La cometa 2I/Borisov, il secondo corpo celeste a farci visita dal mezzo interstellare (e il primo con attività cometaria confermata), fa ancora parlare di sé. Lo ha fatto all’inizio di aprile a causa della frammentazione del suo nucleo cometario. E lo fa ora per via dell’insolita composizione chimica che la contraddistingue, differenziandola da tutte le altre comete del Sistema solare. Una diversità emersa dalle ultime osservazioni di Alma, che nella notte fra il 15 e il 16 dicembre 2019 ha analizzato la composizione del gas attorno alla cometa.
I risultati di queste osservazioni, pubblicate oggi su Nature Astronomy, mostrano in particolare la presenza di due molecole di gas. La prima è l’acido cianidrico (HCN), una sostanza che gli astronomi si aspettavano di trovare, e che è presente nel nucleo della cometa in quantità simili a quelle trovate in altre comete indigene del nostro sistema planetario. La seconda è il monossido di carbonio (CO), una molecola che invece li ha sorpresi per la sua quantità: tra 9 e 26 volte la concentrazione stimata per le comete del Sistema solare, superiore a quella rilevata in qualsiasi altra cometa che si sia avvicinata al Sole entro 2 unità astronomiche (300 milioni di chilometri).
«Alma è stato determinante per la comprensione della natura del materiale cometario nel Sistema solare – e ora di questo oggetto unico proveniente dal nostro vicinato cosmico», dice Anthony Remijan del National Radio Astronomy Observatory di Charlottesville, in Virginia, coautore dell’articolo che descrive i risultati. «Solo grazie alla sensibilità senza precedenti di Alma alle lunghezze d’onda submillimetriche siamo in grado di caratterizzare il gas che fuoriesce da oggetti così unici».
«Questa è la prima volta che guardiamo dentro a una cometa proveniente dall’esterno del Sistema solare», aggiunge Martin Cordiner, astrochimico del Goddard Space Flight Center della Nasa e primo autore dello studio, «ed è estremamente diversa dalla maggior parte delle altre comete che abbiamo visto sinora».
Ma come mai questa enorme differenza nella concentrazione del monossido di carbonio? Fino a quando non si osserveranno altre comete interstellari, l’insolita composizione di 2I/Borisov non potrà essere facilmente spiegata. Tuttavia, secondo gli autori potrebbe essere dovuta in parte al luogo in cui la cometa si è formata. E poiché si tratta di oggetti la cui composizione interna non cambia significativamente nel tempo, questo potrebbe dirci molto sia sui processi che si sono verificati durante la loro nascita nei dischi protoplanetari che sul loro luogo di origine.
«Se i gas che abbiamo osservato riflettono la composizione del luogo di nascita di 2I/Borisov», dice a questo proposito Cordiner, «ciò significa che potrebbe essersi formata in modo diverso rispetto dalle comete del Sistema solare, in una regione esterna estremamente fredda di un sistema planetario distante». Un luogo simile, ad esempio, alla fascia di Kuiper, la regione fredda contenente corpi ghiacciati oltre Nettuno.
«La cometa», osserva la scienziata planetaria del Goddard Space Flight Center Stefanie Milam, coautrice dello studio, «deve essersi formata da materiale molto ricco di ghiaccio di monossido di carbonio, che è presente solo alle più basse temperature che si trovano nello spazio, al di sotto dei -250 gradi Celsius».
Ma dove esattamente? Da quali dischi protoplanetari? E attorno a quale stella? «La maggior parte dei dischi protoplanetari osservati con Alma si trovano attorno a versioni più giovani di stelle di piccola massa come il Sole», spiega Cordiner. «Molti di questi dischi, contenti grandi quantità di polvere e gas estremamente freddi, si estendono ben oltre la regione in cui nel Sistema solare si ritiene si siano formate le nostre comete. È possibile che 2I/Borisov provenga da uno di questi dischi più grandi».
Quanto al meccanismo che l’ha spinta a fuggire dal suo luogo nativo e a raggiungerci, anche in questo caso i ricercatori fanno ipotesi. La sua alta velocità (33 km/s) fa supporre che la cometa sia stata espulsa dal sistema planetario ospite, complice probabilmente l’interazione con una stella di passaggio o con un pianeta gigante.
«2I/Borisov ci ha concesso di dare la prima occhiata alla chimica che ha modellato un altro sistema planetario», conclude Milam, «ma solo quando potremo confrontare l’oggetto con altre comete interstellari capiremo se 2I/Borisov è un caso speciale o se ogni oggetto interstellare ha livelli insolitamente alti di monossido di carbonio».
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Per saperne di più:
- Leggi su Nature Astronomy l’articolo “Unusually high CO abundance of the first active interstellar comet” di M. A. Cordiner, S. N. Milam, N. Biver, D. Bockelée-Morvan, N. X. Roth, E. A. Bergin, E. Jehin, A. J. Remijan, S. B. Charnley, M. J. Mumma, J. Boissier, J. Crovisier, L. Paganini, Y.-J. Kuan e D. C. Lis