può innescare un brevissimo ma molto intenso lampo di raggi gamma, un cosiddetto terrestrial gamma-ray flash, o Tgf, anche questo misurato dai rivelatori di alta energia di Asim. Il leader può poi continuare la sua corsa, ma poco dopo – al massimo pochi decimi di millisecondo – l’interruttore, per così dire, fra le diverse regioni di carica della nube si chiude. E un’enorme corrente fluisce attraverso il leader, producendo la luce – ancora una volta misurata da Asim – che noi comunemente percepiamo come un lampo, un fulmine all’interno della nube».
«Ma la storia non finisce qui. In alcuni casi», continua Marisaldi, «oltre alla normale luce “rossa” associata al fulmine, osserviamo anche un rapidissimo lampo di luce ultravioletta simultaneo al Tgf. Questa è la firma caratteristica di un elve: una brevissima emissione luminosa innescata nella ionosfera, a circa cento km di altezza, dal potentissimo impulso elettromagnetico generato, probabilmente, dallo stesso impulso di carica all’origine del Tgf. Questa associazione fra Tgf ed elve, finora solo teorizzata, è stata osservata per la prima volta da Asim grazie alla possibilità di eseguire simultaneamente osservazioni nelle bande della luce visibile, ultravioletta e nei raggi gamma».
Per saperne di più:
- Leggi sul Journal of Geophysical Research: Atmospheres l’articolo “First ten months of TGF observations by ASIM“, di N. Østgaard, T. Neubert, V. Reglero, K. Ullaland, S. Yang, G. Genov, M. Marisaldi, A. Mezentsev, P. Kochkin, N. Lehtinen, D. Sarria, B.H. Qureshi, A. Solberg, C. Maiorana, K. Albrechtsen, C. Budtz‐Jørgensen, I. Kuvvetli, F. Christiansen, O. Chanrion, M. Heumesser, J. Navarro‐Gonzalez, P. Connell, C. Eyles, H. Christian e S. Al‐Nussirat
- Leggi sul Journal of Geophysical Research: Space Physics l’articolo “The First Terrestrial Electron Beam Observed by the Atmosphere-Space Interactions Monitor“, di D. Sarria, P. Kochkin, N. Østgaard, N. Lehtinen, A. Mezentsev, M. Marisaldi, B. E. Carlson,, C. Maiorana, K. Albrechtsen, T. Neubert, V. Reglero, K. Ullaland, S. Yang, G. Genov, B. H. Qureshi, C. Budtz-Jørgensen, I. Kuvvetli, F. Christiansen, O. Chanrion, M. Heumesser, K. Dimitriadou, J. Navarro-González, P. Connell e C. Eyles
- Leggi su Science l’articolo “A terrestrial gamma-ray flash and ionospheric ultraviolet emissions powered by lightning“, di
Torsten Neubert, Nikolai Østgaard, Victor Reglero, Olivier Chanrion, Matthias Heumesser, Krystallia Dimitriadou, Freddy Christiansen, Carl Budtz-Jørgensen, Irfan Kuvvetli, Ib Lundgaard Rasmussen, Andrey Mezentsev, Martino Marisaldi,, Kjetil Ullaland, Georgi Genov, Shiming Yang, Pavlo Kochkin, Javier Navarro-Gonzalez, Paul H. Connell e Chris J Eyles