Non è in Italia ma è tutto italiano. Si chiama Rem – acronimo di Rapid Eye Mount – e si trova ai margini del deserto di Atacama, a 600 km a nord di Santiago del Cile e a un’altitudine di 2400 metri sul livello del mare, all’Osservatorio della Silla. Roccaforte dell’Eso – l’Osservatorio europeo australe – dagli anni ’60, La Silla ha la fortuna di avere uno dei cieli notturni più bui della Terra. Innumerevoli sono gli strumenti che tutte le notti aprono gli occhi verso questo cielo scuro, scrutando verso i confini dell’universo, nello spazio e nel tempo. In una di quelle cupole, che si aprono curiose, c’è l’italianissimo Rem: uno dei telescopi più veloci che siano mai stati costruiti, che più volte ha fatto il suo dovere in modo egregio inseguendo i lampi gamma che esplodono nell’universo. Per conoscere questo piccolo prodigio italiano della tecnologia, Media Inaf è andata (virtualmente) in Sardegna per raggiungere chi l’ha progettato e lo sta tuttora custodendo, anche se da quasi 12mila chilometri di distanza: Emilio Molinari, direttore dell’Osservatorio astronomico dell’Inaf di Cagliari dal giugno 2017. Dal 2008 al 2017 è stato direttore del Tng: vi ricorderete i calendari! Cosmologo osservativo di formazione, si è poi occupato della progettazione di telescopi come Rem, che ora gestisce insieme al d’Rem Team, nonché di strumentazione astronomica per Tng, Vlt e E-Elt. È proprio lui che oggi ci accompagnerà lassù (di quota) – o laggiù (di latitudine) – tra spiegazioni tecniche, scientifiche e ricordi – nell’attesa di poterci tornare (o andare per la prima volta) quando questa emergenza sarà passata. Per dirla come Emilio, speRem presto!
Stiamo pubblicando questa rubrica sui telescopi nei giorni del Coronavirus e ora siamo arrivati a Rem. Sta funzionando? Lo state utilizzando?
«State scendendo in diametro? Comunque no, anche se da remoto riusciremmo a utilizzarlo. Anzi, siccome non è un telescopio remoto ma è un telescopio robotico, farebbe pure tutto da solo ma all’Eso ci hanno detto che, siccome non potrebbero darci una mano in caso di necessità (sulla manutenzione e su eventuali controlli) avremmo dovuto anche noi cessare le osservazioni. Per cui, tristemente, siamo stati obbligati a spegnere i motori. Rimangono in funzione le telecamere e i sensori di temperatura. Da casa possiamo guardare dentro e fuori dalla cupola. La prima volta che abbiamo dovuto chiudere, ho acceso la telecamera esterna e ho visto il Sole sorgere sulla cupola chiusa. Purtroppo, vista l’emergenza, non si poteva fare altrimenti».
Quindi in realtà non servirebbe nessuno lassù, per farlo funzionare?
«Rem fa assolutamente tutto da solo: apre la cupola quando può aprirla, osserva gli oggetti che ha in calendario da osservare, può cambiare il calendario delle sue osservazioni in tempo reale, a seconda di quello che succede, a seconda degli input di qualche “umano” ma non solo… potrebbe anche non essere umano, come ad esempio un satellite, che può far cambiare la schedula notturna del telescopio. Osserva tranquillamente da solo fintanto che la situazione è “sicura”, ovvero c’è connessione, le temperature esterne e interne sono buone e ci sono almeno altri due telescopi che stanno osservando alla Silla. Quindi non c’è assolutamente bisogno di qualcuno che stia là, né di noi che lo controlliamo da remoto. Serve giusto qualcuno che riesca a intervenire quando subentrano dei problemi. Normalmente è così, ma in questo frangente ci sono solo tre persone lassù a tenere il forte, tra cui un paramedico. Adesso Eso non può garantire queste presenze perché devono poter reagire a emergenze di altro tipo, quindi abbiamo dovuto fermare le osservazioni. Le uniche cose garantite in questo momento sono la luce e la rete».
Che tipo di telescopio è Rem?
«È un piccolo telescopio. Il diametro dello specchio principale è 60 centimetri ed è equipaggiato al fuoco Nasmyth con due camere: una visibile e una infrarossa. È così sin dall’inizio. È l’unico telescopio robotico con una camera infrarossa in funzione. Questo lo rende particolarmente adatto ad alcuni tipi di scienza che altrimenti sarebbero tipicamente appannaggio di telescopi più grandi, con strumentazione più importante. Anche se, a dire la verità, attualmente la nostra camera infrarossa è in quarantena in California».
Pure lei, che le è successo?
«Sì, il controller della camera – e perfino il suo spare, che veniva da Roma – dalla scorsa estate non funzionano più e quindi sono stati rimandati alla casa madre, in California, perché venissero riparati. La riparazione non è andata a buon fine e quindi adesso ci stanno costruendo una nuova elettronica, un nuovo computer e il controller per far funzionare e mettere in moto la nostra camera infrarossa, che è rimasta dapprima bloccata in Cile per gli eventi sociali che hanno fermato il paese alla fine dello scorso anno e adesso – ora che la ditta negli Stati Uniti aveva ricevuto la camera e stava portando avanti i lavori – c’è il lock down anche in California, non sanno quando potranno spedirci il pezzo in Cile. Dopodiché, pure noi non sappiamo quando potremo andare là a rimetterlo a posto».
Quand’è stata l’ultima volta che avete osservato lassù?
«Quando andiamo a La Silla non ci andiamo per osservare, andiamo a fare manutenzione: smontiamo, puliamo, mettiamo a posto cavi, risolviamo problemi. L’anno scorso siamo andati ben due volte, in Cile, per due occasioni speciali. La prima quando sono stato invitato a parlare di Rem al convegno per l’anniversario dei 50 anni dell’Osservatorio della Silla. Siamo andati giù in un gruppetto, abbiamo fatto la nostra settimana di lavoro e poi la presenza d’onore per Rem, insieme a tutti gli altri telescopi che hanno fatto la storia dell’Osservatorio della Silla. È stato molto emozionante perché la considero da sempre la mia seconda casa, fin da quando da studente andavo a osservare tutti gli anni. C’erano tutti, i personaggi storici dell’astronomia europea e quelli che alla Silla hanno costruito i vari pezzi. La seconda volta è stato ancora più emozionante. Qui da noi era estate e siamo andati a fare la nostra settimana di manutenzione al telescopio, mettere a posto tutto perché sì… fa tutto da solo, il povero telescopio, ma ogni tanto ha bisogno di una mano. Siamo capitati, per una strana coincidenza, proprio nei giorni in cui c’è stata l’eclisse totale di Sole e quindi abbiamo visto, per un paio di minuti, l’eclisse totale proprio sopra al nostro telescopio. Ovviamente abbiamo scelto di andare quella settimana, non una prima o una dopo, per poterla vedere. C’erano un migliaio di persone nel sito della Silla e noi eravamo là, nel nostro telescopio Rem».
Di cosa ti sei occupato, in particolare?
«Mi sono occupato di tutto. All’inizio ero addetto alla parte di costruzione della cupola, quindi dovevo visionare i piani, i collegamenti, i tubi, le misure… da lontano. Ho anche fatto una missione di un giorno alla Silla per vedere se i lavori erano finiti e se erano stati fatti bene. Effettivamente in quella missione riscontrai che mancavano 10 cm al basamento. Poi, piano piano, mi sono occupato di tutto il resto e infine ho preso in mano la gestione del telescopio, insieme al d’Rem team… che siamo sempre stati noi».
Il colorino l’avete scelto voi?
«Il colorino ha la sua storia. Io lavoravo a Merate quando si stava costruendo Rem e la ditta Halfmann Teleskoptechnik in Germania faceva i lavori. Io tenevo i contatti con la ditta. A un certo punto è arrivato un mail con su scritto che erano pronti per verniciarlo e chiedevano il colore da usare. Avevamo già fatto il logo di Rem, che aveva un colore tipo “melanzana scura”. Nel mail mi chiedono il codice Ral del colore ma io non avevo la più pallida idea di cosa fosse un codice Ral. Vado su Google, digito “codice ral a 5 cifre” e trovo una tabella, con una schermata e una paletta di colori. Vedo quello che corrisponde alla “melanzana scura” e glielo mando. Mi rispondono: “Are you sure?”. Sì sì, rispondo io. E questo è il risultato: bellissimo, non è vero? Il suo vero nome è traffic purple».
Sì, secondo me un telescopio fucsia non può che essere il telescopio più bello del mondo. Raccontaci cosa osserva… mi pare sia nato per osservare le controparti ottiche e infrarosse dei gamma ray burst, giusto?
«Rem è nato per quello. È una macchina che ha come caratteristica principale quella di essere rapido (da qui la ‘R’ del suo nome). I suoi motori sono potenti, e collegati direttamente con il movimento del telescopio. In 30 secondi dopo l’alert di un satellite, Rem sta osservando l’oggetto che viene indicato. Quindi è veramente molto veloce e questa è la sua ragione d’essere (oltre al suo nome che per esteso fa Rapid Eye Mount): trovare la controparte ottica e infrarossa degli afterglow dei gamma ray burst (Grb). Quando il satellite Swift manda un alert, Rem smette di fare quello che stava facendo e punta nella posizione indicata. I Grb erano (e sono tuttora) l’obiettivo principale del telescopio, che però è stato offerto alla comunità italiana per fare anche altre osservazioni, attraverso call semestrali, insieme a Tng e Lbt. Visto che risiede in Cile, anche la comunità cilena ha diritto a una fetta del 10 per cento del tempo osservativo e ogni semestre fa le sue proposte e ci manda i suoi programmi osservativi. Tutti questi programmi finiscono nella pancia del suo scheduler robotico e lui man mano osserva gli oggetti che si trovano nel momento di massima visibilità. Ma l’alert dei Grb è prioritario: se arriva, Rem smette di osservare quello che sta osservando e punta le coordinate indicate dal satellite. Ecco, c’è da dire che pian piano è scemato l’interesse della comunità per seguire velocemente i Grb e Rem ha osservato altri oggetti celesti estremamente interessanti quali nuclei galattici attivi, oggetti stellari, ecc. Quello che l’ha sempre contraddistinto, rispetto agli altri, è comunque il fatto di essere veloce».
Tre cose importanti per cui è valsa la pena costruirlo?
«Se devo dire le tre cose importanti che ha osservato Rem per cui è valsa la pena averlo costruito, penso subito all’inizio della sua carriera, quando è riuscito a osservare l’afterglow di un Grb prima che raggiungesse il massimo della sua luminosità. Riuscire a misurare il picco di luminosità dell’afterglow ha permesso di misurare la velocità di espansione della fireball. La seconda osservazione ha riguardato una collaborazione con i russi, che hanno costruito una camera veloce (7 immagini al secondo) che è stata piazzata a cavallo di Rem. Questa camera si chiama Tortora e ha un campo di vista di 30 gradi, quindi molto ampio. Rem, insieme a Tortora, è riuscito a vedere un Grb prima che scoppiasse, ovvero stava già guardando nella direzione giusta. Tortora era stata pensata per trovare Grb ma alla fine non ha mai funzionato come macchina da “scoperta dei grb” perché il suo software non era proprio adatto e il campo di vista era così grande che ogni pixel sono arcominuti. Ma quella volta siamo stati fortunati: mentre stava osservando un Grb ne è scoppiato un altro, nello stesso campo di vista di Tortora. Rem si è subito spostato e quindi di quel Grb siamo riusciti ad avere la curva di luce di Tortora e di Rem. È stata la prima volta in cui siamo riusciti a fare una risoluzione ad alta frequenza temporale della curva di luce dell’afterglow di un Grb. È stato allora, con quell’osservazione, che Rem è entrato nell’avventura della time domain astronomy, che sta vivendo ancora adesso».
E la terza cosa per cui è valsa la pena costruirlo?
«Da qualche anno siamo entrati come partner nel progetto europeo Opticon (Integrating Astronomy Across Europe) – il corrispettivo in radio è Radionet – che serve, tra l’altro, per permettere ai paesi che non hanno telescopi di accedervi. Questo consorzio fra l’altro offre anche un appoggio finanziario per i telescopi e gli osservatori e adesso è molto attivo per fare followup dei transienti di Gaia. In questo frangente, nel 2017, Rem è riuscito a vedere la kilonova, la famosa controparte elettromagnetica dell’onda gravitazionale emessa dalle due stelle di neutroni. Rem, come altri telescopi, è stato attivato: aveva la sua lista di possibili candidate galassie da osservare e tra queste ha misurato la luminosità della kilonova della galassia».
In attesa che lo strumento infrarosso, e anche noi, usciamo dalla quarantena, lo strumento visibile funzionerebbe anche da solo?
«La parte visibile funziona. Fino all’ultimo giorno abbiamo osservato. In particolare, stavano osservando un transiente Gaia. Stavamo anche facendo dei test per vedere gli space debris (i cosiddetti rifiuti spaziali), abbiamo avuto i primi contatti con il progetto Ssd, in cui è coinvolto Inaf e l’aeronautica. Abbiamo fatto delle immagini di pezzi di satelliti (non so bene che pezzi siano) che sono usciti dall’orbita geostazionaria e qualche giorno fa avremmo dovuto fotografare il passaggio di Bepi Colombo… ma l’abbiamo perso. Eravamo chiusi. Fino all’ultimo ho provato a chiedere il permesso di poter manovrare Rem, per fotografare questo memorabile passaggio, ma niente… per ragioni di sicurezza non è stato possibile».
Ultimissima cosa, hai qualche aneddoto da regalarci che riguarda Rem e il fantastico posto in cui si trova?
«All’inizio, 17 anni fa, su alla Silla era tutta un’altra cosa: era piena di astronomi, di tecnici, di officine… adesso la presenza è molto più scarna perché Eso ha portato tutti gli sforzi a Paranal. All’inizio eravamo sempre insieme a tutti gli altri. Ricordo una sera in cui l’allora direttore della Silla, Jorge Melnik, durante una cena ci aveva ingaggiato a una tenzone lessicale e, in due o tre lingue, giocavamo a inserire la parola Rem dentro le frasi. Lui a un certo punto ci aveva indicato come la cRem della cRem. E noi avevamo replicato: Stai attendo che poi ritorneRem! La ricordo come una serata divertentissima e alla fine lo abbiamo nominato Cavaliere del Rem, con una vera cerimonia in cupola e un piccolo spadino… ovviamente fucsia!».
Per leggere le altre interviste di questa serie dedicata ai telescopi:
- Vai alla pagina Viaggio fra i telescopi nei giorni del coronavirus
Guarda su MediaInaf Tv questo servizio video del 2019 su Rem: