Secondo la moderna teoria della fisica delle particelle, la materia prodotta quando le stelle di neutroni si fondono è così densa che potrebbe esistere in uno stato di particelle elementari disciolte. Questo stato della materia, chiamato plasma di quark e gluoni, potrebbe lasciare una traccia ben definita e rilevabile nelle onde gravitazionali generate dall’evento di fusione. Recentemente, i fisici della Goethe University di Francoforte e dell’Istituto di studi avanzati di Francoforte hanno simulato questo processo utilizzando supercomputer.
Le stelle di neutroni sono tra gli oggetti più densi nell’universo. Se il Sole, con il suo raggio di 700mila chilometri, fosse una stella di neutroni, la sua massa sarebbe condensata in una sfera quasi perfetta con un raggio di soli 12 chilometri! Quando due stelle di neutroni si scontrano e si fondono in un’unica stella di neutroni iper-massiccia, la materia nel nucleo del nuovo oggetto diventa incredibilmente calda e densa. Secondo i calcoli, queste condizioni potrebbero dare origine ad adroni – particelle sub-atomiche, come neutroni e protoni, che sono normalmente presenti nella nostra esperienza quotidiana – che si dissolvono nei loro componenti quark e gluoni, generando un plasma di quark e gluoni.
Nel 2017 è stato scoperto, per la prima volta, che la fusione di stelle di neutroni è in grado di generare un’onda gravitazionale che può essere rilevata sulla Terra. Il segnale non fornisce solo informazioni sulla natura della gravità, ma anche sul comportamento della materia in condizioni estreme. Quando queste onde gravitazionali sono state scoperte per la prima volta nel 2017, tuttavia, non sono state registrate oltre il punto di fusione.
È qui che inizia il lavoro dei fisici di Francoforte, che hanno simulato la fusione di stelle di neutroni e il prodotto della fusione stessa, per esplorare le condizioni in cui si verificherebbe una transizione dagli adroni a un plasma di quark e gluoni, e in che modo ciò influenzerebbe la corrispondente onda gravitazionale. Il risultato è che in una fase successiva e ben definita della vita dell’oggetto originatosi dalla fusione, si verifica una transizione di fase a plasma di quark e gluoni, che lascia un’impronta chiara e caratteristica sul segnale dell’onda gravitazionale.
Luciano Rezzolla, astrofisico della Goethe University di Francoforte e principal investigator di BlackHoleCam, afferma convinto: «Rispetto alle simulazioni precedenti, abbiamo scoperto un nuovo indizio nelle onde gravitazionali che è significativamente più chiaro da rilevare. Se questa impronta si verificasse nelle onde gravitazionali che riceveremo dalle future fusioni di stelle di neutroni, avremmo una chiara prova della creazione di un plasma di quark e gluoni nell’universo attuale».
Il perché non siamo riusciti a vedere questa firma nella fusione osservata nel 2017 lo spiega lo stesso Rezzolla a Media Inaf: «Il segnale di Gw 170817 si è fermato prima che le stelle si fondessero ed in questa maniera abbiamo perso la parte a mio avviso più interessante del segnale. Quello che abbiamo mostrato nell’articolo è il post-merger signal, ossia tutto il segnale che è prodotto da quando le stelle fondono fino a che è prodotto un buco nero. Questo segnale è ad alta frequenza (2-3 kHz) e i rivelatori attuali non sono abbastanza sensibili a queste frequenze».
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Per saperne di più:
- Leggi su Physical Review Letters l’articolo “Post-merger gravitational wave signatures of phase transitions in binary mergers” di Lukas R. Weih, Matthias Hanauske e Luciano Rezzolla