In base a un nuovo studio condotto da un team internazionale di ricercatori guidati dall’Università di Berkeley, le onde gravitazionali potrebbero portare con sé le prove a sostegno della teoria secondo la quale le condizioni per la vita – e più in generale per la materia di cui siamo fatti – sono riuscite a sopravvivere al Big Bang grazie a una transizione di fase che ha permesso ai neutrini di rimpastare materia e antimateria.
Come ci siamo salvati dalla distruzione totale di materia e antimateria – la cosiddetta annichilazione – non è una questione di fantascienza o di un film di Hollywood.
Secondo la teoria del Big Bang, materia e antimateria sarebbero state create in parti uguali e avrebbero dovuto incontrarsi e annichilarsi, annientando completamente l’intero universo.
È evidente che la nostra esistenza contraddice questa eventualità. Per superare il completo annientamento di materia e antimateria, l’universo deve aver trasformato una piccola quantità di antimateria in materia, creando quel leggero squilibrio a favore della materia che ci ha permesso di esistere. Ebbene, lo squilibrio tra materia e antimateria necessario a giustificare la nostra presenza è di solo uno su un miliardo. Quando e come si sia verificato tale sbilanciamento rimane un mistero.
Poiché materia e antimateria hanno cariche elettriche opposte, non possono trasformarsi l’una nell’altra, a meno che non siano elettricamente neutre. I neutrini sono le uniche particelle elementari di materia che conosciamo elettricamente neutre, e pertanto sono i candidati migliori per generare questo sbilanciamento. Una teoria che molti ricercatori sostengono è che l’universo abbia attraversato una transizione di fase che ha permesso ai neutrini di cambiare l’equilibrio tra materia e antimateria.
«Una transizione di fase è quella che si ha, ad esempio, quando l’acqua bollente diventa vapore o quando l’acqua a basse temperature diventa ghiaccio. Il comportamento della materia cambia in corrispondenza a temperature specifiche chiamate temperature critiche. Quando un determinato metallo viene raffreddato a una bassa temperatura, perde completamente la resistenza elettrica attraverso una transizione di fase, diventando un superconduttore. I superconduttori sono alla base della tomografia a risonanza magnetica (Mri) per la diagnosi del cancro o dei treni a levitazione magnetica (tecnologia Maglev). Proprio come un superconduttore, la transizione di fase avvenuta nell’universo primordiale potrebbe aver creato un canale molto sottile di campi magnetici chiamati stringhe cosmiche», spiega il coautore Hitoshi Murayama, professore di fisica presso Berkeley, Università della California, principal investigator presso il Kavli Institute for Physics and Mathematics of the Universe e scienziato del Lawrence Berkeley National Laboratory.
I ricercatori del team, provenienti da Giappone, Stati Uniti e Canada, ritengono che le stringhe cosmiche portino a piccole oscillazioni dello spaziotempo – le onde gravitazionali – che potrebbero essere rilevate da futuri osservatori spaziali – come Lisa, Bbo (il Big Bang Observatory dell’Esa) o Decigo (il Deci-hertz Interferometer Gravitational wave Observatory della Jaxa) – per quasi tutte le possibili temperature critiche.
«La recente scoperta delle onde gravitazionali apre una nuova finestra per guardare più indietro nel tempo, poiché fin dall’inizio l’universo è trasparente alla gravità. Quando l’universo era da migliaia a milioni di miliardi di volte più caldo del luogo più caldo dell’universo attuale, è probabile che i neutrini si siano comportati in modo tale da garantire la nostra sopravvivenza. Abbiamo dimostrato che potrebbero aver lasciato un fondo di onde gravitazionali rilevabili per farcelo sapere», dice il co-autore Graham White.
Le stringhe cosmiche, un tempo piuttosto popolari quali possibili responsabili delle piccole variazioni nelle densità di massa che hanno portato alla formazione delle stelle e delle galassie, non sono state verificate sperimentalmente, e la teoria delle stringhe ha perso la sua popolarità, uscendo sommessamente dalla porta. Con questo lavoro le stringhe fanno di nuovo capolino dalla finestra, per spiegare però una cosa diversa. Le onde gravitazionali di cui si vuole andare a caccia hanno uno spettro molto diverso da quello delle onde gravitazionali generate da sorgenti astrofisiche, come ad esempio la fusione di buchi neri. Secondo gli autori, è ragionevole assumere che saremo in grado di riconoscere le onde gravitazionali generate da stringhe cosmiche, e riuscire a fare un passo avanti verso la comprensione del perché esistiamo.
Per saperne di più:
- Leggi su Physical Review Letters l’articolo “Testing Seesaw and Leptogenesis with Gravitational Waves” di Jeff A. Dror, Takashi Hiramatsu, Kazunori Kohri, Hitoshi Murayama e Graham White