Non erano trascorse che poche centinaia di milioni di anni dalla sua formazione, e già il nostro pianeta aveva messo insieme un’efficace armatura in grado di proteggerlo dalla minacciosa esuberanza solare. Il nostro primo scudo magnetico, stima uno studio uscito ieri su Pnas, risalirebbe infatti ad almeno 4.2 miliardi di anni fa. Il meccanismo che lo sosteneva era assai diverso da quello che ci difende oggi, ma altrettanto intenso. E il suo ruolo fu decisivo per salvaguardare l’atmosfera terrestre.
Un meccanismo differente da quello attuale, dicevamo. Lo scudo magnetico odierno è generato nel cosiddetto nucleo esterno: l’intenso calore che emana dal nucleo interno della Terra fa turbinare il nucleo esterno, composto da ferro liquido, producendo correnti elettriche e dando origine alla cosiddetta geodinamo, che alimenta il campo magnetico terrestre. Questo oggi. Ma il nucleo interno è una struttura relativamente giovane: avrebbe appena 565 milioni di anni, stimano le ricerche condotte dal primo autore dello studio, John Tarduno della University of Rochester (Stati Uniti).
E prima? Tutti i dati a disposizione indicano che un campo magnetico fosse presente anche in epoche precedenti alla formazione del nucleo interno, ma il processo che lo alimentava doveva essere necessariamente diverso. Quale? «Riteniamo che il meccanismo fosse quello della precipitazione chimica dell’ossido di magnesio all’interno della Terra», dice Tarduno. Ossido di magnesio che venne probabilmente sciolto a seguito del calore estremo prodotto dal gigantesco impatto – all’origine della Luna – fra la Terra e Theia. Man mano che l’interno della Terra si raffreddava, la conseguente precipitazione dell’ossido di magnesio sosteneva i moti convettivi, dando così origine alla geodinamo primordiale.
Oltre a proporre questo processo come motore del paleomagnetismo, lo studio pubblicato ora su Pnas ne stima anche l’intensità. E qui arriva la seconda sorpresa. Si riteneva infatti che, in passato, il campo magnetico terrestre fosse più debole di quello attuale, ma l’analisi condotta da Tarduno e colleghi su minuscoli cristalli di zirconio – il più antico materiale terrestre conosciuto – raccolti in Australia suggerisce, al contrario, che dovesse essere piuttosto intenso (vedi grafico qui sotto).
Una conclusione con rilevanti conseguenze per quanto riguarda l’abitabilità della Terra. «Il campo magnetico primordiale ebbe un ruolo cruciale: salvaguardò l’atmosfera e prevenne la rimozione dell’acqua dalla Terra degli albori, quando i venti solari erano più intensi», spiega infatti Tarduno.
Ma il meccanismo di generazione del campo magnetico non riguarda solo la Terra: gioca un ruolo fondamentale anche per altri pianeti dentro e fuori dal Sistema solare. Una teoria oggi molto condivisa, ad esempio, prevede che anche nel passato di Marte ci fosse un campo magnetico. Un campo successivamente collassato, proprio come avvenne a quello primordiale terrestre quando l’ossido di magnesio si esaurì, senza però – a differenza di quant’è successo sulla Terra – che ne subentrasse uno nuovo. «Quando Marte perse il suo scudo magnetico, perse anche l’acqua. Ciò che ancora non sappiamo è perché lo scudo magnetico sia collassato. E c’è di più: una schermatura magnetica precoce è importante, ma siamo anche interessati alla sostenibilità del campo magnetico. Il nostro studio fornisce ulteriori dati per comprendere l’insieme di processi che mantengono lo scudo magnetico della Terra».
Per saperne di più:
- Leggi sui Proceedings of the National Academy of Sciences l’articolo “Paleomagnetism indicates that primary magnetite in zircon records a strong Hadean geodynamo”, di John A. Tarduno, Rory D. Cottrell, Richard K. Bono, Hirokuni Oda, William J. Davis, Mostafa Fayek, Olaf van ’t Erve, Francis Nimmo, Wentao Huang, Eric R. Thern, Sebastian Fearn, Gautam Mitra, Aleksey V. Smirnov e Eric G. Blackman