Strano pianeta la nostra Terra, con acqua liquida, temperature al più di qualche decina di gradi sopra lo zero, un’atmosfera ricca di ossigeno e di nubi che danno luogo a piogge sparse su buona parte della sua superficie. Dire strano è una provocazione, certo. Ma non tanto se confrontiamo il nostro mondo con alcuni esopianeti, davvero estremi, che via via in questi ultimi anni abbiamo scoperto e che stiamo caratterizzando con sempre maggiore precisione, proprio qui dalla nostra “astronave azzurra”. L’ultimo di questi esopianeti che entra di diritto nel novero dei più estremi è senza dubbio Wasp-76b. Un nutrito gruppo di ricercatrici e ricercatori da tutto il mondo, molti dei quali italiani e in forza all’Inaf, è riuscito a scoprire, grazie ai telescopi e gli strumenti dell’Osservatorio Europeo Australe (Eso) sulle Ande cilene, che su quel pianeta ci sono vere e proprie piogge serali, non di acqua ma di particelle di ferro. Per saperne di più abbiamo intervistato Stefano Cristiani, ricercatore Inaf a Trieste nel team che ha realizzato la scoperta, nonché uno dei responsabili scientifici dello spettrografo Espresso grazie al quale è stato caratterizzato Wasp-76b.
È un pianeta davvero particolare questo Wasp-76b. Può raccontarci un po’ di più di questo mondo?
«È un pianeta molto diverso rispetto alla nostra Terra. La stella attorno a cui ruota è un po’ più grande, calda e massiccia del nostro Sole, ma il pianeta, che ha una massa poco meno del nostro Giove, ruota molto vicino a questa stella, a una distanza di “soli” 5 milioni di chilometri, di modo che per compiere una rivoluzione impiega meno di due giorni, invece del nostro anno di 365 giorni. Wasp-76b mostra sempre la stessa faccia alla sua stella (come la Luna alla Terra) e il lato illuminato ha delle temperature altissime, attorno ai 2500 gradi. Il lato notturno è molto più freddo e questo da’ luogo a venti fortissimi, un clima veramente estremo!»
E se non bastasse, Wasp-76b ha una caratteristica “meteorologica” sorprendente: piove letteralmente ferro in alcune zone della sua superficie. Può spiegarci questo fenomeno?
«Nelle zone illuminate dalla stella a perpendicolo, la temperatura di Wasp-76b è così alta che la sua atmosfera è priva nubi e il ferro presente nell’atmosfera è in forma atomica. Ma, via via che ci si avvicina al lato notturno la temperatura scende e nelle parti che vedono la stella all’orizzonte arriva a circa 1800 gradi. Questo permette la formazioni di molecole e nubi. In una situazione di questo genere il ferro condensa in goccioline liquide, quindi ci si può aspettare che nel lato notturno ci sia una vera e propria “pioggia di ferro”, liquido naturalmente».
Sembra fantascienza, ma come siete riusciti a riconoscere questo fenomeno su un esopianeta così distante? Quali strumenti e tecniche avete utilizzato?
«Abbiamo usato Espresso, uno strumento sensibilissimo montato al telescopio Vlt di Cerro Paranal, in Cile, per analizzare l’effetto dell’atmosfera del pianeta, che quando transita davanti al disco della stella, assorbe una parte della luce emessa dalla stella stessa. Una parte piccolissima, ma con Espresso abbiamo potuto rivelare le impronte che ci hanno permesso di ricostruire il fenomeno straordinariamente interessante della “pioggia di ferro”. È stata necessaria una pazienza certosina, ma la qualità dei dati di Espresso ci ha permesso di costruire un modello accurato».
L’accoppiata Espresso e Very Large Telescope è stata dunque fondamentale per caratterizzare Wasp-76b. Ma le scoperte oltre che dagli strumenti, sono merito soprattutto delle persone. Quale è stato il ruolo dei ricercatori italiani in questa?
«Lo strumento Espresso è caratterizzato da una precisione di misura mai raggiunta finora e ha tra gli obiettivi principali la scoperta di pianeti come la Terra che ruotino attorno a stelle come il Sole e lo studio della variazione delle costanti fondamentali della fisica. Gli Italiani, lavorando in un consorzio che comprende anche la Svizzera, Spagna, Portogallo ed ESO, oltre che in questa scoperta, hanno svolto un ruolo chiave nella costruzione di Espresso (e come poteva essere diversamente, dato il nome dello strumento?). Più di venticinque ricercatori e tecnologi italiani hanno lavorato quasi dieci anni perché questo sogno diventasse realtà e oggi firmano questo articolo. Vengono da vari istituti Inaf: Trieste, Milano, Torino, Palermo e dal Telescopio Nazionale Galileo. Meritano veramente complimenti e un grande abbraccio, perché hanno unito una grande competenza e professionalità a una dedizione entusiasta al progetto, tenendo alto il nome dell’Italia nella scienza. E stiamo già lavorando a nuove scoperte…»
Per saperne di più:
- Leggi su Media Inaf l’articolo “Là dove il ferro piove”