Dopo due rinvii, uno dovuto a un problema tecnico e l’altro a condizioni meteorologiche sfavorevoli, la sonda europea Solar Orbiter diretta al Sole è stata lanciata dalla base statunitense di Cape Canaveral, in Florida, con un razzo Atlas 5 alle 5:03 ora italiana di oggi 10 febbraio 2020. Alle 6:01 è stato acquisito il segnale di telemetria della sonda.
Inizia così la missione più ambiziosa mai organizzata diretta alla nostra stella, realizzata dall’Agenzia Spaziale Europea (Esa) e condotta in collaborazione con la Nasa. Per saperne di più abbiamo intervistato Clementina Sasso, ricercatrice dell’Inaf di Napoli e portavoce di Solar Orbiter per Esa, che ha seguito il lancio in diretta a Cape Canaveral.
Sasso è responsabile del software che pianificherà le osservazioni di Metis, uno degli strumenti a bordo di Solar Orbiter e co-responsabile del gruppo di lavoro sui modelli e l’analisi dei dati, istituito direttamente dall’Esa e che coinvolge tutti gli strumenti della sonda.
Sappiamo che il viaggio di Solar Orbiter sarà abbastanza lungo: quando si avranno le prime immagini significative del Sole?
«Le prime immagini arriveranno tra meno di due anni, verso dicembre 2021, il tempo che impiegherà Solar Orbiter a raggiungere la sua prima orbita operativa intorno al Sole, attraverso diversi assist gravitazionali con la Terra e Venere».
Cosa si spera di scoprire con Solar Orbiter? Per meglio dire: quali sono i due punti irrinunciabili per il successo scientifico della missione?
«Il compito principale di Solar Orbiter è di scoprire come il Sole crea e controlla l’eliosfera, che è l’enorme bolla di plasma (particelle cariche) in cui è immerso tutto il sistema solare. Lo farà grazie alla presenza a bordo di due tipi di strumenti: quelli in-situ che misurano le caratteristiche del plasma direttamente all’interno dell’eliosfera e i remote-sensing, i telescopi, che guardando direttamente il Sole potranno fornirci informazioni sull’origine dello stesso plasma misurato dagli strumenti in-situ, rivelando così il legame Sole-eliosfera.
La seconda scoperta che ci aspettiamo da Solar Orbiter è legata all’origine e alla variabilità del campo magnetico solare: il satellite, con la sua orbita inclinata rispetto al piano dell’eclittica, ci fornirà per la prima volta le immagini dei poli solari che sono le zone dove il campo magnetico inverte la sua polarità ogni 11 anni».
In cosa Solar Orbiter è diversa da Parker Solar Probe, la missione statunitense di cui sono stati pubblicati recentemente i primi risultati scientifici?
«Parker Solar Probe arriverà ad una distanza minore dal Sole risposto a Solar Orbiter ma non ha telescopi a bordo che osservano la nostra stella. È dotata solo di strumenti in-situ e di un telescopio che non guarda direttamente il Sole ma l’eliosfera, come il suo telescopio gemello su Solar Orbiter, SolO-HI. Inoltre, Parker Solar Probe orbita intorno al Sole sul piano dell’eclittica mentre l’orbita di Solar Orbiter sarà inclinata e quindi potremo avere misure del plasma in diverse posizioni. Per questi motivi, le sinergie tra le due sonde saranno importantissime.
Qual è il contributo dell’Inaf alla missione?
«L’Inaf partecipa a due strumenti presenti su Solar Orbiter, il coronografo Metis e il Solar Wind Analyzer, Swa. Metis è lo strumento italiano realizzato da una collaborazione internazionale con a capo l’Asi e l’Inaf. Simulerà un’eclissi solare, occultando il disco solare per monitorare la parte esterna dell’atmosfera solare, la corona e, in particolare, la zona dove il vento solare accelera. Swa misurerà le proprietà del vento solare e l’Inaf è coinvolto nell’unità di elaborazione dei dati».
Guarda il servizio video sul lancio di MediaInaf Tv: