L’organismo unicellulare noto come melma policefala (Physarum polycephalum) costruisce complesse reti filamentose simili a ragnatele per andare in cerca di cibo, trovando sempre percorsi quasi ottimali per collegare diversi punti nello spazio.
Nel plasmare l’universo, la gravità costruisce una vasta struttura simile a una ragnatela di filamenti che legano insieme galassie e ammassi di galassie lungo ponti invisibili di gas e materia oscura lunghi centinaia di milioni di anni luce.
Tra le due reti, una creata dall’evoluzione biologica, l’altra dalla forza primordiale della gravità, sembrerebbe esserci una strana somiglianza.
La rete cosmica è la spina dorsale su larga scala dell’universo, costituita principalmente da materia oscura intrecciata a gas, sulla quale si sono formate le galassie. Anche se la materia oscura non può essere vista, costituisce la maggior parte del contenuto dell’universo. Non è stato facile individuare questi filamenti, perché il gas al loro interno è troppo debole per essere rilevato.
L’esistenza di una struttura simile a una rete nell’universo è stata per la prima volta suggerita dagli studi sulle survey di galassie degli anni ’80. Da quegli studi, successive indagini del cielo hanno rivelato la grande scala di questa struttura. I filamenti formano i confini tra grandi vuoti presenti nell’universo. Ora, un team di ricercatori sta traendo spunto dalla melma policefala per costruire una mappa dei filamenti nell’universo locale (entro 100 milioni di anni luce dalla Terra) e trovare il gas al loro interno.
Questi ricercatori hanno progettato un algoritmo informatico, ispirato al comportamento della melma policefala, e lo hanno testato con una simulazione al computer della crescita dei filamenti di materia oscura nell’universo. Un algoritmo informatico non è altro che una ricetta che dice esattamente a un computer quali misure adottare per risolvere un problema.
I ricercatori hanno applicato l’algoritmo della melma policefala ai dati contenenti le posizioni di oltre 37mila galassie mappate dalla Sloan Digital Sky Survey e l’algoritmo ha prodotto una mappa tridimensionale della struttura della rete cosmica sottostante. Hanno quindi analizzato la luce proveniente da 350 quasar lontani, catalogati nell’archivio dei dati spettroscopici del telescopio spaziale Hubble. Queste lontane torce cosmiche non sono altro che brillanti nuclei galattici attivi, alimentati da buchi neri supermassicci, la cui luce splende attraverso lo spazio e attraverso la rete cosmica in primo piano. Su quella luce è impressa la firma rivelatrice dell’idrogeno gassoso, altrimenti invisibile, che il team ha analizzato in specifici punti lungo i filamenti. Queste posizioni target sono lontane dalle galassie che hanno permesso al team di ricerca di collegare il gas alla struttura su larga scala dell’Universo.
«È davvero affascinante il fatto che una delle forme di vita più semplici, in realtà, consenta di comprendere meglio le strutture su più ampia scala dell’universo», ha affermato il ricercatore capo Joseph Burchett dell’Università della California (Uc). «Utilizzando la simulazione della melma policefala per trovare la posizione dei filamenti nella ragnatela cosmica, compresi quelli lontani dalle galassie, potremmo quindi usare i dati di archivio del telescopio spaziale Hubble per rilevare e determinare la densità del gas freddo alla periferia di quei filamenti invisibili. Gli scienziati hanno rilevato le firme di questo gas per oltre mezzo secolo e ora abbiamo dimostrato quanto ipotizzato teoricamente, ossia che questo gas fa parte della rete cosmica».
La survey conferma ulteriormente la ricerca che indica che il gas intergalattico è organizzato in filamenti e rivela anche quanto lontano dalle galassie viene rilevato il gas. I membri del team sono rimasti sorpresi nel trovare gas associato ai filamenti della ragnatela cosmica a più di 10 milioni di anni luce di distanza dalle galassie.
Ma questa non è stata l’unica sorpresa. Hanno anche scoperto che la firma ultravioletta del gas si rafforza nelle regioni più dense dei filamenti, ma poi scompare. «Pensiamo che questa scoperta ci stia descrivendo le violente interazioni che le galassie hanno nelle dense sacche del mezzo intergalattico, dove il gas diventa troppo caldo per essere rilevato», spiega Burchett.
Ma come gli è venuta l’idea di paragonare la rete costruita da un organismo biologico unicellulare alla rete cosmica?
La lampadina si è accesa quando Oskar Elek, uno scienziato informatico della Uc Santa Cruz, ha scoperto il lavoro di Sage Jenson, un artista multimediale di Berlino. Tra le opere di Jenson c’erano affascinanti visualizzazioni artistiche che mostravano la crescita di una rete di strutture simili a tentacoli di una muffa melmosa – la Physarum polycephalum – che si spostava da una sorgente di cibo all’altra. L’arte di Jenson si basava sul lavoro scientifico del 2010 di Jeff Jones, della University of the West of England, che descriveva in dettaglio un algoritmo per simulare la crescita della melma policefala.
Il team di ricerca è stato ispirato dal modo in cui la melma costruisce filamenti complessi per catturare nuovo cibo e come questo modo di procedere della melma potrebbe essere applicato alla gravità nel modellare l’universo, che costruisce la rete cosmica con fili tra galassie e ammassi di galassie. Basandosi sulla simulazione descritta nel documento di Jones, Elek ha sviluppato un modello computerizzato tridimensionale dell’accumulo di melma policefala, per stimare la posizione della struttura filamentosa della rete cosmica.
Questa analisi della rete cosmica nell’universo locale si combina anche con le osservazioni pubblicate lo scorso autunno sulla rivista Science riguardanti la struttura filamentosa dell’universo lontano, a circa 12 miliardi di anni luce dalla Terra, in prossimità della sua origine.
Non c’è che dire… si tratta di un meraviglioso esempio di interdisciplinarietà: informatica, matematica, biologia, cosmologia e arte si sono prese a braccetto per capire com’è strutturato l’universo in cui viviamo.
Per saperne di più:
- Leggi su The Astrophysical Journal Letters l’articolo “Revealing the Dark Threads of the Cosmic Web” di Joseph N. Burchett, Oskar Elek, Nicolas Tejos, J. Xavier Prochaska, Todd M. Tripp, Rongmon Bordoloi ed Angus G. Forbes
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