Dopo tre mesi di test in orbita si è conclusa la cosiddetta fase di commissioning della sonda Esa Cheops, che inizia così la sua avventura scientifica per lo studio degli esopianeti. Lanciato lo scorso dicembre, Cheops ha già ottenuto promettenti osservazioni di stelle note che ospitano esopianeti, e da ora molte altre saranno le interessanti scoperte che si attendono dalle sue misurazioni.
Cheops è una missione Esa che vede una importante partecipazione dell’Italia, con l’Istituto nazionale di astrofisica (Inaf), l’Università di Padova e l’Agenzia spaziale italiana (Asi). È un vero misura-pianeti, un satellite dedicato alla caratterizzazione di esopianeti di piccole dimensioni che transitano davanti alla loro stella madre. Un compito reso possibile grazie all’accuratissima strumentazione di bordo, che comprende un telescopio high-tech progettato e realizzato in Italia. Un telescopio che riesce a percepire la piccolissima variazione di luminosità delle stelle durate il passaggio dei pianeti davanti ad esse, delle vere e proprie mini eclissi. Per raggiungere i suoi obiettivi, Cheops è stato progettato per misurare la variazione della luminosità di una stella con una precisione di appena qualche decina di parti per milione.
Sin dalla sua entrata in orbita, Cheops si è dimostrato un sistema eccellente aprendo immediatamente i suoi “occhi” e fornendo, come previsto a gennaio, le prime straordinarie immagini e “collaborando” a tutte le operazioni di preparazione per raggiungere il suo obiettivo scientifico. Oggi si contano più di 4000 pianeti che sono stati scoperti orbitare attorno a stelle diverse dal Sole. È fondamentale ora iniziare a caratterizzare questi pianeti, fornendo vincoli sulla loro struttura, formazione ed evoluzione. Prendere le misure per caratterizzare gli esopianeti attraverso la misurazione precisa delle loro dimensioni – in particolare quelle dei pianeti più piccoli – è esattamente la missione di Cheops. Prima di essere dichiarato pronto per il compito, tuttavia, il piccolo satellite di 1,5 metri ha dovuto superare un gran numero di prove e da marzo, Cheops si è concentrato sulle stelle da studiare approfonditamente. Durante il periodo di messa in servizio (commissioning) Cheops ha dimostrato di poter raggiungere la precisione fotometrica necessaria per eseguire al meglio le sue osservazioni scientifiche.
«Per ottenere questo importantissimo risultato», riferisce Mario Salatti, program manager di Asi per la strumentazione italiana a bordo della missione, «è fondamentale che la catena ottica, dal telescopio alla back-end optics, realizzata e allineata dall’industria italiana, sia stabile al variare delle condizioni termiche che sperimenta il satellite nello spazio esterno mentre percorrere la sua orbita polare attorno alla Terra».
Durante le ultime due settimane in orbita, Cheops ha osservato – ricordano dall’Esa – due transiti di esopianeti davanti alle rispettive stelle ospiti, rilevando con precisione la piccola diminuzione della loro luce. L’osservazione dei transiti di esopianeti conosciuti è l’obiettivo della missione destinata a misurare le dimensioni dei pianeti con una precisione e un’accuratezza senza precedenti e a ricavare le loro densità, combinando i dati raccolti con misurazioni indipendenti delle loro masse.
«La precisione con cui è stato misurato il raggio del pianeta Kelt-11b», continua Salatti, «dimostra come gli obiettivi stabiliti nella fase di progettazione e di realizzazione del telescopio e degli altri sottosistemi di bordo siano stati raggiunti con successo. Alla soddisfazione del team industriale italiano attendiamo ora che si aggiunga quella dei ricercatori che finalmente potranno cimentarsi nell’analisi scientifica dei dati».
«Cheops è un piccolo telescopio disegnato per misure fotometriche di grande precisione. Per questo è costruito con scelte assolutamente non convenzionali», spiega Roberto Ragazzoni dell’Inaf di Padova, membro del team scientifico della missione. «Le immagini sono deliberatamente sfuocate e le ottiche sono montate in modo da garantire una grandissima rigidità delle loro posizioni relative. Queste soluzioni non ortodosse sono state premiate dimostrando di offrire una precisione fotometrica anche superiore alle specifiche. Tutto il team che ha contribuito alla sua creazione è molto soddisfatto».
«Le prestazioni di Cheops confermano l’eccellenza della ricerca e dell’industria italiana nella progettazione e costruzione di strumenti ottici», aggiunge Isabella Pagano, dell’Inaf di Catania, responsabile in Italia per Cheops. «È il momento adesso di analizzare i dati che Cheops ha iniziato a inviare. Insieme al gruppo coordinato da Giampaolo Piotto dell’Università di Padova, il team Cheops dell’Inaf basato a Catania e Padova, si occuperà di studiare in particolare l’architettura e dinamica dei sistemi multiplanetari, e l’influenza dell’attività magnetica stellare nei sistemi planetari di stelle nane rosse».
Guarda l’intervista a Roberto Ragazzoni su MediaInaf Tv:
A proposito della missione:
- La missione Cheops nasce dalla collaborazione di scienziati e ingegneri, istituti di ricerca, università e industrie, di undici paesi europei guidati dell’Agenzia spaziale europea (Esa) e dalla Svizzera. L’Italia, anche grazie al supporto dell’Agenzia spaziale italiana (Asi), ha un ruolo di primaria importanza in Cheops, sia per il contributo allo strumento sia per l’apporto scientifico. I ricercatori dell’Istituto nazionale di astrofisica (Inaf) a Catania e a Padova hanno elaborato il progetto ottico del telescopio, e affiancato l’industria selezionata dall’Asi – un raggruppamento temporaneo di imprese formato da Leonardo, Thales Alenia Space e MediaLario – per la realizzazione degli specchi, dell’ottica di back-end, e per le operazioni di integrazione, allineamento e test del telescopio, il cui modello di volo è stato consegnato al Consorzio Cheops – capitanato dall’Università di Berna – nel maggio del 2017.