Si dice sempre che i buchi neri sono di due tipi: quelli stellari, più piccoli e meno massicci, e quelli supermassicci, grandi e grossi, al centro delle galassie. Tra i due tipi estremamente diversi, ce ne potrebbe essere un terzo, quello dei buchi neri di massa intermedia (Imbh).
I buchi neri di massa intermedia sono un “anello mancante” a lungo ricercato, di cui oggi sono stati trovati solo alcuni candidati. Sono più piccoli dei buchi neri supermassicci che risiedono nei nuclei delle grandi galassie, ma più grandi dei buchi neri di massa stellare formati dal collasso di stelle massicce.
L’oggetto di un nuovo studio pubblicato su Astrophysical Journal Letters, è un buco nero la cui massa è di oltre 50mila volte la massa del Sole.
Purtroppo per noi, i buchi neri di massa intermedia sono piuttosto difficili da trovare. «Sono oggetti molto sfuggenti ed è fondamentale considerare attentamente, ed eventualmente escluderle, spiegazioni alternative per ciascun candidato. Questo è ciò che Hubble ci ha permesso di fare con il nostro candidato», spiega Dacheng Lin dell’Università del New Hampshire, primo autore dello studio. Lin e il suo team hanno utilizzato il telescopio spaziale Hubble per fare un follow-up ottico delle osservazioni X effettuate da Chandra della Nasa e dalla missione Xmm-Newton dell’Esa.
«L’aggiunta di ulteriori osservazioni a raggi X, ci ha permesso di comprendere la produzione totale di energia», aggiunge Natalie Webb, membro del team dell’Università di Tolosa in Francia. «Questo ci ha aiutato a capire il tipo di stella che è stata distrutta dal buco nero». Nel 2006 questi satelliti ad alta energia hanno rilevato un potente bagliore a raggi X, ma non era chiaro se provenisse dall’interno o dall’esterno della nostra galassia. I ricercatori lo hanno attribuito a una stella distrutta dopo essersi avvicinata troppo a un oggetto compatto, gravitazionalmente molto potente, come un buco nero.
Sorprendentemente, la sorgente a raggi X – chiamata 3Xmm J215022.4-055108 – non si trovava al centro di una galassia, dove normalmente risiedono enormi buchi neri, e questo ha fatto sperare che il colpevole dell’emissione fosse un buco nero di massa intermedia. Tuttavia, prima di esserne certi, si doveva escludere altre possibili sorgenti di radiazione X, quale ad esempio una stella di neutroni della nostra galassia.
Hubble è stato puntato in direzione della sorgente X, per riuscire a individuarla e capire esattamente la sua posizione. Le immagini ad alta risoluzione hanno confermato che i raggi X non provenivano da una sorgente isolata nella nostra galassia, bensì da un ammasso stellare distante e denso alla periferia di un’altra galassia, che è proprio il posto ideale in cui gli astronomi si aspettavano di trovare l’evidenza di buchi neri di massa intermedia.
Osservazioni precedenti effettuate con il telescopio spaziale Hubble, avevano dimostrato che più è massiccia la galassia, più massiccio è il suo buco nero. Pertanto, questo nuovo risultato suggerisce che l’ammasso stellare che ospita 3Xmm J215022.4-055108 potrebbe essere ciò che è rimasto del nucleo di una galassia nana di bassa massa, che è stata distrutta dall’interazione gravitazionale con la sua attuale galassia ospite.
I buchi neri di massa intermedia sono particolarmente difficili da trovare perché sono più piccoli e meno attivi dei buchi neri supermassicci. Non hanno fonti di combustibile prontamente disponibili, né hanno una forza gravitazionale sufficientemente forte da poter attrarre costantemente stelle e altro materiale cosmico e produrre di conseguenza il bagliore che ci permetterebbe di rivelarle. Gli astronomi devono quindi riuscire a catturare un Imbh in flagrante, nell’atto piuttosto raro di divorare una stella.
Lin e i suoi colleghi hanno esaminato l’archivio dei dati di Xmm-Newton, cercando tra centinaia di migliaia di sorgenti, a caccia di prove tangibili di questo candidato Imbh. Una volta trovate, il bagliore X generato dalla stella distrutta dal buco nero ha permesso agli astronomi di stimare la massa del buco nero stesso.
Confermare un Imbh apre la porta alla possibilità che ve ne siano molti altri, nascosti nel buio, in attesa di divorare una stella troppo audace che passa nelle vicinanze. Lin intende continuare questo meticoloso lavoro investigativo, usando i metodi sviluppati dal suo team, che finora hanno avuto successo. «Studiare l’origine e l’evoluzione dei buchi neri di massa intermedia», dice Webb, «fornirà finalmente una risposta su come sono nati i buchi neri supermassicci, che troviamo nei centri delle galassie massicce».
I buchi neri sono uno degli ambienti più estremi che conosciamo e rappresentano un banco di prova per le leggi della fisica e per la nostra comprensione dell’universo. Ma come si formano i buchi neri di massa intermedia? E i buchi neri supermassicci, prima erano buchi neri di massa intermedia? La loro casa preferita sono i densi ammassi stellari? Gli astronomi hanno compreso un mistero, ma come vedete le domande che richiedono una risposta sono ancora tantissime.
Per saperne di più:
- Leggi su Astrophysical Journal Letters l’articolo “Multiwavelength Follow-up of the Hyperluminous Intermediate-mass Black Hole Candidate 3XMM J215022.4−055108” di D. Lin, J. Strader, A. J. Romanowsky, J. A. Irwin, O. Godet, D. Barret, N. A. Webb, J. Homan e R. A. Remillard
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