Un nuovo studio dell’Università del Michigan, in collaborazione con il Lawrence Berkeley National Laboratory (Berkeley Lab) e la University of California, Berkeley, ha escluso che la materia oscura sia responsabile dei misteriosi segnali elettromagnetici – nella banda X, a 3.5 keV – osservati precedentemente nelle galassie vicine. Prima di questo lavoro, i fisici riponevano grandi speranze che questi segnali fornissero prove concrete in grado di aiutare a identificare la materia oscura, ma purtroppo sembra non essere così.
La materia oscura non può essere osservata direttamente perché non assorbe, riflette o emette luce, ma si ritiene che esista per via dell’effetto che ha su altra materia. Per esempio, abbiamo bisogno della materia oscura per spiegare la forza di gravità che tiene insieme le galassie, le curve di rotazione delle galassie a spirale, le lenti gravitazionali e la deviazione della luce evidente in migliaia di immagini astronomiche.
I fisici hanno suggerito che la materia oscura sia strettamente imparentata con un particolare tipo di neutrino, chiamato neutrino sterile. I neutrini – particelle subatomiche senza carica e che interagiscono raramente con la materia – vengono rilasciati dalle reazioni nucleari che si svolgono all’interno del Sole. Hanno una massa molto piccola, non spiegata dal modello standard della fisica delle particelle. I fisici suggeriscono che il neutrino sterile, una particella ipotetica, potrebbe essere il principale costituente della materia oscura.
I ricercatori dovrebbero essere in grado di rilevare il neutrino sterile perché è instabile, afferma Ben Safdi, coautore dello studio pubblicato sulla rivista Science. Si decompone in normali neutrini e radiazione elettromagnetica. Per rilevare la materia oscura, quindi, i fisici osservano le galassie per andare a caccia di questa radiazione elettromagnetica, nella banda X.
Nel 2014, un lavoro fondamentale ha scoperto un’eccesso nell’emissione X proveniente da galassie e ammassi di galassie vicini. L’emissione sembrava coerente con quella che si presume essere derivata dalla decomposizione di una materia oscura composta da neutrini sterili. Ora, una meta-analisi dei dati grezzi presi dal telescopio spaziale Xmm-Newton di oggetti nella Via Lattea su un periodo di 20 anni non ha trovato alcuna prova che il neutrino sterile sia ciò di cui è composta la materia oscura.
«Questo lavoro del 2014 e i lavori di follow-up hanno confermato che il segnale ha suscitato un notevole interesse nella comunità astrofisica e di fisica delle particelle, a causa della possibilità di conoscere esattamente, per la prima volta, quale sia la composizione della materia oscura a livello microscopico», spiega Safdi. «La nostra scoperta non significa che la materia oscura non sia composta da neutrini sterili, ma significa che – contrariamente a quanto affermato nel 2014 – non esiste alcuna prova sperimentale, a oggi, che indica la loro esistenza».
Christopher Dessert, co-autore dello studio, spiega che gli ammassi di galassie in cui è stata osservata la linea a 3.5 keV presentano segnali di fondo molto estesi, che agiscono come un rumore nelle osservazioni e possono rendere difficile l’individuazione di specifici segnali, che potrebbero essere erroneamente associati alla materia oscura.
«Il motivo per cui stiamo guardando attraverso l’alone di materia oscura della nostra galassia è che lo sfondo è molto più basso», spiega Dessert. Xmm-Newton ha catturato immagini di oggetti isolati come ad esempio singole stelle, nella Via Lattea. Il ricercatori hanno poi preso queste immagini e mascherato questi oggetti isolati, non toccando l’ambiente di fondo, in cui sono andati a cercare il bagliore del decadimento della materia oscura. Combinando 20 anni di osservazioni, hanno sondato la presenza della materia oscura composta dal presunto neutrino sterile a un livello senza precedenti. Se i neutrini sterili fossero i costituenti della materia oscura, e se il loro decadimento avesse portato a un’emissione della linea da 3.5 keV, Safdi e il suo colleghi avrebbero dovuto osservare quella linea nella loro analisi. Ma non hanno trovato alcuna evidenza della presenza di questi neutrini nella materia oscura.
«Se da una parte questo lavoro purtroppo raffredda quello che sarebbe potuta essere la prima evidenza della natura microscopica della materia oscura, dall’altra apre un approccio completamente nuovo alla ricerca della materia oscura, che potrebbe portare a nuove scoperte nel prossimo futuro», conclude Safdi.
Per saperne di più:
- Leggi su Science l’articolo “The dark matter interpretation of the 3.5-keV line is inconsistent with blank-sky observations” di Christopher Dessert, Nicholas L. Rodd, Benjamin R. Safdi