L’INGEGNO ITALIANO ALLA CONQUISTA DELLO SPAZIO

53 anni fa il lancio del satellite San Marco 2

Il 26 aprile 1967, alle ore 10:04 Utc, sotto gli occhi stupiti di chi dalla spiaggia osservava i preparativi, si alzò in volo dalla base italiana di lancio al largo di Malindi – in pieno oceano, unica al mondo – il satellite San Marco 2. Roberto Della Ceca e Frida Paolella ripercorrono le fasi principali di quell’evento, interamente – tranne il vettore Scout messo a disposizione dagli Stati Uniti – opera italiana

Lancio del San Marco il 26 aprile 1967. Da Enrico Ferrone e Carlo Buongiorno, “Lo spazio di una vita”, LoGisma editore, 2011

Nell’anno in cui uno sconosciuto fisico della California (il dottor Theodore Maiman) brevettava il “primo laser funzionante” al mondo e il dottor Barnard eseguiva il primo trapianto di cuore su un essere umano noi, alle ore 10:04 Utc del 26 aprile 1967, lanciavamo dalla piattaforma San Marco della nostra base di lancio al largo di Malindi (nell’attuale Kenya) il secondo satellite italiano, il San Marco 2. Il  primo satellite italiano era stato lanciato circa tre anni prima, il 15 dicembre 1964, dalla base americana nell’isola di Wallops in Virginia. L’Italia diventava così il terzo paese al mondo, dopo Ussr e Usa, a costruire, lanciare e controllare un satellite con proprio personale.

Con il lancio di San Marco 2, l’Italia poteva progredire nella realizzazione del suo progetto spaziale, fortemente voluto dal riconosciuto padre dello spazio italiano, il professore – nonché generale del Genio aeronautico – Luigi Broglio. Il nostro Paese aveva uomini d’ingegno e di grande capacità e stava dimostrando al mondo intero di avere le competenze adeguate per costruire, mettere in orbita e seguire i propri satelliti; trovare risorse e mezzi era sì difficile, ma possibile grazie alla grande inventiva, alla proverbiale capacità italiana di arrangiarsi e alla visione di politici e altri personaggi chiave del tempo. In questo senso Luigi Broglio era la cosiddetta “punta dell’iceberg”: grande personalità, molto rispettata in campo scientifico ed accademico (fu lui a dare vita alla Scuola di ingegneria aerospaziale all’Università La Sapienza di Roma), che godeva di grande considerazione negli ambienti aerospaziali statunitensi.

Posizione della base di lancio San Marco in un giornale dell’epoca

La piattaforma di lancio San Marco affiancata dalla piattaforma di controllo e logistica Santa Rita erano parte del programma San Marco, approvato dal governo Fanfani a fine 1961, che prevedeva  una forte collaborazione con gli Stati Uniti (collaborazione rimasta fattiva fino ai giorni nostri) e la costruzione di satelliti scientifici – da lanciare con i razzi Scout americani – e di una base di lancio equatoriale in mare – prima in assoluto mondiale.

La piattaforma Santa Rita (in grado di ospitare fino a 120 persone) era stata messa a disposizione dall’allora presidente dell’Eni Enrico Mattei, cui Broglio si rivolse, prima in occasione di un incontro, poi con una lettera scritta l’8 agosto 1962 (si veda il documentario “L’Europa nello spazio” al minuto 5:30) in cui chiedeva a Mattei di mettere a disposizione la piattaforma petrolifera “Scarabeo” per scopi scientifici e pacifici. Mattei, altro italiano visionario e geniale, cedette la ex piattaforma petrolifera, che fu adattata per le nuove esigenze presso i cantieri navali di Taranto, trasportata e posizionata, dopo un viaggio di 8mila chilometri, al largo delle coste di Malindi, in Kenya. La piattaforma San Marco (circa 90 x 27 metri), in origine piattaforma da sbarco, era stata invece “prestata” dall’esercito americano grazie a un’intercessione della Nasa, adattata alle esigenze nei cantieri navali di La Spezia, trasportata in Kenya e posizionata a una distanza di 600 m dalla piattaforma Santa Rita. Fu un’impresa epica, ed è più che doveroso ricordare il grosso contributo dato dal professro Carlo Buongiorno, primo direttore generale dell’Agenzia spaziale italiana e, all’epoca, direttore generale delle operazioni in Kenya.

Foto del San Marco 2 posizionato in cima al razzo Scout

Ci vollero tutta l’inventiva e creatività del nostro genio italico per realizzare le strutture necessarie: sembrava proprio di essere nella nebbia, in attesa del sole. Ma alla fine, quando tutto fu pronto, sotto gli occhi stupiti di chi dalla spiaggia osservava i preparativi, il 26 aprile 1967 fu lanciato da quella base in pieno oceano – unica al mondo – il San Marco 2.  Tutto, tranne il vettore “Scout” messo a disposizione dagli americani, era opera italiana. Dalla realizzazione del satellite, alla piattaforma, alla gestione delle operazioni di lancio e al successivo controllo.

Il San Marco 2 è stato il primo satellite in assoluto a essere lanciato da una piattaforma oceanica e il primo a essere messo in orbita equatoriale con un lancio diretto. Rimase intorno alla Terra per circa 171 giorni, percorrendo un’orbita ellittica con apogeo di circa 800 km e perigeo di circa 220 km. Portava a bordo una versione migliorata (rispetto a quella volata con il San Marco 1) della cosiddetta bilancia inerziale o “bilancia Broglio”, progettata e costruita dallo stesso Broglio; strumento innovativo per l’epoca, consentiva di investigare la densità dell’atmosfera ad altissime quote (tra i 200 e 400 km), argomento di grande interesse in quel periodo, data la fremente corsa alla conquista dello spazio e alla imminente missione lunare.

I nomi dati dallo stesso Broglio alle due piattaforme testimoniano le sue origini natali (Mestre, 1911) nonché la sua profonda fede: San Marco è il patrono di Venezia e il protettore di “tutti coloro che operano sul mare”, mentre Santa Rita è la patrona dei “casi disperati e apparentemente impossibili”, come doveva apparire il progetto San Marco nelle sue fasi iniziali.

Piattaforma Santa Rita: Controllo e logistica

Dalla base italiana in Kenya, tra il 1967 ed il 1988 (data dell’ultimo lancio), sono stati lanciati in totale 9 satelliti artificiali: altri 3 satelliti del programma San Marco oltre a quello lanciato il 26 aprile 1967, 4 satelliti americani e un satellite inglese; la piattaforma San Marco ha inoltre effettuato circa una ventina di lanci orbitali. È notevole che nessuno dei lanci effettuati dalla base San Marco sia mai fallito: chiaramente un record.

Tra i diversi satelliti lanciati dalla piattaforma San Marco, alcuni hanno poi fatto la storia dell’astrofisica spaziale: il primo satellite dedicato all’astronomia a raggi X, Explorer 42 o Sas 1, il 12 dicembre 1970 – poi rinominato Uhruru (‘libertà’ in swahili) in quanto lanciato in ricorrenza della data di indipendenza del Kenya – e il primo satellite del Vecchio continente, anche esso dedicato all’astronomia in banda X, il satellite inglese Ariel 5 (15 ottobre 1974).  Ambedue lanciati da personale italiano.

Cartolina commemorativa del 1971

Il progetto “San Marco” prevedeva anche un campo base di 3.5 ettari in territorio kenyota a circa 32 km a nord di Malindi, base tuttora operativa per comunicazioni con satelliti di interesse nazionale e gestita dalla nostra agenzia spaziale. Il campo base, alla morte del professor Broglio nel 2001, è stato denominato “Luigi Broglio Space Center”. Le piattaforme di lancio sono invece inutilizzate e sottoposte alla sola manutenzione ordinaria.

Tutto quanto avvenuto in seguito in ambito spaziale nel nostro Paese – il Piano spaziale nazionale (all’interno del Cnr), la successiva nascita della agenzia spaziale italiana (Asi), i satelliti nazionali e le collaborazioni internazionali, eccetera – ha le fondamenta nel progetto San Marco, di cui la data del 26 aprile 1967 segna una delle tappe fondamentali. Tale data meriterebbe di essere annoverata tra le date importanti per il nostro Paese, ma, purtroppo, da una veloce ricerca nel web non lo è; come Paese abbiamo uno strano e singolare modo di “non ricordarci” chi siamo.


Il lancio del San Marco 2 (dal video dell’Esa “Vega, history of a new launcher”):