OGGI SU NATURE ASTRONOMY, È UNO STUDIO NATO ALL’INAF DI CAGLIARI

Pulsar come bussole nell’alone galattico

Uno studio sulle pulsar situate nell’alone dell’ammasso globulare 47 Tucanae – guidato da Federico Abbate del Max Planck e della Bicocca e da Andrea Possenti del’Inaf di Cagliari – fornisce indicazioni importanti sul campo magnetico nell’alone della Via Lattea. In direzione dell’ammasso, infatti, il campo magnetico è risultato inaspettatamente alto e sembra puntare perpendicolarmente al disco galattico. Una possibile spiegazione sarebbe l’interazione con il vento galattico, un deflusso magnetizzato che si estende dal disco galattico verso l’alone circostante, la cui esistenza non è mai stata provata prima

     02/03/2020

L’ammasso globulare 47 Tuc (in alto a destra) e la Piccola Nube di Magellano. Nel dettaglio in baso a destra, un primo piano dell’ammasso che evidenzia, con una scala di colori, il campo magnetico rilevato. Le linee indicano l’effetto del vento galattico sul campo magnetico. Crediti: Eso/Vista Vmc (sfondo); F. Abbate et al., Nature Astronomy (dettaglio)

Il campo magnetico galattico gioca un ruolo importante nell’evoluzione della Via Lattea, ma il suo comportamento su scale più piccole è ancora poco conosciuto: non è chiaro, ad esempio, se sia presente o meno nell’alone della nostra galassia, il tenue guscio di gas che la avvolge. Grazie alle osservazioni fatte sulle pulsar nell’alone individuate all’interno dell’ammasso globulare 47 Tucanae, un gruppo internazionale di ricerca guidato da Federico Abbate, attualmente al Max Planck Institute for Radio Astronomy, ha potuto sondare per la prima volta il campo magnetico galattico con una risoluzione mai raggiunta prima. I risultati sono stati appena pubblicati in uno studio su Nature Astronomy.

In direzione dell’ammasso, il campo magnetico è risultato inaspettatamente intenso e sembra puntare perpendicolarmente verso il disco galattico. Un fenomeno che potrebbe essere spiegato  da un’interazione con il vento galattico – un deflusso magnetizzato che si estende dal disco galattico verso l’alone circostante, la cui esistenza non è mai stata provata prima.

47 Tucanae, o 47 Tuc, come viene chiamato solitamente, è uno spettacolare ammasso globulare visibile a occhio nudo nel cielo australe, vicino alla Piccola Nube di Magellano. La prima pulsar di questo ammasso è stata scoperta nel 1990, con il radiotelescopio australiano Parkes da 64 metri, e presto ne sono state trovate altre: attualmente sono 25 le pulsar conosciute di questo ammasso.

Ma 47 Tuc è ancora più interessante per la sua posizione: si trova a una distanza di circa 15.000 anni luce da noi, in una zona relativamente indisturbata dell’alone galattico. L’alone circonda il disco galattico e ospita pochissime stelle e piccolissime quantità di gas. «Le pulsar di questo ammasso possono darci una visione unica e senza precedenti della geometria su larga scala del campo magnetico dell’alone galattico», dice Abbate, primo autore dell’articolo, che ha effettuato l’analisi durante il suo dottorato di ricerca all’Università di Milano-Bicocca e all’Inaf – Osservatorio astronomico di Cagliari.

La comprensione della geometria e della forza dei campi magnetici galattici è essenziale per tracciare un quadro completo della nostra galassia. I campi magnetici possono influenzare la formazione delle stelle, guidano la propagazione dei raggi cosmici e contribuiscono a stabilire la presenza di un flusso di gas su scala galattica in uscita dal disco verso l’alone circostante. Nonostante la loro importanza, la geometria su larga scala dei campi magnetici nell’alone non è del tutto nota.

I campi magnetici non sono osservabili direttamente, ma gli scienziati si avvalgono degli effetti che hanno sul plasma a bassa densità che permea il disco galattico. In questo plasma gli elettroni sono separati dai nuclei atomici e si comportano come piccoli magneti. Gli elettroni sono attratti dal campo magnetico e sono costretti a orbitare intorno alle linee del campo magnetico, emettendo radiazione di sincrotrone. Oltre a emettere la propria radiazione, gli elettroni liberi lasciano anche una firma particolare sulla radiazione polarizzata che viaggia attraverso il plasma. Il campo elettromagnetico della radiazione polarizzata oscilla sempre nella stessa direzione e gli elettroni in un mezzo magnetizzato ruoteranno in questa direzione in quantità diverse a frequenze diverse. Questo effetto è chiamato rotazione di Faraday ed è misurabile solo nelle frequenze radio.

Questi metodi funzionano bene per tracciare il campo magnetico nel disco galattico, dove il plasma è abbastanza denso, ma nell’alone galattico la densità del plasma è troppo bassa per poterne osservare direttamente gli effetti. Per questo motivo, la geometria e la forza del campo magnetico nell’alone è sconosciuta, e i modelli prevedono che potrebbe essere parallelo o perpendicolare al disco. La presenza di un deflusso magnetizzato dal disco all’alone è stata suggerita a seguito di osservazioni in altre galassie. Può anche spiegare l’emissione diffusa di raggi X nella galassia.

Le pulsar, specialmente quelle presenti in 47 Tuc, sono estremamente importanti per descrivere la geometria del campo magnetico nell’alone. Sono sorgenti periodiche che permettono agli astronomi di ricavare la cosiddetta misura di dispersione, un ritardo del tempo di arrivo dei singoli impulsi a diverse frequenze. Questo ritardo è proporzionale alla densità degli elettroni liberi lungo il percorso dalla pulsar alla Terra. «Nel 2001, abbiamo notato che le pulsar situate sul versante dell’ammasso più lontano da noi presentavano una misura di dispersione più alta di quelle più vicine, segno della presenza di gas nell’ammasso», dice Paulo Freire del Max Planck Institute for Radio Astronomy, che ha guidato molti progetti di ricerca su 47 Tuc.

Tuttavia, anche l’emissione radio delle pulsar è polarizzata. Osservazioni più recenti delle pulsar di 47 Tuc, effettuate anche dall’Australia con il radiotelescopio Parkes, sono state in grado di misurare l’emissione radio polarizzata delle pulsar e le loro rotazioni di Faraday. Queste rivelano la presenza di un campo magnetico nell’ammasso globulare che è sorprendentemente intenso. Così intenso, deducono gli astronomi, che non può essere prodotto dall’ammasso globulare stesso, ma richiede una sorgente esterna situata nell’alone galattico. La direzione del campo magnetico è compatibile con quella del vento galattico, orientata perpendicolarmente al disco galattico. L’interazione tra il vento galattico e l’ammasso produce una sorta di shock, che amplifica il campo magnetico fino ai valori osservati.

Questo lavoro rivela una nuova tecnica per studiare il campo magnetico nell’alone galattico. 47 Tuc è un bersaglio perfetto per le osservazioni con l’innovativo telescopio MeerKat, in Sud Africa. «Nel prossimo futuro, il radiotelescopio MeerKat migliorerà notevolmente le misure di polarizzazione e forse non solo confermerà la presenza del vento galattico, ma farà luce su alcune sue proprietà», dice Andrea Possenti dell’Inaf di Cagliari, che è coinvolto nell’analisi delle osservazioni delle pulsar dell’ammasso globulare con MeerKat. Grazie alle incredibili possibilità di questo potente telescopio sarà possibile osservare altri ammassi globulari nell’alone galattico e, auspicabilmente, confermare questi risultati.

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