Protagonista di questa immagine – ripresa dallo Spitzer Space Telescope della Nasa – è la nube molecolare di Perseo, un complesso di gas e polvere che si estende per oltre 500 anni luce all’interno del Braccio di Orione, ad appena 1000 anni luce dal Sistema solare, in direzione della costellazione di Perseo, da cui prende il nome. Sede di un’abbondanza di giovani stelle, ha attirato l’attenzione degli astronomi per decenni, e Spitzer non poteva non dare un’occhiata con i suoi potenti occhi infrarossi.
Lo strumento Spitzer Multiband Imaging Photometer (Mips) ha catturato questa immagine durante la cold mission di Spitzer, iniziata nel 2003 e terminata nel 2009, quando a bordo è finito l’elio, il liquido che serviva per raffreddare il telescopio spaziale e consentire agli strumenti di funzionare a bassissime temperature. Da quel momento è iniziata la warm mission di Spitzer, che utilizza due moduli della InfraRed Array Camera (Irac) la cui sensibilità non è stata deteriorata dall’esaurimento dell’elio.
La luce infrarossa non può essere vista dall’occhio umano, ma tutti gli oggetti caldi, dai corpi umani alle nubi di polvere interstellare, la emettono. Le radiazioni infrarosse emesse dalla polvere generano gran parte del bagliore evidente nella nube molecolare di Perseo. Grappoli di stelle, come quelli presenti vicino al lato sinistro dell’immagine, emettono ancora più luce infrarossa e illuminano le nubi circostanti come il Sole illumina un cielo nuvoloso al tramonto. Gran parte della polvere vista in questa zona emette poca o nessuna luce visibile (in effetti, la polvere blocca la luce visibile) e viene quindi rivelata più chiaramente con osservatori a infrarossi come Spitzer.
Sul lato destro dell’immagine c’è un gruppo luminoso di giovani stelle noto come Ngc 1333, che Spitzer ha osservato più volte. Si trova a circa 1000 anni luce dalla Terra. Sembra lontano, ma in realtà è molto vicino rispetto alle dimensioni della nostra galassia, il cui diametro è di circa 100mila anni luce. La vicinanza di Ngc 1333 e le forti emissioni a infrarossi l’hanno resa ben visibile agli astronomi già dai tempi in cui sono stati utilizzati i primi strumenti a infrarossi. Alcune delle sue stelle furono osservate per la prima volta a metà degli anni ’80 con l’Infrared Astronomical Survey (Iras), una missione congiunta tra Nasa, Regno Unito e Paesi Bassi. Iras è stato il primo telescopio spaziale a infrarossi e ha osservato il cielo a lunghezze d’onda infrarosse bloccate dall’atmosfera terrestre, regalandoci la prima vista in assoluto dell’universo a quelle lunghezze d’onda.
Su Ngc 1333 sono stati scritti più di 1200 articoli, ed è stata studiata in altre lunghezze d’onda della luce da numerosi satelliti, incluso lo Hubble Space Telescope, che rileva la luce per lo più visibile, e l’osservatorio a raggi X Chandra della Nasa. Molte giovani stelle dell’ammasso stanno espellendo enormi quantità di materiale – lo stesso materiale che forma la stella – nello spazio. Quando il materiale viene espulso, si riscalda e si scontra con il mezzo interstellare circostante. Questi fattori fanno irradiare i getti in modo molto brillante e possono essere visti molto bene dagli astronomi, che nel complesso riescono ad avere una visione chiara di come le stelle passano da un’adolescenza a volte turbolenta all’età adulta, più calma.
Altri ammassi di stelle visibili al di sotto di Ngc 1333 sono circondati da un affascinante mistero: sembrano contenere stelle neonate, adolescenti e adulte. Secondo Luisa Rebull, astrofisica dell’Infrared Science Archive della Nasa che ha studiato Ngc 1333 e alcuni degli ammassi sottostanti, un mix così fitto ed eterogeneo in termini di età è estremamente raro. Sebbene molte stelle possano formarsi insieme in gruppi ristretti, invecchiando tendono a spostarsi sempre più lontano, e vedere stelle di età così differenti così vicine fra loro fa sorgere qualche dubbio. «Questa regione», dice Rebull, «ci sta indicando che c’è qualcosa che non abbiamo ancora capito sulla formazione stellare».
Dalle prime osservazioni di Iras, i nuovi strumenti caratterizzati da una sensibilità molto migliore hanno permesso di svelare alcuni dei misteri della regione. Il 30 gennaio 2020 la Nasa manderà in pensione lo Spitzer Space Telescope, ma la sua eredità ha spianato la strada ai prossimi osservatori spaziali, tra cui il James Webb Space Telescope, che osserverà nell’infrarosso e permetterà agli astronomi di addentrarsi in questa regione e scorgerne particolari che miglioreranno ulteriormente la comprensione dell’universo.
Per saperne di più sullo Spitzer Space Telescope:
- Vai alla pagina dedicata della Nasa