Girano e girano sulla pista, forse rapiti al suono di una mazurca. E si dimenano. Con l’eleganza di chi conosce a menadito lo spazio della balera, magari appesantito nell’età e da qualche chilo di troppo, ma leggero come la luce di una festa di paese.
È questa la straordinaria immagine che ci regala l’osservatorio a infrarossi Spitzer, da poco in pensione, appena pubblicata su The Astrophysical Journal Letters. Un ultimo ballo, assai speciale: quello di due buchi neri nella galassia Oj 287. L’uno fra i più grandi mai trovati, oltre 18 miliardi di volte la massa del nostro Sole. L’altro, in orbita attorno al primo, con circa 150 milioni di masse solari. Due volte ogni 12 anni, il più piccolo dei due buchi neri “attraversa” l’enorme disco di gas che circonda il suo compagno più grande, creando un lampo di luce più luminoso di un miliardo di miliardi di stelle. Una folgore più luminosa dell’intera galassia della Via Lattea e che impiega 3,5 miliardi di anni per raggiungere il nostro pianeta.
Il buco nero al centro della balera galattica come un cavaliere porta la dama nella danza, facendole descrivere un’orbita oblunga, irregolare. A ogni giro cambia posizione e disegna perpendicolarmente alla nostra prospettiva una forma simile a quelle che si potrebbero ricavare con uno spirografo.
Ricordate? Gli anelli, le barre, le curve, i triangoli di plastica che facevano parte dello spirografo? Il kit presentato alla fiera internazionale dei giocattoli di Norimberga nel 1965 fatto di piccole ruote dentellate con cui disegnare curve sinuose e spettacolari dalla precisione geometrica. I buchi neri di Oj 287 sembrano disegnare nel cielo le stesse figure: ipotrocoidi ed epicicloidi. Ovvero quelle curve che appartengono alla categoria delle rullette, generate da un punto che appartiene a una data curva e che rotola su una seconda curva fissa. Un po’ come fa la Luna intorno al Sole nel suo moto di traslazione, durante il quale interseca il piano orbitale della Terra 24-25 volte l’anno.
Ma torniamo ai buchi neri di Oj 287. Quando il buco nero più piccolo si schianta sul disco, crea due bolle di gas caldo in espansione che si allontanano dal disco in direzioni opposte e che in meno di 48 ore quadruplicano la luminosità del sistema.
Per via dell’orbita irregolare, il buco nero più piccolo impatta il disco del più grande in momenti diversi durante i 12 anni necessari a completare un’orbita. A volte il lampo di luce appare a distanza di appena un anno dal precedente. Altre volte bisogna aspettare quasi 10 anni per avvistarlo di nuovo. Negli anni i ricercatori sono riusciti a mettere in piedi un modello previsionale affidabile. Lo ha confermato proprio Spitzer riuscendo a osservare il lampo di luce emesso dal sistema il 31 luglio 2019. Allora Oj 287 si trovava sul lato opposto del Sole, fuori dal campo visivo di tutti i telescopi a terra e in orbita terrestre. Per fortuna in quel momento Spitzer si trovava a 254 milioni di chilometri dalla Terra, il migliore punto di vista sulla scena. Come una ragazza di paese che attende a bordo pista l’invito a ballare, Spitzer ha potuto godere dello spettacolo di piedi che si incrociavano sulla balera dello Spazio. Una balera che ci piace pensare risuoni nell’aria morbida dell’estate.
Guarda il servizio video di MediaInaf Tv:
Per saperne di più:
- Leggi su The Astrophysical Journal Letters l’articolo “Spitzer Observations of the Predicted Eddington Flare from Blazar OJ 287”, di Seppo Laine, Lankeswar Dey, Mauri Valtonen, A. Gopakumar, Stanislaw Zola, S. Komossa, Mark Kidger, Pauli Pihajoki, José L. Gómez, Daniel Caton, Stefano Ciprini, Marek Drozdz, Kosmas Gazeas, Vira Godunova, Shirin Haque, Felix Hildebrandt, Rene Hudec, Helen Jermak, Albert K. H. Kong, Harry Lehto, Alexios Liakos, Katsura Matsumoto, Markus Mugrauer, Tapio Pursimo, Daniel E. Reichart, Andrii Simon, Michal Siwak ed Eda Sonbas