Le comete hanno un nucleo costituito da ghiaccio e polvere dal quale – quando viene riscaldato dalla luce solare – sublima materia, a formare una chioma gassosa. La miscela di molecole presenti in queste chiome corrisponde in gran parte alle previsioni teoriche, con un’eccezione di rilievo: l’azoto gassoso, che di solito è presente in quantità molto più ridotte del previsto.
«La causa di questa scarsità dell’azoto è rimasta fino a oggi un’importante domanda aperta nella scienza delle comete», dice Kathrin Altwegg dell’Università di Berna, in Svizzera, principal investigator dello strumento Rosina (Rosetta Orbiter Spectrometer for Ion and Neutral Analysis) e prima autrice di uno studio sull’argomento pubblicato ieri su Nature Astronomy. «Utilizzando le osservazioni compiute da Rosina sulla cometa 67P, abbiamo scoperto che questo azoto “mancante” può in realtà essere legato a sali di ammonio, difficilmente rilevabili nello spazio».
L’ammoniaca – molecola composta da un atomo di azoto e tre atomi di idrogeno – è uno fra i principali portatori di azoto volatile, e si combina facilmente con vari acidi che si trovano sia nello spazio interstellare che nei ghiacci delle comete per formare i sali. Si pensa che questi sali di ammonio siano il punto di partenza per composti molto più complessi, come urea e glicina (trovata anche sulla cometa 67/P). Composti noti per essere i precursori della vita così come la conosciamo sulla Terra.
«Dal punto di vista astrobiologico, trovare sali di ammonio sulla cometa è estremamente eccitante», aggiunge Altwegg. «È una scoperta che evidenzia quanto si possa imparare da questi intriganti oggetti celesti».
Altwegg e colleghi hanno utilizzato i dati raccolti da Rosina durante la fase finale della missione, nel settembre 2016, quando Rosetta stava effettuando sorvoli ravvicinati della cometa. L’acquisizione di questi dati è avvenuta in modo fortuito: quando Rosetta si è spinta più che mai vicina a 67/P – a meno di due chilometri dalla superficie – è stata completamente avvolta dalla polvere.
«A causa dell’ambiente polveroso della cometa e della rotazione della Terra, non fummo in grado di comunicare prontamente con Rosetta attraverso le nostre antenne. Ci toccò attendere fino al mattino successivo per ristabilire il collegamento. Quella notte, nessuno di noi dormì bene», ricorda Altwegg. « Ma sia Rosetta che Rosina si comportarono in modo impeccabile, misurando perfettamente gli spettri di massa più abbondanti e più diversificati mai raccolti prima d’allora, e rivelando molti composti che non avevamo mai visto prima su 67/P».
Un altro recente studio ha utilizzato i dati ottenuti grazie a un altro strumento in dotazione a Rosetta: Virtis (Visible and Infrared Thermal Imaging Spectrometer), uno spettrometro “made in Italy” che ha operato fino a maggio 2015 per esplorare le proprietà del nucleo della cometa. I ricercatori hanno analizzato diversi milioni di spettri infrarossi raccolti con Virtis, e hanno scoperto chiari segni di catene di idrogeno e carbonio, note come composti alifatici organici. Mai prima d’allora tali composti erano stati individuati sulla superficie di un nucleo cometario.
«Capire da dove questi composti alifatici provengano e quando si siano formati è estremamente importante, perché sono ritenuti elementi essenziali per la vita così come la conosciamo», spiega il primo autore dello studio (ne abbiamo parlato la settimana scorsa su Media Inaf) che descrive questo risultato, Andrea Raponi dell’Istituto nazionale di astrofisica. «L’origine di materiali come questi che si trovano nelle comete è cruciale per la nostra comprensione non solo del Sistema solare, ma dei sistemi planetari in tutto l’universo».
Le comete arrivano lanciate verso il Sole dall’esterno del Sistema solare, e nel corso del loro viaggio possono trasportare materiale verso i pianeti interni. Si pensa che questo materiale provenga dal Sole giovane, ancora in formazione, o dal mezzo interstellare.
«Abbiamo scoperto che il nucleo della cometa 67/P ha una composizione simile al mezzo interstellare, il che indica che la cometa contiene materiale presolare inalterato», dice uno fra i coautori dello studio, Fabrizio Capaccioni, direttore dell’Inaf Iaps di Roma e principal investigator di Virtis. «Questa composizione è condivisa anche dagli asteroidi e da alcune meteoriti che abbiamo trovato sulla Terra, suggerendo che questi antichi corpi rocciosi abbiano catturato vari composti della nube primordiale che ha poi formato il Sistema aolare»
«Ciò può significare che almeno una frazione dei composti organici del Sistema solare primitivo proveniva direttamente dal più ampio mezzo interstellare, e quindi che anche altri sistemi planetari possano avere avuto accesso a questi composti», aggiunge Raponi.
Rosetta ha esplorato la cometa 67/P per oltre due anni, concludendo la sua missione con un atterraggio di fortuna sulla cometa stessa, il 30 settembre 2016.
«Anche se le operazioni di Rosetta sono terminate più di tre anni fa, ci regala ancora una quantità incredibile di nuova scienza e rimane una missione davvero innovativa», conclude Matt Taylor, Rosetta Project Scientist dell’ESA. «Questi studi hanno affrontato un paio di questioni aperte nella scienza delle comete: perché le comete sono povere di azoto e da dove ricavano il loro materiale. Scoperte stimolanti come queste ci aiutano a capire molto di più non solo le comete stesse, ma anche la storia, le caratteristiche e l’evoluzione del nostro intero vicinato cosmico».