La scoperta del primo asteroide e della prima cometa interstellare è storia recente. Il 18 ottobre 2017, con il telescopio Pan-Starrs 1, veniva scoperto l’asteroide 1I/’Oumuamua e, il 30 agosto 2019, Gennady Borisov scopriva la cometa 2I/Borisov che, recentemente, è andata soggetta ad un fenomeno di frammentazione del nucleo. Il prefisso “I” che precede i nomi significa proprio “interstellare”. Tuttavia, si può andare alla ricerca di asteroidi interstellari non solo con osservazioni telescopiche ma anche eseguendo simulazioni numeriche al computer. Lo hanno fatto l’astronomo francese Fathi Namouni (Observatoire de la Côte d’Azur) e la sua collega brasiliana Helena Morais (Universidade Estadual Paulista), in un recente paper pubblicato su Monthly Notices of the Royal Astronomical Society: “An interstellar origin for high-inclination Centaurs”.
I centauri sono asteroidi che si muovono nel Sistema solare esterno con il perielio (punto dell’orbita più vicino al Sole) che cade all’interno delle orbite dei pianeti giganti del Sistema Solare: Giove, Saturno, Urano e Nettuno, di conseguenza subiscono delle intense perturbazioni gravitazionali. Un centauro notevole è (2060) Chrione, scoperto come asteroide nel 1977 ma che in seguito ha mostrato outburst di attività cometaria. Gli studi dinamici ci dicono che i centauri provengono dalla fascia di Kuiper o dal disco diffuso, e sono una classe intermedia tra gli oggetti transnettuniani (Tno) e le comete della famiglia di Giove. Quindi i Tno si evolvono regolarmente verso le orbite di tipo centauro anche se l’inclinazione delle orbite tende a rimanere bassa. Tuttavia fra i centauri ci sono anche asteroidi con orbite ad alta inclinazione sull’Eclittica. Che origine hanno?
Per rispondere a questa domanda tutt’altro che banale, Namouni e Morais hanno preso in considerazione sia 17 centauri sia 2 oggetti trans-nettuniani con orbite ad alta inclinazione sull’Eclittica, ossia maggiore di 60° (hanno incluso un’eccezione: Chirone). Per ciascun asteroide sono stati generati un milione di cloni con caratteristiche orbitali compatibili – entro gli errori – con le osservazioni attuali e l’orbita è stata fatta evolvere indietro nel tempo fino ad arrivare a 4,5 miliardi di anni fa, ossia fino alla fine della fase di formazione dei pianeti dalla nube protoplanetaria che ha dato origine al Sistema solare attuale. Per le simulazioni sull’evoluzione indietro nel tempo delle orbite è stato tenuto conto delle perturbazioni gravitazionali dei quattro pianeti giganti Giove, Saturno, Urano e Nettuno mentre alla massa del Sole sono state aggiunte le masse dei quattro pianeti più interni (Mercurio, Venere, Terra e Marte). Oltre a questo è stato tenuto conto dell’influenza delle maree galattiche e dell’inclinazione fra il piano dell’Eclittica e quello dell’equatore galattico. Durante la simulazione numerica, l’evoluzione delle orbite di centauri e Tno è stata monitorata per andare alla ricerca di collisioni con il Sole, collisioni con i pianeti oppure espulsioni dal Sistema solare.
Nella simulazione ogni clone segue una propria traiettoria, diversa da tutti gli altri, per effetto del caos gravitazionale. Il milione di cloni genera quindi uno sciame di asteroidi su cui è possibile fare studi statistici per risalire alle proprietà orbitali che possedevano i 19 asteroidi 4,5 miliardi di anni fa. Per l’esecuzione dei calcoli è stato utilizzato il calcolatore Sigamm (Simulations Intensives en Géophysique, Astronomie, Mécanique et Mathématiques), dell’Observatoire de la Côte d’Azur, con una capacità di calcolo di 52mila miliardi di operazione al secondo. Ogni asteroide, con il suo milione di cloni, ha richiesto circa un mese di calcolo perché le capacità di Sigamm sono state condivise con altri gruppi di ricerca (altrimenti sarebbero bastate due settimane).
Il risultato finale di circa 20 mesi di calcoli numerici è che orbite stabili, che sopravvivono fino a 4,5 miliardi di anni fa, sono state trovate per tutti gli asteroidi considerati, incluso Chirone. La frazione di cloni stabili per i centauri ad alta inclinazione va dallo 0,0007 allo 0,43 per cento, per i Tno le orbite stabili sono l’8 per cento, mentre per Chirone siamo allo 0,03 per cento. La grande maggioranza dei cloni stabili si trovano nella regione del disco diffuso oppure nella nube di Oort interna – ossia molto oltre Nettuno – e sono tutti su orbite a grande inclinazione sull’Eclittica, ossia orbite polari. Queste regioni di stabilità orbitale vengono raggiunte dopo appena un miliardo di anni dall’inizio della simulazione e la migrazione delle orbite dei pianeti giganti – che avviene subito dopo la formazione dei pianeti – non ha nessun effetto sui risultati. I cloni stabili presenti nella regione dei centauri o nella fascia di Kuiper sono invece molto pochi. Da qui deriva che tutti i centauri ad alta inclinazione considerati nell’articolo non hanno avuto origine dal disco di planetesimi da cui si sono formati i pianeti, altrimenti sarebbero stati trovati un maggior numero di cloni con orbite a bassa inclinazione sull’Eclittica.
Se è improbabile che questi asteroidi si siano formati nel disco protoplanetario insieme ai pianeti ma si trovavano nella nube di Oort anche prima che questa si formasse da dove possono venire? Un risposta è che probabilmente si tratta di asteroidi catturati dallo spazio interstellare, ossia asteroidi formatisi attorno ad altre stelle che si trovavano nei paraggi del Sole circa 4,5 miliardi di anni fa. Questo scenario appare plausibile se si pensa che tutte le stelle nascono dal collasso gravitazionale di grandi nubi di gas e polveri e hanno la tendenza a formare ammassi stellari aperti. Questi ammassi stellari si dissolveranno in capo a qualche centinaio di milioni di anni perché le stelle che li compongono hanno una velocità superiore a quella di fuga complessiva dell’ammasso, ma durante questo periodo di “convivenza” le stelle si trovano molto vicine fra di loro e possono catturare asteroidi di altre stelle che andranno a popolare le rispettive nubi di Oort o il disco diffuso. La cattura gravitazionale di asteroidi alieni è coadiuvata dalla presenza di gas e polveri attorno alle stelle giovani che possono assorbire l’eccesso di energia cinetica dell’asteroide fino alla cattura definitiva.
I risultati ottenuti da Namouni e Morais sulla possibile origine dei centauri ad alta inclinazione sull’Eclittica sono in disaccordo con precedenti lavori sull’origine di questi asteroidi che li vedeva trarre origine dal disco di planetesimi primordiali. D’altra parte l’approccio è diverso: nel secondo caso si ipotizza un disco di planetesimi e si fa evolvere in avanti nel tempo fino ai giorni nostri, mentre nel caso di Namouni e Morais si parte dalle orbite osservate oggi – senza bisogno di ipotesi ad hoc – e si procede indietro nel tempo. Sono due modi di procedere entrambi legittimi e ci si poteva aspettare una concordanza dei risultati. Ma in campo scientifico succede spesso così ed è il sale della ricerca scientifica: saranno necessarie ancora parecchie simulazioni numeriche per capire l’origine dei centauri ad alta inclinazione sull’Eclittica.
Per saperne di più:
Leggi su Monthly Notices of the Royal Astronomical Society l’articolo “An interstellar origin for high-inclination Centaurs”, di F. Namouni e M. H. M. Morais