ANISOTROPIA DELL’ESPANSIONE AI RAGGI X

Là dove il cosmo s’espande un po’ di più

Uno fra i pilastri della cosmologia è che, su distanze sufficientemente grandi, l’universo appare uguale in tutte le direzioni. È la cosiddetta isotropia. Analizzando oltre trecento ammassi di galassie con Chandra e Xmm-Newton, però, un team di astrofisici mette in dubbio questa uniformità: in alcune direzioni l’universo parrebbe espandersi a velocità diversa rispetto ad altre. Ne parliamo con uno dei coautori, Lorenzo Lovisari, da poco rientrato da Harvard per lavorare all’Inaf di Bologna

     10/04/2020

Le aree blu si espandono più lentamente del previsto, le aree gialle più velocemente. Se l’espansione fosse isotropa, l’immagine sarebbe di colore rosso monocromatico. Crediti: Konstantinos Nikolaos Migkas, Uni Bonn/Astronomy & Astrophysics

L’universo è omogeneo e isotropo. O almeno così dovrebbe essere, stando al cosiddetto “principio cosmologico”. L’omogeneità si riferisce al fatto che le caratteristiche fisiche dell’universo (densità, temperatura, eccetera) dovrebbero essere le stesse per ogni sua porzione – purché a grande scala, vale a dire, sorvolando su dettagli “insignificanti” quali le galassie, le stelle, i pianeti e noi che ne abitiamo uno. L’isotropia, in modo analogo, dice che le caratteristiche sono identiche anche in ogni direzione: ovunque ti volgi (tropo) l’universo è sempre uguale (iso). Uguale al punto che, per trovare quelle anisotropie nella mappa della radiazione di fondo cosmico a microonde (Cmb) grazie alle quali avrebbero poi vinto il Nobel per la fisica nel 2006, John Mather e George Smoot hanno dovuto compiere misure della sua temperatura precise fino a una parte su 100mila.

Ora un team di astrofisici guidato da Konstantinos Migkas dell’università di Bonn, in Germania, potrebbe essere riuscito scoprire un’altra anisotropia: questa volta, nella sua velocità di espansione. Detto altrimenti, stando alle loro misure – compiute su un campione di 313 ammassi di galassie osservati con i telescopi spaziali per raggi X Chandra della Nasa e Xmm-Newton dell’Esa – in alcune direzioni l’universo sembra espandersi più velocemente che in altre. Se confermato, non sarebbe un dettaglio da poco: è come se, gonfiando un palloncino, invece di assumere una forma sferica lo vedessimo crescere più da un lato che dall’altro. Come se l’energia oscura non “spingesse” ovunque allo stesso modo. E che ne sarebbe della costante di Hubble, già un po’ malconcia, se saltasse fuori che può cambiare a seconda della direzione in cui volgiamo lo sguardo?

Lorenzo Lovisari

Nel team di Migkas c’è anche un astrofisico italiano che ha viaggiato tanto – viaggiare è la sua passione, insieme alla natura e ai libri –  e che da pochi giorni è rientrato in Italia. Nato a Lendinara (in provincia di Rovigo), si è laureato a Bologna, ha fatto il dottorato a Innsbruck, un postdoc a Bonn, poi quattro anni e mezzo negli Stati Uniti – allo Harvard-Smithsonian Center for Astrophysics – e ora, dal primo aprile, ha preso servizio all’Inaf Oas di Bologna. «Anche se, ovviamente, al momento solo in maniera telematica», dice a Media Inaf, riferendosi alle restrizioni per l’emergenza Covid-19. Si chiama Lorenzo Lovisari, ed è a lui che ci siamo rivolti per comprendere meglio la portata dei risultati ottenuti.

Partiamo dalla costante di Hubble. Possibile che non sia uguale in tutte le direzioni? Non dovremmo accorgercene dalle mappe della radiazione cosmica del fondo a microonde di cui parlavamo poc’anzi, per esempio quella ottenuta dal telescopio spaziale Planck?

«La mappa della radiazione cosmica di fondo ottenuta da Planck ci dà una fotografia molto accurata dell’universo poco dopo il Big Bang, ma potrebbe non essere lo strumento ideale per estrarre informazioni sulle regioni dell’universo più vicine a noi. L’universo attuale, infatti, è dominato dall’energia oscura, la cui natura è ancora ignota, e gli effetti della quale – teoricamente anche non isotropi – non si manifestano in maniera diretta nello spettro della Cmb, ma in maniera indiretta, per esempio con l’effetto Sachs-Wolfe».

E tutte le misure compiute, per esempio, sulle supernove? Non confermano l’isotropia dell’espansione dell’universo?

«Per studiare questo principio cosmologico, negli ultimi decenni sono state fatte molte ricerche, dalla distribuzione delle sorgenti radio lontane, ai lampi gamma, alle supernove di tipo Ia. I risultati sono però molto contraddittori, probabilmente perché i dati a disposizione hanno spesso una distribuzione spaziale poco omogenea, che è invece una delle caratteristiche principali del nostro campione. Voglio però chiarire una cosa».

Quattro degli ammassi di galassie del campione analizzato con Chandra. Crediti: Nasa/Cxc/Univ. of Bonn/K. Migkas et al.

Che cosa?

«Nell’articolo appena pubblicato non abbiamo affermato da nessuna parte che l’effetto non isotropo da noi osservato è di origine cosmologica, che è solo una delle possibilità».

Quali sono le alternative?

«Anche se nessuno dei fenomeni che abbiamo studiato nel nostro lavoro può spiegare i risultati ottenuti, non possiamo escludere che una loro combinazione, o un fenomeno fisico poco noto, oppure la presenza ignota di una nube di polvere o gas in una particolare direzione possa aver causato errori di misura o di interpretazione delle nostre osservazioni. In altre parole, l’assunto di un’espansione isotropa dell’universo potrebbe essere ancora valido e il comportamento anisotropo osservato nella relazione tra luminosità e temperatura degli ammassi di galassie potrebbe essere semplicemente causato da un qualche meccanismo fisico di cui sappiamo ancora poco o nulla. Anche in questo caso, il risultato appena ottenuto rimane molto importante, perché potrebbe permetterci di scoprire fattori di incertezza o errore delle misure ancora sconosciuti».


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