ALIMENTA L’EMISSIONE DELLE REGIONI CHE LI COLLEGANO

Ammassi galattici, il segreto è la turbolenza

Due astrofisici teorici italiani – Gianfranco Brunetti dell’Istituto nazionale di astrofisica e Franco Vazza dell'Università di Bologna – rivelano il misterioso meccanismo all’origine dei ponti radio fra ammassi di galassie scoperti dal radiotelescopio Lofar. La ricerca su Physical Review Letters

     24/01/2020

A sinistra, mappa dell’emissione termica in banda X, a destra il flusso di energia della turbolenza per la stessa porzione di spazio ottenuti dalle simulazioni utilizzate. Crediti: F. Vazza

Nell’ultimo anno le osservazioni con il radiotelescopio Europeo Lofar hanno scoperto emissione radio di sincrotrone, prodotta dall’interazione di elettroni con campi magnetici nelle regioni che connettono ammassi di galassie e che si estendono su distanze enormi, oltre 10 milioni di anni luce  e mai esplorate prima. Tali emissioni individuano la presenza di un tenue ponte gassoso che collega ammassi galattici in una fase di pre-merger, ossia miliardi di anni prima della collisione vera e propria fra i loro due centri, densi di gas, materia oscura e galassie.

Le osservazioni di Lofar hanno scoperto un fenomeno sorprendente e inatteso e hanno posto una domanda fondamentale: da dove viene l’energia e quali sono i meccanismi che alimentano queste emissioni? Due ricercatori dell’istituto nazionale di astrofisica (Inaf) e del Dipartimento di fisica e astronomia (Difa) dell’Università di Bologna hanno fornito una spiegazione che è stata così convincente da essere accettata per la pubblicazione sulla rivista Physical Review Letters.

«Sappiamo che durante la collisione fra due ammassi viene dissipata tantissima energia tramite onde d’urto e turbolenza nel gas intergalattico e si generano emissioni radio la cui origine – oggi – è abbastanza compresa», dice Gianfranco Brunetti, astrofisico dell’Inaf di Bologna. «Il problema è che con Lofar abbiamo scoperto che esiste emissione anche ben al di fuori degli ammassi, da enormi ponti di materia sospesi tra ammassi che ancora non si sono scontrati tra di loro, e in questo caso i meccanismi fisici restavano un mistero non essendo chiaro nemmeno quale fosse la sorgente che li alimenta».

Per dare una spiegazione al complesso problema, i ricercatori italiani hanno utilizzato simulazioni numeriche avanzate. Usando il supercomputer Juwels del centro di calcolo di Julich (in Germania), i ricercatori hanno potuto simulare ammassi in fase di pre-collisione come quelli visti da Lofar, e hanno scoperto che il tenue gas che riempie la regione fra gli ammassi è molto più turbolento di quanto ci si aspettava.

«Sapevamo già che il gas fra due grandi ammassi in fase di collisione viene compresso, ma con le nostre simulazioni abbiamo scoperto che il gas in queste regioni diventa anche molto turbolento, ben prima della collisione vera e propria», spiega Franco Vazza, ricercatore del Difa, che ha condotto queste simulazioni nell’ambito del suo progetto europeo Magcow, finanziato dall’Unione europea per cinque anni.

«Sappiamo che la turbolenza può amplificare i campi magnetici e accelerare particelle relativistiche, che sono gli ingredienti che servono a produrre la radiazione vista da Lofar», aggiunge Brunetti. «Abbiamo quindi scoperto da dove viene l’energia che probabilmente alimenta l’emissione vista da Lofar: dalla turbolenza».

La scenario proposto, di fatto, promuove le emissioni radio a traccianti della dissipazione dell’energia nei filamenti che collegano gli ammassi e apre una nuova finestra osservativa per l’osservazione e per lo studio della dinamica del cosmic web, ovvero della colossale –ma elusiva – ragnatela nella quale la materia cosmica si raggruppa su scale di centinaia di milioni di anni luce.

«Se questo meccanismo proposto operasse in modo sistematico in tutte le coppie di ammassi interagenti nell’universo e nei ponti di materia che li connettono, in modo simile a quanto mostrato dalle simulazioni», suggerisce Vazza, «ci potremmo aspettare che grazie a Lofar – e in un futuro più prossimo anche allo Square Kilometre Array) – una selva di questa nuova tipologia di oggetti inizi a comparire nelle prossime scansioni del cielo radio, aumentando a dismisura la nostra capacità di studiare il cosmic web».

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