Le pulsar sono stelle di neutroni che ruotano fino a centinaia di volte ogni secondo, irradiando ad intervalli regolari, sotto la spinta del potente campo magnetico che possiedono, radiazione elettromagnetica dai due poli: onde radio – da cui il nome di ‘pulsar’, sorgente radio pulsante, per le prime scoperte – ma anche radiazione X. Insomma, sono vere e proprie trottole spaziali, studiate per decenni con l’obiettivo di comprenderne il loro straordinario meccanismo di funzionamento.
Grazie alle osservazioni effettuate da luglio 2017 a dicembre 2018 con Nicer (Neutron star Interior Composition Explorer), il telescopio a raggi X a bordo della Stazione spaziale internazionale, capace di intercettare la radiazione X con una precisione 20 volte superiore di quanto fosse possibile prima, due gruppi di scienziati sono ora riusciti a ottenere nuovi risultati su questi affascinanti oggetti astronomici.
«Là dal suo trespolo all’esterno della Stazione spaziale, Nicer sta rivoluzionando la nostra comprensione delle pulsar», dice Paul Hertz, direttore della divisione di astrofisica presso il quartier generale della Nasa a Washington. «Le pulsar sono state scoperte più di 50 anni fa come fari cosmici originati da stelle ollassate in nuclei densi, e mostrano un comportamento mai visto sulla Terra. Con Nicer possiamo sondare la natura di questi densi avanzi di stelle in modi che finora sembravano impossibili».
Ciò che i due gruppi di scienziati sono riusciti a ottenere sono le prime misurazioni precise e affidabili sia della dimensione che della massa della pulsar al millisecondo J0030 + 0451: una trottola da 205 giri al secondo a 1100 anni luce di distanza da noi, nella costellazione dei Pesci, che emette, oltre che nel radio, anche in banda X. I risultati sono riportati in una serie di sette articoli pubblicati su The Astrophysical Journal Letters, e ora disponibili online.
Il team guidato da Thomas Riley, dottorando di astrofisica computazionale all’università di Amsterdam, ha determinato per la pulsar una massa circa 1,3 volte quella del Sole e un diametro di 25.4 chilometri. L’altro team, guidato da Cole Miller dell’università del Maryland, ha stimato invece una massa di circa 1,4 volte quella del Sole con un diametro leggermente più grande, circa 26 km.
«Le misurazioni senza precedenti dei raggi X fatte da Nicer ci hanno permesso di effettuare i calcoli a oggi più precisi e affidabili delle dimensioni di una pulsar, con un’incertezza inferiore al 10 per cento» spiega Miller.
Come dicevamo in apertura, i ricercatori, effettuando simulazioni al computer, hanno anche ottenuto le prime mappe che siano state mai prodotte dei “punti caldi” – i cosiddetti hot spots – presenti sulla superficie di una pulsar. «Oltre a emettere nel radio, queste stelle emettono anche nella banda X», spiega a Media Inaf Antonino D’Aì, ricercatore all’Istituto di astrofisica spaziale e fisica cosmica dell’Inaf di Palermo ed esperto di pulsar, al quale abbiamo chiesto un commento. «L’emissione X proviene per la maggior parte da regioni piccole poste sulla superficie della stella di neutroni dette hot spots, le cui dimensioni e posizioni sulla superficie determinano il profilo dell’impulso pulsato. La forma, la temperatura e la posizione degli hot spots è una funzione delle dimensioni e della compattezza (cioè del rapporto tra massa e raggio) della stella di neutroni. Il parametro di compattezza di una stella di neutroni è qualcosa che ancora non conosciamo bene, ed esistono diverse equazioni teoriche che legano massa e raggio di una stella di neutroni. Determinare con un’incertezza piccola questo valore di compattezza ha un valore enorme per scegliere quale sia l’equazione di stato vera per la materia ultra-densa».
Punti caldi dai quali avviene l’emissione, dunque, e che secondo il modello dei due poli si trovano su entrambi i poli magnetici – nord e sud – della stella di neutroni. Stando alle mappe ottenute dai ricercatori, però, sarebbero invece presenti in un solo emisfero, quello sud. E sarebbero diversi da quanto atteso anche per numero e forma. La mappa del gruppo di Riley, in particolare, identifica all’emisfero sud due punti caldi, uno piccolo e circolare e l’altro lungo e a forma di mezzaluna. Il gruppo di Miller, invece, ha trovato due possibili e ugualmente probabili configurazioni degli hot spots: uno corrisponde perfettamente al modello trovato dalla squadra di Riley, l’altro aggiunge un terzo punto leggermente inclinato rispetto al polo di rotazione sud della pulsar.
Gli studi su J0030 sono i primi a mappare queste caratteristiche di superficie. Gli scienziati stanno ora cercando di determinare perché i punti di J0030 siano disposti e modellati così come sono. Per ora, ciò che è chiaro è che i campi magnetici delle pulsar sono più complicati del tradizionale modello a due poli.
«È straordinario, e anche molto rassicurante, che i due team abbiano raggiunto dimensioni, masse e pattern di hot spots simili per J0030 utilizzando approcci di modellazione diversi», dice Zaven Arzoumanian, responsabile scientifico di Nicer al Goddard Space Flight Center della Nasa, a Greenbelt, nel Maryland. «Questo ci dice che Nicer è sulla strada giusta per aiutarci a rispondere a una domanda fondamentale in astrofisica: quale forma assume la materia nei nuclei ultra densi delle stelle di neutroni?».
Per saperne di più:
- Leggi gli articoli disponibili online su The Astrophysical Journal Letters
Guarda il video sul canale YouTube della Nasa: