Ha un’atmosfera come quella della Terra. Contiene ossigeno e acqua come la Terra. Si comporta come la Terra. Chi è?! Si domanderebbe Vulvia. È la Terra! Ed è infatti l’impronta spettroscopica dell’atmosfera del nostro pianeta quella registrata in Arizona da Lbt, il Large Binocular Telescope, in occasione dell’eclissi di Luna del 21 gennaio 2019. Un’osservazione che rasenta il virtuosismo: la luce raccolta in quel frangente dal grande telescopio binoculare (per un quarto italiano) e analizzata dallo spettrografo Pepsi è la cosiddetta ‘Earthshine’ – vale a dire, la luce del Sole riflessa o filtrata della Terra e riflessa, a sua volta, dalla superficie della Luna. In particolare, la notte del 21 gennaio 2019 Lbt ha osservato il riflesso lunare della luce del Sole filtrata dall’atmosfera terrestre. Luce, dunque, che ha compiuto questo percorso: Sole, atmosfera terrestre, Luna e infine Lbt.
Ma perché? A che scopo mettere in piedi un’osservazione così contorta, usando tra l’altro uno fra i più potenti telescopi al mondo, per studiare uno spettro arcinoto qual è quello dell’atmosfera terrestre? Semplice: ciò che per noi terrestri è un’eclissi di Luna, per un osservatore sulla Luna è un transito planetario. Il transito della Terra sul Sole. Dunque osservare lo spettro dell’Earthshine, come ha fatto Lbt, dal punto di vista metodologico corrisponde alle osservazioni degli spettri durante i transiti planetari – osservazioni che da tempo si tenta di compiere per caratterizzare le atmosfere dei pianeti extrasolari. Ed è un banco di prova ideale per i futuri rilevamenti di esoatmosfere con la nuova generazione di grandi telescopi.
«Se fino a oggi siamo stati in grado di applicare questa tecnica solo a pianeti gioviani di grandi dimensioni, vale a dire pianeti simili a enormi Giove in orbita stretta attorno alla loro stella ospite», ricorda Klaus Strassmeier del Leibniz Institute for Astrophysics di Potsdam (Germania), primo autore dello studio sull’osservazione con Lbt, pubblicato il mese scorso su A&A, «ciò che più ci interessa sono i pianeti simili al nostro, per capire se siamo in grado di rilevare firme molecolari complesse nello spettro di trasmissione di una “eso-Terra” – firme che possano eventualmente suggerire la presenza di vita. Sebbene per transiti di esopianeti simili alla Terra queste misure non siano ancora possibili, un’eclissi lunare totale – che vista dalla Luna corrisponde a un’eclissi solare totale – non è altro che un transito della Terra, osservabile indirettamente».
L’eclissi del gennaio 2019 ha offerto proprio questa opportunità. La luce della Luna, durante la totalità, è diminuita di circa 20mila volte: pochissima, dunque, ma sufficiente per i due specchi di Lbt – la cui area di raccolta complessiva è pari a quella di un unico enorme specchio da 11.8 metri di diametro. E Pepsi ha consentito di distinguere le piccole righe di assorbimento previste per l’atmosfera terrestre – identificando la firma dell’ossigeno molecolare, del vapor d’acqua e di elementi quali il sodio, il calcio e il potassio – dallo spettro della luce solare, con una risoluzione spettrale senza precedenti e in luce polarizzata.
«Il Large Binocular Telescope aveva tutte le carte in regola per questa osservazione», spiega infatti a Media Inaf Adriano Fontana, astronomo all’Inaf di Roma e presidente della Lbt Corporation, «perché è uno dei telescopi più grandi del mondo (e quindi ha potuto rivelare la debolissima luce riflessa dalla Luna in quella circostanza) ed è equipaggiato con uno strumento ad altissima risoluzione come Pepsi, anche lui quasi unico nel panorama mondiale. In questo senso, anticipa davvero i risultati che otterremo con i futuri telescopi da 40 metri, come l’Elt, nello studiare le atmosfere dei pianeti extrasolari. Quelli veri…».
Per saperne di più:
- Leggi su Astronomy & Astrophysics l’articolo “High-resolution spectroscopy and spectropolarimetry of the total lunar eclipse January 2019”, di K. G. Strassmeier, I. Ilyin, E. Keles, M. Mallonn, A. Järvinen, M. Weber, F. Mackebrandt e J. M. Hill