Con mezzo mondo confinato in casa per contenere il diffondersi del virus, tutti si sono dovuti adattare ai nuovi canoni dello studio e del lavoro a distanza passando attraverso la condivisione dei documenti, i mail, le continue teleconferenze che sostituiscono tutte le occasioni di incontro, da una semplice riunione tra colleghi a simposi internazionali, cancellati per non creare occasioni di contagio prima ancora che venissero proibiti gli spostamenti nazionali e internazionali.
Grazie alla potenza della rete moltissime attività possono essere portate avanti anche da casa, tuttavia ci sono alcuni settori che non possono prescindere dalla presenza fisica di persone che devono lavorare in gruppi più o meno numerosi. Le missioni spaziali offrono uno degli esempi dei problemi connessi alla non presenza fisica che è invece necessaria per costruire, assemblare, preparare per il lancio, e poi fare funzionare, una sonda. Il virus che tanti danni sta causando alla nostra società e alla nostra economia sta facendo sentire la sua nefasta influenza anche sui programmi delle agenzie spaziali, di fatto estendendo il suo raggio d’azione ben oltre la Terra.
Con il personale in telelavoro senza possibilità di viaggiare e di operare fianco a fianco con altri colleghi, la Nasa sta rivedendo la tempistica di tutti i suoi programmi. La mancanza di personale in loco ha congelato la produzione dello Space Launch System, il grande razzo che, secondo i piani, avrebbe dovuto fare il primo lancio di prova nel 2021 con l’obiettivo di riportare gli astronauti sulla Luna entro il 2024 nell’ambito del programma che la Nasa ha chiamato Artemis, sorella gemella di Apollo. Tuttavia, se il lanciatore non può essere costruito, tutto il programma dovrà aspettare. Discorso simile per il nuovo James Webb Space Telescope che la Nasa si preparava a lanciare nel 2021. Dovrebbe essere il successore del veterano Hubble Space Telescope, che quest’anno spegne la trentesima candelina in orbita, ma anche lui è impacchettato nella camera pulita della Northrop Grumman a Redondo Beach, in California, aspettando tempi migliori, quando le squadre di tecnici potranno tornare al lavoro per controllare tutti i suoi delicati meccanismi prima di dichiarare la missione pronta al lancio.
Non si hanno ancora notizie del fato della prossima missione marziana della Nasa, per la quale poche settimane fa era stato scelto il nome di Perseverance. Come sempre succede, la scelta era stata fatta a valle di un concorso per studenti di tutte le scuole americane, e i giudici si sono fatti conquistare dal breve saggio di uno studente di scuola media che ha detto che su Marte ci sono strumenti che hanno nomi ispirati alle grandi qualità del genere umano: Spirit, Opportunity, Curiosity…. Mancava la perseveranza, una virtù fondamentale… che è stata prontamente selezionata.
Oltre a essere perseveranti, però, le sonde che vogliono raggiungere il Pianeta rosso devono essere puntuali perché la finestra di lancio, che sfrutta l’allineamento dei pianeti, si apre ogni 26 mesi e dura un paio di settimane. Quest’anno la finestra di lancio inizia il 17 luglio e si estende fino ai primi di agosto. Gli ottimisti dicono che la missione ce la potrebbe fare: Perseverance è già a Cape Canaveral e la base di lancio non è chiusa, anche se la squadra che prepara lo strumento è limitata dalle restrizioni negli spostamenti.
Speriamo che ce la facciano, così come auguriamo buona fortuna ai collegi cinesi che hanno in programma il lancio della missione Huoxing (Marte in cinese), composta da un orbiter, un lander ed un rover. È la prima missione cinese al Pianeta rosso e, oltre a contribuire allo studio del nostro vicino planetario, vuole avere un valore simbolico. Quando arriverà a Marte, nell’aprile 2021, offrirà una grande occasione per festeggiare il centesimo anniversario della nascita del partito comunista cinese. Anche la squadra che lavora a Huoxing deve adattarsi alle restrizioni imposte dal virus. Per evitare problemi con i mezzi di trasporto, sei strumenti sono stati trasportati da Pechino, dove erano stati costruiti, a Shangai, dove dovevano essere verificati e integrati, in auto con un viaggio di 12 ore. Certamente meno lungo di quello che dovranno affrontare per raggiungere Marte.
Purtroppo questo approccio creativo non è stato possibile per la missione ExoMars 2020 che l’ Esa (l’Agenzia spaziale europea) ha costruito insieme alla Roscosmos Corporation (l’Agenzia spaziale russa). Un malfunzionamento in fase di test dei paracadute, dai quali dipende il successo della manovra di ammartaggio, aveva creato qualche apprensione e, quando il problema sembrava risolto, l’Europa si è fermata per contenere l’espansione del contagio, impedendo ai team internazionali di prendere parte alle ultime fasi dell’integrazione del rover intitolato a Rosalind Franklin. Se ne riparlerà tra due anni.
Nel frattempo, al fine di limitare al massimo la presenza di personale nel centro di controllo di Darmstadt, l’Esa ha deciso di interrompere le operazioni delle sue due missioni in orbita marziana. Mars Express, che è operativo dal 2003, ed ExoMars Tgo, operativo da due anni. Entrambe sono state messe in safe mode, ibernate nell’attesa che sia possibile avere tecnici al lavoro per farle ripartire. La stessa sorte è toccata a Solar Orbiter, l’ultima sonda lanciata dall’Esa e in viaggio verso il Sole.
Oltre a colpire tutta la Terra, il virus riesce ad avere ripercussioni nel Sistema solare.
Articolo originariamente pubblicato su Startup Italia, qui ripreso con in consenso dell’autrice.